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I grandi della storia

La curiosità

Bach e Haydin: due giganti della musica nati nello stesso giorno

Due giganti: due figure capitali della civiltà musicale europea, quando questa stava nascendo nelle forme che l’avrebbero resa unica e, forse, irripetibile

Cosa associa la cittadina tedesca di Eisenach e il paesetto austriaco di Rohrau è una data: il 31 di marzo. Si tratta, evidentemente, di un giorno la cui collocazione astrologica ci induce a credere che, chi nasca sotto quella stella, possieda, per così dire, il bernoccolo della musica.

Perché a Eisenach, il 31 marzo del 1685, è nato uno dei più celebrati e geniali compositori di tutti i tempi: Johann Sebastian Bach, iniziatore di una straordinaria progenie di musicisti straordinari. A Rohrau, invece, lo stesso giorno, ma nel 1732, è venuto al mondo Franz Joseph Haydin: quello che ha, secondo molti critici musicali, inventato la sinfonia e il quartetto d’archi o, che, perlomeno, ne ha codificato i canoni: delle prime, ne compose 104 e dei secondi 68, che sono numeri di tutto rispetto. Così, tra clavicembali ben temperati, arie sulla quarta corda e immortali musiche per organo, Bach risplende come uno dei massimi astri del panorama musicale di tutti i tempi, riuscendo a fondere, in un sincretismo che avrebbe fatto scuola, la maniera germanica e quella italica: però, nonostante la sua grandezza, egli restò incredibilmente nell’angolo per quasi cent’anni, ottenendo, finalmente il successo popolare, soltanto a partire dagli anni Trenta del XIX secolo. La spiegazione più ovvia di questo silenzio secolare risiede, probabilmente, nella sua complessità: in altre parole, era troppo difficile. Va anche detto che la generazione successiva alla sua morte, avvenuta nel 1750, cominciava ad apprezzare soprattutto il melodramma, che il genio di Eisenach non aveva certo in repertorio.

D’altronde, anche Dante Alighieri, prima che gli venisse riconosciuto un incontestabile primato nella poesia, fu a lungo ritenuto, da molti, un arcaico, buono per le soffitte. Quanto a Bach, mi viene da dire che l’ultimo riconoscimento che gli sia stato assegnato consiste nel suo ingresso, avvenuto negli anni Settanta, anche nelle classifiche della musica rock: il flauto inimitabile di Ian Anderson, frontman dei Jethro Tull, ha, infatti, riproposto la versione moderna della Bourrée, facendone un brano di enorme successo planetario.

Haydin, invece, fu senza dubbio un musicista di minor peso, rispetto alla gigantesca valenza di Bach, ma fu, comunque, una figura rilevantissima, nella storia della musica, che modificò, definendo la struttura base della “forma sonata”, che rappresentò il mattone con cui fu costruita la meravigliosa cattedrale della musica ottocentesca. Quel che limitò, in fondo, Haydin, formidabile autodidatta, pure assai influenzato dall’opera di uno dei figli di Bach, Carl, fu la sua lunghissima attività di Maestro di Cappella, ovvero di musicista al servizio di qualche potente dell’epoca: di necessità, allora, un “Kapellmeister” doveva intrattenere con le sue musiche la corte del proprio protettore, esattamente come, due o tre secoli prima, gli scrittori epico-cavallereschi dilettavano i cortigiani con le avventure di Orlando e di Rinaldo.

Per questo, forse, Haydin non cercò quasi mai una musica di maggiore profondità e densità, cercando, piuttosto, la piacevolezza e l’intrattenimento puro, benchè, col passare degli anni, la sua produzione divenisse più complessa e meno spensierata. A cavallo tra il Barocco e lo stile popolare, Haydin, finalmente svincolatosi, grazie al successo, anche economico, dai suoi protettori, potè, in certo qual modo, sperimentare e concentrarsi di più su ciò che piaceva a lui e non ad altri, vale a dire il tentativo di esprimere in musica una sorta di atmosfera spirituale e sublime, ricercando, a sua volta, l’immortalità o, perlomeno, una duratura memoria presso i posteri.

Che dire? Due giganti: due figure capitali della civiltà musicale europea, quando questa stava nascendo nelle forme che l’avrebbero resa unica e, forse, irripetibile. Due caratteri e due esistenze diverse, ma accostabili per il sentimento dell’arte musicale, per la straordinaria varietà di temi e, ahimè, per la nostalgia verso una grandezza artistica che, in quest’epoca di trap, rap e splat, ci pare un sogno remoto e magnifico, definitivamente tramontato.

Haydin morì nel 1809: soltanto cent’anni dopo, il palazzo dorato che lui, Bach e tanti altri avevano contribuito ad edificare, avrebbe cominciato a vacillare. Dopo altri cent’anni, i giovani avrebbero ascoltato, in cuffia, la musica dei Gangsta: l’orrore, l’orrore.

marco cimmino

 

* Marco Cimmino è uno storico bergamasco, classe 1960. Specializzato nello studio della guerra moderna, fa parte della Società Italiana di Storia Militare. Ha all’attivo numerosi saggi storici, prevalentemente sulla Grande Guerra e collabora con diverse testate, nazionali e locali. Per Bergamonews ha curato, in precedenza, una storia a puntate della prima guerra mondiale e una storia dell’Unione Europea.

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