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L'intervento

Morti in strada, piaga in espansione: servono interventi urgenti per riaffermare sicurezza e responsabilità

È pertanto fondamentale, adottare misure rigorose per garantire che l'irresponsabilità individuale non metta a rischio la vita degli altri

La perdita di due giovani carabinieri in servizio in un tragico incidente stradale, solleva interrogativi cruciali sulla sicurezza delle nostre strade e sulla responsabilità o non responsabilità di coloro che le percorrono ignorando la vita degli altri.

La strada è un luogo di transito, un’arteria vitale per la nostra società, dove tutti hanno il sacrosanto diritto di muoversi in sicurezza, che sia a piedi o a bordo di un veicolo, con la ferma aspettativa di poter fare ritorno a casa incolumi. Tuttavia, questa sacralità viene profanata da individui che, animati da un’arroganza spregiudicata, e spesso influenzati da sostanze stupefacenti e alcol, trasformano la strada in un campo di battaglia, disprezzando la vita altrui. È un atto di pura malvagità, un crimine contro l’umanità che non può e non deve restare impunito.

L’evento, l’ultimo di una lunga serie, ha avuto luogo lungo una strada frequentata, dove tre giovani carabinieri, impegnati nel loro dovere, sono stati vittime di un tragico incidente provocato da una guida compromessa dall’uso di sostanze alteranti la lucidità.

È pertanto fondamentale, adottare misure rigorose per garantire che l’irresponsabilità individuale non metta a rischio la vita degli altri. Questo implica non solo una maggiore vigilanza da parte dei conducenti, ma anche un sistema giudiziario che applichi pene esemplari al danno causato, colpendo innanzitutto il patrimonio. Questo dovrebbe avvenire non solo attraverso la immediata vendita del veicolo o la sua totale distruzione, previo sequestro per azione giudiziaria, ma anche attraverso l’imposizione di sanzioni che coinvolgano il patrimonio, al fine di risarcire il danno materiale e morale causato dalla tragica perdita di vite sulle strade.

Va cambiato anche il titolo del reato da “omicidio stradale” a “omicidio” come definito dall’articolo 575 del codice penale, poiché risulta più rigoroso e consente eccezioni solo nei casi di dolo e colpa. Questo non per amore del punire, ma per garantire che chi mette in pericolo la vita degli altri paghi il prezzo giusto per le proprie azioni, che con le pena attuali non trova impedenti; non si vuole affermare un concetto persecutorio un concetto di giustizia rapida, come rapida è stata l’azione che ha provocato la morte in strada.

Appare pertinente all’uccidere persone in strada, il detto latino fiat justitia ruat caelum’, che tradotto significa ‘Che si faccia giustizia anche se crolla il cielo’, come richiamo sempre attuale alla necessità di perseguire la giustizia senza esitazioni, anche se ciò comporta grandi sacrifici.

Questo principio, reso celebre da autori come Cesare Beccaria nel suo trattato ‘Dei delitti e delle pene’, ha una rilevanza cruciale anche nel panorama giuridico contemporaneo, in un momento in cui il dibattito sulla riforma della Giustizia è sempre più acceso, e dove è fondamentale considerare il ruolo centrale delle vittime, troppo spesso, trascurate o trattate come meri spettatori nel processo legale, anziché come soggetti che necessitano di protezione e supporto.

È giunto il momento di ripensare il sistema giuridico, ponendo al centro la tutela delle vittime e coloro che dalle vittime dipendevano non solo in modo affettivo ma anche economico. Si deve considerare le loro necessità in modo unitario, non come momenti separati o trascurabili del processo, e quindi all’interno dello stesso processo penale. Le vittime e i loro familiari devono essere parte unitaria nel processo penale unificato con quello civile risarcitorio e non e momenti giuridici separati in quanto la pene deve considerare si la violazione della legge ma anche il quantum di danno economico causato a che dalla vittima dipendevano.

L’unificazione del procedimento penale con quello civile sarebbe il modo adeguato, affinché le vittime possano ottenere la giustizia anche sul bisogno economico per andare avanti con le loro vite. Il cambiamento giuridico non è solo un’opzione, ma un imperativo morale. Dobbiamo garantire che il sistema giudiziario sia equo, e rispondente alle esigenze delle vittime e dei loro eredi.

L’unificazione del procedimento penale con quello civile ha tre scopi: accelerare l’iter giudiziale, dare una immediata conoscenza del quantum del risarcimento spettante, terzo come mi diceva il giudice Galli (ucciso dalle BR) che colpire il patrimonio è in molti casi è più afflittivo del carcere e aumenta l’azione preventiva, in quanto intaccare fin da subito il patrimonio, non solo economicamente ma con il togliere per sempre la patente di guida, può indurre chi si mette al volante una maggiore cautela sulla strada, evitando di provocare morti. Assieme a questa, non da poco, cautela sia, al momento di mettersi alla guida, il non uso di sostanze che alterino l’attenzione, come alcool e droghe o altre sostanze esempio i medicinali che hanno medesimo effetto sull’attenzione.

Non ultimo, ma non meno importante, che il porsi sulla strada per affermare con arroganza il proprio potere personale/patrimoniale con mezzi di particolare importanza come potenza, diventi prassi il punire anche nei casi in cui le morti non avvengono ma potevano venire. La vita è sacra e deve essere preservata e debitamente tutelata.
Se condividiamo ciò che scrisse Dostoevskij “ (…) la misura di una civiltà è data dalla capacità di prevenire la sofferenza”, dobbiamo dirci che è giunto il momento di rappresentare la nostra civiltà agendo con fermezza e determinazione per garantire la sicurezza per le strade e la giustizia per coloro che hanno perso la vita a causa dell’incoscienza altrui, che in questo caso è costata la vita a due giovani carabinieri.

Antonio Nastasio *, Dirigente sup Giustizia in quiescenza
Giudice Onorario T.S. Milano non operativo

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