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Oltreconfine: economia e geopolitica

Globalizzazione 2.0: ripartire dal G7 alla ricerca di un nuovo equilibrio

Una globalizzazione 2.0 è in difesa non solo della prosperità economica, ma anche del sistema di valori che riteniamo imprescindibili, fondato sulla libertà, la democrazia, e i diritti umani

Dal primo gennaio 2024 l’Italia ha assunto la presidenza di turno del G7, un importante forum che riunisce, oltre al nostro Paese, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, e Stati Uniti, con l’obiettivo di affrontare le principali questioni globali e proponendosi di ricoprire un ruolo di difesa della libertà, della democrazia e dei diritti umani.

La presidenza italiana coincide con un contesto internazionale estremamente complesso, durante il quale la globalizzazione si trova nel processo di ripensare sé stessa: temi congiunturali incrociano temi strutturali, e la ricerca di un nuovo equilibrio è una sfida esistenziale per l’Occidente democratico.

La globalizzazione della nostra epoca ha trovato il suo momento di maggiore espansione nel periodo a cavallo tra il dopoguerra ed il 2008, spinta dalle politiche neoliberiste statunitensi, vivendo un momento di accelerazione con l’apertura del WTO (l’organizzazione mondiale del commercio) alla Cina.

Il filosofo tedesco Fichte lo definirebbe il momento della tesi: si diffonde in questa fase una visione positiva dell’apertura globale, l’aspettativa è quella di un miglioramento continuo della qualità di vita e di una prosperità diffusa. Negli Stati Uniti i presidenti repubblicani e democratici che si avvicendano negli anni abbracciano la via tracciata con lo stesso entusiasmo.

L’apertura globale genera in effetti una serie di conseguenze positive: nei paesi in via di sviluppo le economie crescono, e centinaia di milioni di persone escono dalla povertà. Nel mondo occidentale chi si aggancia alla locomotiva globale ne riesce a trarre enormi benefici: aziende che esportano, grandi città, lavoratori con competenze specializzate vivono un momento di splendore, la globalizzazione ha mantenuto la promessa.

Tuttavia, nel corso degli anni si percepisce con sempre maggiore chiarezza la voce di coloro che, nel mondo occidentale, non hanno avuto la possibilità di agganciarsi al treno globale: aziende che subiscono la concorrenza internazionale, talvolta sleale, zone rurali dove non si sono irradiati i benefici generatisi nelle metropoli cosmopolite, lavoratori le cui competenze sono diventate inutilizzabili per via della delocalizzazione industriale.

Questa voce racconta quello che Fichte definirebbe il momento dell’antitesi: la percezione della globalizzazione e dei flussi internazionali diventa negativa, in tutte le sue principali declinazioni. Merci, capitale e persone. La pandemia e le conseguenti interruzioni nelle catene di approvvigionamento accelerano questa percezione diffusa.
Nel contempo, mentre l’Occidente riflette su sé stesso e sulle conseguenze della globalizzazione, alcuni paesi (un tempo) economicamente arretrati sono diventati protagonisti dell’economia globale, alterando l’equilibrio di potenza che ha retto l’ordine mondiale dagli accordi di Bretton Woods del 1944 sino ad oggi.

Ed ecco che arriviamo al tempo presente: l’acuirsi della rivalità tra USA e Cina ribalta l’assunto su cui poggiava la globalizzazione. Non è più l’economia il motore principale del cambiamento, la geopolitica torna ad essere centrale: torna a disegnare il perimetro entro cui il mondo economico possa trovare opportuno, conveniente, ed in alcuni casi possibile operare.

In quest’ottica, pensando alla globalizzazione del domani, risulta fondamentale ripartire dalla vicinanza con quei paesi che fanno parte del nostro sistema di valori, per l’appunto le democrazie del G7, con le quali creare e rinforzare corridoi privilegiati di investimenti, idee, competenze e risorse.

Il Trade and Technology Council, una piattaforma transatlantica per coordinare lo sviluppo tecnologico e le politiche commerciali tra Europa e Stati Uniti ne è un esempio, ma è solo un primo passo: l’auspicio è che chiunque siederà alla Casa Bianca dopo le elezioni di quest’anno voglia continuare nel solco di un avvicinamento transatlantico sempre più marcato.
Fichte lo definirebbe il momento della sintesi: una globalizzazione 2.0, maggiormente equilibrata e selettiva, in cui coniugare la tutela delle nostre peculiarità con l’apertura al mondo, intensificando i flussi di merci, capitale e persone con paesi che siano all’interno del nostro sistema di alleanze internazionali.

In difesa non solo della prosperità economica, ma anche del sistema di valori che riteniamo imprescindibili, fondato sulla libertà, la democrazia, e i diritti umani.

 

Alessandro Somaschini

 

Alessandro Somaschini*, bergamasco, classe 1984, è Vice Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Membro del Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo presso il Ministero degli Affari Esteri (MAECI) e Membro del Gruppo Tecnico Internazionalizzazione di Confindustria.

È inoltre Membro della Task Force Trade & Investment del B20 – Brasile 2024, engagement group ufficiale della comunità imprenditoriale presso il G20, Membro del Comitato Esecutivo di YES for Europe e Presidente della delegazione italiana della G20 Young Entrepreneurs Alliance, oltre ad essere Consigliere di Amministrazione di diverse aziende bergamasche.
In passato è stato Membro di Task Force all’interno del B20 nelle edizioni organizzate in Italia (2021), Indonesia (2022) e India (2023), ed in precedenza ha ricoperto le cariche di Membro del
Comitato Esecutivo dell’Associazione Italiana dei Costruttori di Organi di Trasmissione (ASSIOT) e di Vice Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Bergamo.
È stato Consigliere di Amministrazione di Somaschini Automotive ed Executive Vice President di Somaschini North America, lavorando negli Stati Uniti nel settore della componentistica meccanica.
Ha cominciato la sua carriera a Roma nel settore Aerospazio e Difesa all’interno del Gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo), dopo essersi laureato con lode in International Management presso l’Università Bocconi di Milano.

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