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L'operazione

Fatture false per 61 milioni di euro, il blitz della Finanza con il cane che fiuta i soldi nascosti

Grazie al suo fiuto nell'abitazione di un imprenditore bresciano sono stati rinvenuti cospicui quantitativi di banconote occultati anche in un doppiofondo di un armadio

C’è lo zampino, è proprio il caso di dire, di uno dei pastori tedeschi della Guardia di Finanza di Bergamo nella maxi operazione delle Fiamme gialle che ha portato alla luce un’associazione a delinquere, in capo a un imprenditore edile di Rudiano (Bs), dedita alla frode fiscale. I militari hanno scoperto fatture false per 61 milioni di euro, crediti fittizi per 7 milioni di euro e riciclaggio per altri 5 milioni di euro. Arrestati i responsabili – una di loro operava in un ufficio “occulto” ad Antegnate – e sequestrati beni per 21 milioni di euro: denaro occultato e scovato grazie al fiuto dell’unità cinofila.

Il blitz è scattato alle prime luci dell’alba di giovedì (18 aprile). A seguito di complesse indagini coordinate dai sostituti procuratori di Brescia, Benedetta Callea e Carlotta Bernardini, la Guardia di Finanza di Cremona in collaborazione con i comandi provinciali di Brescia, Bergamo, Padova, Verona, Bolzano, Treviso e il Reparto Operativo Aeronavale di Como, ha eseguito un’ordinanza applicativa di misura cautelare e contestuale decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del tribunale di Brescia nei confronti di 24 società e 12 persone fisiche, destinatarie di misure cautelari personali – custodia cautelare in carcere e arresti domiciliari – e misure interdittive del divieto di esercitare attività imprenditoriale. Nelle ultime 24 ore sono stati rintracciati tutti i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare: quattro sono finiti in carcere, tre ai domiciliari e cinque destinatari di provvedimento interdittivo.

In particolare il Gip ha ritenuto l’esistenza di gravi indizi di un’associazione per delinquere costituita da un imprenditore edile di Rudiano (BS) operante attraverso un ufficio “occulto” sito in Urago d’Oglio (Bs). Il gruppo avrebbe gestito una fitta rete di società intestate a “prestanome” compiacenti, con sedi in indirizzi inesistenti e inserite in un complesso sistema di frode che vedeva imprese dedite all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, altre realmente operanti con alle dipendenze centinaia di operai edili i cui contributi previdenziali e le ritenute Irpef venivano versate in frode all’Erario attraverso la compensazione con i crediti Iva inesistenti artatamente creati con l’utilizzo delle fatture false, mentre altre società erano appositamente costituite per riciclare i proventi illeciti accumulati.

L’attività investigativa, partita da alcune verifiche fiscali eseguite a carico di società della provincia cremonese e sviluppata attraverso mirati approfondimenti, ha consentito di individuare l’organizzazione criminale operante tra le province di Cremona, Brescia, Bergamo e Verona: un sodalizio che dal 2018 in avanti si era strutturato riuscendo a commettere dei gravissimi illeciti economico-finanziari.

Ciascun appartenente al gruppo criminale avrebbe avuto compiti specifici e distinti dagli altri sodali, ma tutti agli ordini dell’imprenditore di Rudiano quale capo dell’associazione a delinquere e reale titolare di tutte le imprese. Una donna di Campagnola Cremasca (Cr) avrebbe lavorato in un ufficio occulto in Antegnate, addetta alla gestione dei conti correnti intestati alle 21 imprese coinvolte attraverso l’utilizzo delle credenziali informatiche dei numerosi “prestanome”, eseguendo poi, sulla base degli ordini ricevuti, le operazioni di riciclaggio che consistevano nel trasferimento alla società immobiliare cremonese del gruppo di 1,6 milioni di euro, di 200mila euro ad altra società del gruppo creata appositamente per l’acquisto e il noleggio di autoveicoli di lusso, di 70mila euro per la costituzione e l’avvio di un’attività commerciale nel centro di Verona e di 204mila euro per l’acquisto, da un negozio della provincia di Brescia, di orologi Rolex in favore del capo dell’organizzazione. Anche un’imbarcazione di pregio, un motoscafo “Riva” di 15 metri del valore di circa 100mila euro, sarebbe stato fittiziamente intestato a una delle società edili coinvolte nella frode fiscale ma utilizzato in via esclusiva dal capo dell’organizzazione criminale.

I proventi illeciti, così riciclati e reimpiegati, avrebbero avuto origine dal versamento dei contributi Inps ed Inail e delle ritenute Irpef degli operai edili attraverso modelli F24 con l’indebita compensazione, per 5,5 milioni di euro, dei crediti Iva fittizi artatamente creati con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti “infragruppo” per 30 milioni di euro.

Sarebbero state, inoltre, intestate fittiziamente le quote di due società “cassaforte” ad una holding alla stessa riconducibile; la figlia si sarebbe occupata direttamente dell’emissione delle fatture per operazioni inesistenti, mentre gli altri due componenti dell’associazione si sarebbero occupati del coordinamento dei “prestanome” oltre ad assumere direttamente l’amministrazione di diverse imprese.

Coinvolto nell’indagine anche un imprenditore di Adro (Bs), quale amministratore di fatto di due società edili intestate a “prestanome”, che si avvalevano delle fatture per operazioni inesistenti emesse dall’organizzazione criminale per 26 milioni di euro, al fine di evadere l’Iva per 3,5 milioni di euro e creare crediti fittizi idonei ad effettuare indebite compensazioni nel versamento dei contributi degli operai per 1,5 milioni di euro. In questo caso i proventi illeciti accumulati sarebbero stati riciclati attraverso il trasferimento di 3 milioni di euro ad una società austriaca e ad un’altra della provincia di Padova gestite da due italiani originari delle provincie di Padova e Treviso ma residenti in Austria.

Proprio nell’esecuzione della perquisizione nell’abitazione dell’imprenditore bresciano, grazie al cane della Finanza di Orio sono state rinvenuti cospicui quantitativi di banconote. In particolare, 1.600.000 euro occultati nel sottotetto, 1.200.000 euro in una camera adibita ad ufficio, 700.000 euro in una cassaforte, 100.000 euro in camera da letto e 1.400.000 euro in un doppiofondo di un armadio.

Nell’ambito degli altri interventi, oltre a diversi conti correnti bancari, sono stati sequestrati 20 immobili, 18 autoveicoli, un motoscafo modello “Riva” da 15 metri, 8 orologi Rolex e numerosi preziosi in oro.

Il rinvenimento e successivo sequestro di beni e ingenti somme di denaro, provento di attività delittuose, assume simbolicamente un valore “sociale”, poiché consente di restituire alla collettività le ricchezze accumulate nel tempo dalla criminalità economico finanziaria.

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