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Weekly market watch

La Borsa premia ancora le banche, ora servono riforme urgenti per incrementare la produttività

Sono quindi non più dilazionabili riforme urgenti che migliorino l’allocazione delle risorse alle imprese produttive, aumentino la partecipazione alla forza lavoro e sfruttino l’intelligenza artificiale per incrementi di produttività

Generico aprile 2024

 

Dopo tre settimane negative i principali indici chiudono l’ottava in crescita: il FTSE MIB ha fatto registrare un +0,8%, il FTSE ITALIA STAR +2,4% e il FTSE ITALIA GROWTH un +1,5%.

Settimana in cui la volatilità è aumentata quale effetto di diversi interventi di esponenti della Fed, a cominciare dal suo presidente Powell, che hanno di fatto raffreddato le aspettative di un taglio dei tassi a breve sulla scia di una inflazione headline, di un PCE (Personal Consumption Expenditures price index) che stanno rialzando la testa e di incrementi salariali che continuano a non essere compatibili con l’obiettivo di inflazione del 2%.

La nostra convinzione è che, dal momento che il processo disinflazionistico si è arrestato e le tendenze più recenti mostrano che i prezzi sono nuovamente in rialzo, la Fed vede un rischio maggiore nel tagliare i tassi troppo presto piuttosto che nel mantenerli più alti per troppo tempo. Il punto è che più a lungo i tassi rimarranno al livello attuale o in prossimità di esso, più si ripercuoteranno sull’economia e fungeranno da freno alla crescita. E lo abbiamo già visto con la riduzione della crescita del PIL del primo trimestre dell’anno all’1,6% (dal 3,4% del quarto semestre del 2023).

A questo punto gli investitori si chiedono se, di fronte ad una ripresa dell’inflazione soprattutto nei servizi primari, sostenuta dalla solida crescita dei salari, sia da considerarsi transitoria. Parallelamente, si chiedono anche se il pullback degli indici azionari possa essere considerato come un cambiamento del trend. Diciamo subito che la volatilità del mercato dopo una forte corsa non è totalmente inaspettata. Anche se individuare il fondo di un pullback è difficile, sappiamo che le correzioni nell’intervallo tra il 5% e il 15% sono tipiche di ogni anno. A nostro avviso, la considerazione più importante è se il pullback possa trasformarsi in un contesto di mercato ribassista profondo o prolungato (tipicamente con perdite del 20% o superiori). Non riteniamo che questo sia un risultato altamente probabile, soprattutto considerando che l’economia statunitense rimane abbastanza solida, supportata da una domanda dei consumatori resiliente e da un mercato del lavoro sano.

In particolare:
– i mercati ribassisti tendono a verificarsi quando l’economia è in recessione o entra in recessione. E non vediamo oggi alcuna di queste condizioni;
– i mercati ribassisti tendono a verificarsi quando le banche centrali aumentano i tassi. Sebbene l’inflazione sia persistente, non vediamo ancora le condizioni perché questa si riaccenda in modo sostenibile. In ogni caso la prossima mossa sui tassi di interesse della Fed sarà un taglio dei tassi, magari a dicembre. Ma si taglierà.

Tra i titoli migliori troviamo tre banche: Bper +8,4%, MPS +8,2% e B.ca Pop. di Sondrio +7,4%. Ma anche in quarta posizione con il 7,2% troviamo una banca: Banca Intesa. Dopo i risultati record del 2023 le banche italiane crediamo che continueranno a realizzare ottimi utili anche per gran pare del 2024 e comunque fino a quando la BCE non ridurrà i tassi ufficiali. La crescita degli utili non è passata solo dal miglioramento del margine di interesse. Il settore bancario (almeno la maggioranza delle banche) è stato anche in grado di ridurre in modo significativo i costi: l’indicatore cost income ratio medio è risultato pari al 47%, livello tra i migliori in Europa.

I titoli peggiori sono tutti industriali, a conferma della difficoltà che il settore manifatturiero sta incontrando in tutta Europa: il PMI manifatturiero di aprile è sceso a 45,6 punti (da 46,1 di marzo), continuando a stazionare sotto lo spartiacque che indica recessione, pari a 50 punti. Peggio di tutte ha fatto Tenaris (-9,5%) dopo che i numeri dei primi tre mesi dell’anno hanno evidenziato una contrazione del fatturato e della redditività: fatturato -17% e un Ebitda margin che scende al 28,7% (dal 35,7%).

