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L'udienza

Omicidio Bonomelli, parla Matteo Gherardi: “Sono responsabile della rapina, non sono un assassino”

La compagna Jasmine Gervasoni e il padre Luigi Gherardi hanno rilasciato spontanee dichiarazioni, Omar Poretti non ha voluto rispondere

Entratico. “Non sono un assassino, non volevo ucciderlo”. Parla solo Matteo Gherardi, 33 anni, nell’udienza di mercoledì 27 febbraio, che vede imputati per l’omicidio volontario aggravato dell’imprenditore 80enne Angelo Bonomelli, lui, il padre Luigi Gherardi, 68 anni, la compagna Jasmine Gervasoni, 23 anni e l’amico Omar Poretti, 24 anni.

Quest’ultimo ha rinunciato a rispondere alle domande, gli altri due hanno fatto leggere al loro difensore le loro spontanee dichiarazioni.

Una lunga deposizione quella di Matteo, nella quale si è dichiarato responsabile della rapina, ma non dell’omicidio dell’anziano, stordito con gocce di Rivotril nel caffè, ripulito di soldi, orologio d’oro e denaro e lasciato morire nell’abitacolo della sua auto in un parcheggio di Entratico.

Il motivo che lo ha indotto a pianificare la rapina dal tragico epilogo, sarebbe da ricercarsi nella ludopatia di cui l’imputato dice di soffrire: “Avevo contratto un debito di 350 euro con uno strozzino, dovevo consegnargli il denaro entro le 19 del 7 novembre 2022. La mattina ero riuscito a contattare una persona che mi avrebbe prestato 400 euro, ma nel pomeriggio mi ha scritto che non me li avrebbe dati più. Così mi è venuta l’idea disperata di raggirare Bonomelli, con il quale avevo un appuntamento di lavoro al bar Sintony di Entratico. Non avevo il coraggio di chiedergli un prestito. Sono stato stupido”.

“Ma come ha fatto a procurarsi il farmaco?”, ha chiesto l’avvocato Gianluca Quadri. “Era mio. Faccio uso di psicofarmaci perché soffro di ansia acuta, ipocondria e attacchi di panico. Me l’avevano prescritto la guardia medica di Casazza e quella di Trescore. Durante il Covid sono stato male e mi hanno ricoverato in psichiatria ad Alzano. Sono ormai 5 anni che uso Rivotril, Xanax, En”.

Gherardi ripercorre la serata in cui, insieme ai complici, ha commesso il delitto: “Io mi sono trovato al bar con Bonomelli, mentre mio padre e Jasmine sono andati a prendere Omar a casa sua a Scanzorosciate. Quando sono arrivati sono andato incontro a Poretti, gli ho consegnato il boccettino di Rivotril, che era quasi vuoto, e gli ho detto che ero nei casini con lo strozzino e che lui avrebbe dovuto mettere qualche goccia nel caffè di Bonomelli mentre io lo intrattenevo. Ci siamo seduti ai tavolini esterni, poi Omar è arrivato con le consumazioni. Angelo ha mangiato un po’ di piadina, ha bevuto il caffè e dopo circa un quarto d’ora si è addormentato sulla sedia. Russava forte, così lo abbiamo accompagnato alla sua auto. Mio padre e Jasmine non sapevano nulla, hanno incominciato a chiedere spiegazioni quando hanno visto che Bonomelli dormiva”.

Non era la prima volta che Gherardi utilizzava la tecnica del Rivotril per stordire e rapinare le persone. Ha dichiarato di averlo fatto altre due volte.

Arrivati al parcheggio di Entratico, l’imprenditore è stato messo a sedere sul lato passeggero, Poretti si è messo alla guida e Gherardi si è seduto dietro, dato che non può guidare perché la patente gli è stata revocata. Intanto Luigi e Jasmine li seguivano a bordo della Polo. L’80enne è stato sistemato al posto di guida, gli è stato sfilato l’orologio d’oro ma “del cellulare e dei soldi io non so nulla”, ha dichiarato l’imputato.

I 4 hanno poi raggiunto il Compro Oro di via Ruggeri da Stabello a Bergamo, dove Poretti ha venduto l’orologio per 1300 euro. “Poi ho portato Omar a casa e sono tornato al parcheggio per vedere come stava Bonomelli. L’abbiamo trovato che russava ancora”.

“Perché è tornato a vedere se stava bene? Era preoccupato?”, ha chiesto il pubblico ministero. Gherardi si è alterato: “Perché era una mia responsabilità. Per una mia sicurezza. Era una persona, mica un cane!”.

“Dalle immagini delle telecamere però non si vede che voi siete ritornati per vedere se stava bene e anche suo padre ha dichiarato che non ci siete andati una seconda volta”, ha incalzato l’accusa. “Invece ci siamo andati. E lui stava bene”.

La mattina seguente, verso le 10.30, i carabinieri sono andati a suonargli il campanello: “Volevano sapere quand’era l’ultima volta che avevo visto Bonomelli, perché era scomparso, non era tornato a casa e i suoi familiari erano preoccupati”.

“Quando sono andati via sono entrato nel panico, ero in stato di shock. Mi sono fatto portare da mio padre al parcheggio, ho aperto la portiera e ho visto che Angelo era morto, era blu, aveva la bava alla bocca. Mi sono spaventato, ho preso 4 Xanax, ho spiegato a papà e Jasmine cos’era successo, siamo andati a casa di Omar. Eravamo tutti in panico, non sapevamo cosa fare”.

La Corte d’assise, al termine della deposizione, ha acquisito le spontanee dichiarazioni di Gervasoni e Luigi Gherardi, che sostanzialmente confermano quanto dichiarato da Matteo, e hanno accettato di ascoltare, nella prossima udienza fissata al 15 aprile, i consulenti tecnici nominati dalla procura: Matteo Marchesi, il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Bonomelli, e Alessandro Rovelli, specialista in biochimica clinica, che ha eseguito gli esami tossicologici sulla vittima.

In sostanza ciò che la Corte vuole determinare è quanto Rivotril sia stato somministrato all’imprenditore, che peraltro era anziano e cardiopatico.

 

I funerali di Angelo Bonomelli
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