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Il dibattito

Mattarella contro l’Autonomia di Calderoli: “Dividere Nord e Sud danneggerebbe entrambi”

Il Presidente Mattarella non nomina mai "Autonomia Differenziata", il testo della Legge del senatore Roberto Calderoli approdato ora alla Camera, ma rimarca come le divisioni tra Nord e Sud potrebbero portare danni all'intero sistema Paese

“Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri. È ben noto che il lavoro è una delle leve più importanti di progresso e di coesione sociale”.

È un estratto dellampio discorso (leggi qui) che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha letto giovedì 30 aprile nel corso della visita al sistema agroalimentare del distretto del Cosentino, in Calabria, in occasione della celebrazione della Festa del Lavoro.

Il Capo dello Stato non nomina mai la parola “Autonomia Differenziata”, il testo di Legge proposto dal senatore bergamasco Roberto Calderoli (Lega) approdato alla Camera per il varo finale. Ma quella “separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri” non piace al Presidente Mattarella che infatti rimarca: “Lo sviluppo della Repubblica ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno. È appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale”.

E ancora: “È ben noto che il lavoro è una delle leve più importanti di progresso e di coesione sociale. Per le famiglie italiane ha costituito il vettore principale del miglioramento sociale nei decenni trascorsi. Con l’istruzione, con la manifattura, con i servizi, adesso con le nuove attività basate sul digitale, il lavoro è l’ascensore sociale che rende la nostra una società aperta e libera”.

Poi prosegue: “Da qualche tempo viviamo una stagione in cui questo meccanismo appare inceppato, una stagione in cui le condizioni di partenza determinano differenze e distanze non facilmente recuperabili, a scapito dei giovani che provengono da condizioni sociali più deboli. È un grave spreco dell’ampio patrimonio di intelligenze e di risorse di cui l’Italia dispone. Le politiche del lavoro non possono che orientarsi verso una riduzione degli squilibri”.

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