Secondo peggior titolo con un -4,4% troviamo Stellantis. Dopo aver toccato i massimi di periodo, il titolo è stato oggetto di uno studio di Beremberg che, nonostante apprezzi la strategia del gruppo, ha tagliato la raccomandazione a Hold (tenere) da Buy (comprare), pur alzando il target price a 29 euro per azione.

Terza posizione negativa per Iveco che lascia sul campo il 3,9% nella settimana in cui il Gruppo cambia l’Amministratore Delegato. Dal luglio prossimo Olof Persson prenderà infatti il posto di Gerrit Marx. Spesso ci concentriamo sulle prospettive delle diverse aree del mondo perdendo di vista la crescita globale.
Ci siamo quindi chiesti quale fosse la dinamica economica del mondo. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, lo scenario di base prevede che l’economia mondiale continui a crescere allo stesso ritmo del 2023, pari al 3,2%, anche per i prossimi due anni. La leggera accelerazione attesa per le economie avanzate, dove la previsione è che la crescita aumenterà dall’1,6% del 2023 all’1,7% nel 2024 e a ell’1,8% nel 2025, sarà controbilanciata da un modesto rallentamento nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo (dal 4,3% nel 2023 al 4,2% sia nel 2024 che nel 2025). A cinque anni la stima di crescita mondiale, pari al 3,1%, è tra le più basse degli ultimi tre decenni.

La buona notizia è che l’inflazione mondiale è prevista diminuire costantemente: dal 6,8% del 2023 al 5,9% del 2024 e al 4,5% del 2025, con le economie avanzate che torneranno ai loro obiettivi di inflazione prima dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo. Più graduale dovrebbe essere la disinflazione core.
La sorpresa degli ultimi anni è stata la resilienza dell’economia globale, nonostante i significativi aumenti dei tassi di interesse da parte delle banche centrali volti a ripristinare la stabilità dei prezzi. Mentre l’inflazione globale scendeva dal suo picco di metà 2022, l’attività economica è cresciuta costantemente, sfidando gli avvertimenti di stagflazione e recessione globale. Tuttavia, riteniamo che il ritmo di espansione a lungo termine sarà basso rispetto agli standard storici e la velocità di convergenza verso standard di vita più elevati per i paesi a reddito medio e basso sarà rallentata, implicando persistenti disparità globali.

In questo quadro complessivo, il ruolo di direzione delle banche centrali e dei governi non è facile.
Dovranno infatti garantire che l’inflazione si riduca gradualmente e che ci sia una rinnovata attenzione al consolidamento fiscale per ricostruire lo spazio per le manovre di bilancio e gli investimenti prioritari al fine di garantire la sostenibilità del debito. Per fare questo è necessaria l’intensificazione delle riforme volte a potenziare l’offerta in modo da aumentare la crescita verso la media più elevata dell’era pre-pandemica e accelerare la convergenza dei redditi. È necessaria inoltre una cooperazione multilaterale per limitare i costi e i rischi della frammentazione geoeconomica e del cambiamento climatico e per accelerare la transizione verso l’energia verde e facilitare la ristrutturazione del debito.

È possibile invertire la tendenza? Certo che sì. Per poter tracciare alcune possibili soluzioni occorre però prima individuare i motivi della riduzione della crescita. Tra i fattori chiave, abbiamo individuato il rallentamento significativo e diffuso della produttività. Oltre alla maggiore disallocazione di capitale e lavoro tra le imprese all’interno dei settori, le pressioni demografiche e il rallentamento nella formazione di capitale privato che hanno contribuito ad accelerare il rallentamento della crescita.
Ci sentiamo di affermare che in assenza di azioni politiche o progressi tecnologici importanti, la crescita a medio termine mondiale possa scendere ben al di sotto dei livelli pre-pandemici. Sono quindi non più dilazionabili riforme urgenti che migliorino l’allocazione delle risorse alle imprese produttive, aumentino la partecipazione alla forza lavoro e sfruttino l’intelligenza artificiale per incrementi di produttività. Affrontare questi problemi è fondamentale, dati i vincoli aggiuntivi che l’elevato debito pubblico e la frammentazione geoeconomica potrebbero imporre alla crescita futura.

 

Antonio Tognoli testina
Antonio Tognoli

 

Ho iniziato a lavorare come analista finanziario nel 1983, occupandomi di economia e politica economica e nel frattempo mi sono laureato in scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Oggi mi occupo di analisi macroeconomica all’interno di Corporate Family Office – CFO SIM. Giornalista pubblicista, docente ai corsi post laurea de “24Ore Business School” e dell’Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria – AIAF e co-autore del libro Analisi Finanziaria e Valutazione Aziendale, a cura di Franco Pedriali.

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