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Murales, statue e ricordi del passato: benvenuti ad Anfield, dove il calcio è cultura e arte fotogallery video

Sulle case sono dipinti i personaggi che hanno reso grande il club, lo stadio racconta la storia. Alla scoperta di un tempio del calcio

Liverpool (Inghilterra). Non è e non può essere un posto come tutti gli altri. Per l’atmosfera che si respira, per come il calcio viene celebrato, all’esterno e all’interno. Anfield è qualcosa di speciale, che colpisce e resta dentro. Sarà per i mattoni rossi, segno distintivo dell’edilizia britannica, che si sposano perfettamente con il rosso fuoco che è segno distintivo del Liverpool FC. Sarà per la storia, scritta negli oltre 130 anni dalla fondazione, avvenuta peraltro in un pub a pochi passi da dove dal 1885 sorge lo stadio.

Ha subito varie ristrutturazioni, si è messo al passo coi tempi, ma non ha mai perso quel sapore tradizionale che lo rende unico e inimitabile. Basta passeggiare nelle vie adiacenti per rendersi conto di come qui il calcio sia prima di tutto cultura popolare che si mischia anche con l’arte di strada, un dualismo che trova la sua espressione nei murales che sono dedicati a giocatori e allenatori che hanno sposato la causa fino in fondo.

Dai “local lads”, i ragazzi di Liverpool che sono arrivati a realizzare il loro sogno indossando la maglia del Liverpool, come Robbie Fowler nel passato o Alexander-Arnold nel presente, a chi è arrivato nel Merseyside e ha portato la squadra a raggiungere enormi traguardi, come Momo Salah o Ray Clemence, passando per chi ha raggiunto record eterni come Ian Rush, fino a Jürgen Klopp, Luis Diaz, Jordan Henderson, passando per i capitani storici come Steven Gerrard o Ian Callaghan.

La lista, insomma, è veramente lunga, ma non potrebbe essere altrimenti. La bacheca parla da sola. È anche incisa su un muro dello store ufficiale costruito fuori dallo stadio, a pochi passi dalla Kop — sopra ad un mosaico le qui tessere sono fotografie dei tifosi, in cui i grandi capitani dei Reds alzano i trofei. Popolare, appunto.

 

 

Lo stadio è incastonato in una zona residenziale in cui le classiche case anglosassoni sono intermezzate dalla presenza di pub e punti di ritrovo per i sessantamila tifosi che riempiono gli spalti nel pre post partita. Ogni angolo dell’area circostante la struttura racconta un frammento di storia. Anche il meno scontato: persino le panchine quotidianamente affollate dai ragazzi del quartiere sono dedicate a momenti del passato.

Bill Shankly, Bob Paisley, John Houlding: nel Merseyside è la trinità laica. In ordine: l’allenatore che “rendeva la gente felice”, iniziatore del ciclo più vincente nella storia del club, portato avanti dal secondo, ex giocatore e poi allenatore che ha vinto tre Champions League consecutive. Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’ultimo citato, niente meno che il fondatore. A loro sono dedicate le tre statue che si trovano in prossimità della Kop, dove batte il cuore più caldo del tifo.

Si ricordano i momenti belli, ma anche quelli più difficili. Come la tragedia di Hillsborough, 1989, il dramma di una semifinale di coppa nello stadio di Sheffield in cui persero la vita 97 tifosi, i cui nomi sono scritti in un memoriale con una fiamma che non si spegne mai. Perché il calcio qui è anche comunità. E ‘You’ll Never Walk Alone’ non è solo un modo di dire o una canzione che accompagna la squadra in campo a ogni partita, ma è un vero e proprio stile di vita.

 

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