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Lo strappo

La lettera dei leghisti di Bergamo e Brescia contro Salvini: “Caro Matteo, siamo federalisti. Niente svastiche e fasci”

Inviata al segretario nazionale da un gruppo di politici della vecchia guardia, con Invernizzi primo firmatario, seguito da Belotti: "Relegati ai margini dell'Europa, abbiamo smesso di dare risposte ai cittadini che si stanno allontanando dal partito"

Bergamo. Una lettera, sottoscritta e firmata da 21 leghisti bergamaschi e bresciani, tutti rappresentati del territorio, divisi tra ex sindaci, primi cittadini ancora in carica e ex segretari a livello provinciale e nazionale. Tutti pronti a mettere nero su bianco riflessioni e domande indirizzate al loro leader, Matteo Salvini, chiamato a rispondere sulla piega presa negli ultimi tempi dal movimento ma anche sulle scelte fatte e da fare in vista dell’imminente appuntamento elettorale con le Europee.

Toni pacati ma decisi per il testo spedito a marzo e che, stando ai ben informati, dovrebbe essere già stata arrivata al mittente. Un documento in cui i militanti della prima ora, quelli della vecchia guardia, si interrogano anche sul posizionamento del Carroccio, specie quando si parla delle battaglie da portare avanti a Strasburgo e sulle alleanze che hanno portato il partito a virare in certe direzioni piuttosto che in altre, rimarcando come, il tutto, abbia sortito come effetto solo quello di affievolire il livore e l’attaccamento di molti sostenitori.

Tra i tanti che hanno firmato, due volti che hanno fatto la storia della Lega a Bergamo, Christian Invernizzi, primo firmatario, e Daniele Belotti, Paolo Grimoldi, Francesco Ghiroldi, Alex Galizzi, Monica Mazzoleni, e insieme a loro ex parlamentari bresciani.

“In questi cinque anni , nonostante la storica affermazione elettorale conseguita, la Lega è stata relegata ad un ruolo di importanza residuale sia nell’assemblea parlamentare che nelle altre istituzioni europee. Questo isolamento politico non ci ha consentito di incidere concretamente nella ricerca di soluzioni a problematiche di interesse del movimento, siano esse di natura storica o attuale. Riteniamo importante, su tematiche come l’immigrazione, la qualità dell’alimentazione, l’agricoltura, le politiche ambientali, industriali e la sfida energetica, riuscire a dare risposte concrete ai cittadini, evitando l’appannamento dell’interesse degli iscritti e un affievolimento della loro partecipazione”.

L’orizzonte si allarga, riga dopo riga, e dall’interno del partito si guarda appunto alle forze politiche ritenute amiche, quelle che, in Europa, al momento, si configurano come di destra: “Ti chiediamo inoltre dove sia finita, caro segretario, la tradizionale e giusta distanza che abbiamo sempre mantenuto da tutti gli opposti estremismi. La scelta per alcuni aspetti anche condivisibile, di non aderire ad una delle grandi famiglie politiche europee non può comunque portare la Lega a condividere un cammino con partiti e movimenti che NULLA HANNO A CHE FARE con la nostra storia culturale e politica. Ci e ti chiediamo: perché abbiamo smesso di dialogare con forze autonomiste e federaliste, per accordarci con chi non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche?”

Con un chiaro riferimento al generale Vannacci, che pare essere candidato in pectore proprio alle Europee e che nella lettera non viene mai citato: “Infine, siamo convinti che, se le indiscrezioni sulla candidatura nelle nostre liste di personaggi con forte marcatura nazionalista, totalmente estranei al nostro movimento, fossero veritiere, renderebbero ancor più difficile il perseguimento degli obiettivi storici del partito.
Non comprendiamo neppure come sia possibile coniugare l’alleanza elettorale con l’UDC di Cesa e quella strutturale in Europa con l’AFD tedesca. Due alleanze obiettivamente inconciliabili”.

LEGGI QUI LA LETTERA

 

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