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L'intervista

Libertà e diritto alla salute, Remuzzi: “La cura non sia guidata da logiche di profitto e non ceda al protezionismo”

Il direttore dell'Istituto Mario Negri è volato ad Edimburgo per ritirare l'importante premio dell'Edinburgh Science Charity: "Pionieri di un pensiero che ieri come oggi va controcorrente, spesso scomodo, ma che mette sempre al centro il paziente"

Bergamo. Scienza fa rima con libertà. Ricerca fa rima con libertà. Libertà di cura, libertà di scelta. Un principio, un dogma, ma anche un credo che appartiene alla storia, che mai come in questa giornata, quella del 25 aprile, viene celebrato. Ma anche una verità che fa capo anche a tanti altri mondi, tra i quali, certamente, quello della medicina nel suo significato più ampio. E chi lo sa bene, chi lo sa meglio di tutti, è Giuseppe Remuzzi, “il prof”, il direttore dell’Istituto Mario Negri, il gota della ricerca, autentico patrimonio del territorio bergamasco.

Un polo d’eccellenza, di sapienza e di studio, ma anche di metodo, in nome del quale il suo massimo rappresentante, ha avuto l’onore di ricevere una tra le massime onorificenze a livello mondiale. Ragione per il quale è salito su un aereo e, a inizio aprile, è volato a Edimburgo per ricevere la medaglia dell’Edinburgh Science Charity, l’ente di beneficenza educativo, noto per il suo annuale Festival della Scienza, unico al mondo per importanza, che ha deciso di insignire, per la prima volta, un’organizzazione piuttosto che una persona. Ad accompagnare Remuzzi, la lettera d’invito ricevuta solo qualche settimana prima. Una missiva dal sapore di libertà, la stessa che ha sempre guidato il fare dell’Istituto Mario Negri e che l’ha reso pioniere del mondo della scienza, capace di agire secondo criteri volti a migliorare la società e di possedere un approccio originale e unico quando si parla di cura e salute globale. Lo ha sempre fatto in maniera libera e democratica. Questa la motivazione che ha accompagnato il premio. Una celta della quale, ad andare fieri, non devono essere certo solo Remuzzi e il suo staff, ma tutti i bergamaschi.

“Il modo in cui la maggior parte dei farmaci e molti trattamenti vengono ideati e prescritti è troppo spesso guidato dalle forze del profitto e del protezionismo. Questo nonostante la maggior parte della ricerca di base venga finanziata dai contribuenti – ha spiegato Remuzzi -. Le eccessive prescrizioni, i prezzi elevati che impediscono un facile accesso, la mancanza di interesse per le malattie rare percepite come non redditizie e la riluttanza a condividere i risultati degli studi sono solo alcuni dei sintomi dell’attuale assetto che ostacolano l’ottimizzazione della salute della popolazione globale. L’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha un approccio diverso, “orientato al paziente” e non “ai brevetti”, di piena trasparenza e condivisione delle informazioni in campo scientifico e sanitario, ed è questo approccio che è stato riconosciuto e valorizzato, impronta del pensare e del fare che da sempre ci contraddistingue”.

“Il paziente al centro”. Come ben ricorda il “prof”. Anche se, come rimarca più volte, non è pura retorica. Piuttosto un metodo di lavoro, un paradigma che accompagna da sempre la mission di una realtà che, dal suo giorno zero, ha slegato il destino del paziente, preso per mano nel suo momento di vita più difficile, dalle mere logiche di profitto. Pensando, piuttosto e unicamente, al suo bene. Precursore, il Mario Negri, di un pensiero che, ieri come oggi, ha viaggiato controcorrente, con il vento in poppa nonostante il favore dei venti, capace di ragionare imperterrito per massimi sistemi nonostante le posizioni per lo più scomode, guidato dall’unico fine di combattere per l’avanzamento della medicina a beneficio della persona.

Per quello che è e che dovrebbe essere un diritto. Il diritto alla cura e alla salute, sancito dalla Costituzione italiana, che oggi appare sempre di più come un percorso in salita piuttosto che un sostegno. Una corsa ad ostacoli, spiega Remuzzi, dove pendenza aumenta ad ogni tornante. La verità è che oggi non si è nemmeno più liberi di essere pazienti. Che oggi essere paziente è sempre più difficile. E i perché stanno nelle piaghe del sistema sanitario nazionale, nella pochezza dell’incisività della politica, nella deriva verso la quale stiamo, nel rischio, come spiega Remuzzi, di perdere uno dei nostri beni più preziosi. Ecco allora il perché delle sue riflessioni, della sua analisi tanto lucida quanto pungente, del suo appello, accorato ma fermo, volto a far aprire gli occhi e a far correre ai ripari, per preservare tutta la straordinarietà di un sistema unico al mondo che ha sempre fatto della democraticità il suo tratto dominante.

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