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La gerla dei semi di betulla

Favole per fanciulli di ogni età

Un insolito Umarell

La sua osservazione si concentrava, soprattutto, su un particolare fisico che lui amava particolarmente, situato statuariamente appena sopra le gambe. Si trattava di una vera e propria liturgia contemplativa

Venerdì – mattina
Inattesa, una leggera pioggerella stabilisce di ingrigire la giornata.
Senza alzarsi dalla panchina l’uomo apre il suo consunto ombrello portatile e lotta contro il vento, cercando di ripararsi.
Non c’è posto dove preferirebbe essere: quella panchina è il suo punto d’incontro con il mondo.

Dopo esser andato in pensione le aveva provate tutte per dare un senso alle sue giornate: si era iscritto alla bocciofila ma aveva trovato quel gioco noioso e in disaccordo con il suo carattere poco competitivo.
Aveva provato con l’Università della Terza Età ma il suo disturbo da deficit di attenzione, che lo aveva accompagnato per tutta sua vita, sembrava peggiorare con gli anni.
Le giornate si trasformavano in un insieme frammentato di eventi privi di significato.
Poi la decisione estrema, quella che aveva sempre interiormente rifiutato: unirsi ad un gruppo di vecchietti per il classico tour dei cantieri aperti nella sua cittadina.
Da loro aveva imparato la classica postura degli “umarell” che prevede per lo più le mani dietro alla schiena, simbolo indelebile del distacco definitivo dall’usurante mondo del lavoro.

Per qualche settimana si era abbandonato con dedizione a quella attività, osservando l’avanzare dei lavori in diversi cantieri. Presto il suo coinvolgimento era cresciuto fino a diventare quasi un professionista nel campo: il semplice controllo si era fatto seguire anche dagli step successivi, ovvero fare domande agli operai, dando loro suggerimenti, fino ad arrivare a criticarne le scelte.

Tuttavia, questa attività gli lasciava un forte senso di vuoto. Non era per lui una vera passione ma solo un forzato riempitivo; inoltre, si sentiva un intralcio per gli operai che, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, erano sempre al lavoro.
Non che gli mancassero altre passioni: amava leggere noir francesi e guardare serie TV dello stesso genere. Inoltre, gli piaceva cucinare dolci e dessert, nonché rivedere continuamente la disposizione di piatti, bicchieri e pentole negli armadi.
Per completare la sua giornata perfetta, gli mancava un’attività da svolgere fuori casa, meglio se all’aria aperta.
E ancora una volta l’Universo sembrò venire in suo aiuto: un lunedì mattina, passeggiando nel viale alberato dietro la stazione, notò un cartellone stradale enorme che fino ad allora gli era sfuggito. L’immagine pubblicitaria, che promuoveva un famoso marchio di intimo, ritraeva Elisabetta Canalis in un succinto bikini bianco, il suo sogno. E lui adora i bikini bianchi, e soprattutto adora Elisabetta Canalis.
L’universo, se fa le cose, le fa bene: davanti al cartellone, infatti, individuò altresì una panchina pubblica, recentemente ridipinta di verde, che risultava strategicamente perfetta.

Da quel giorno, ogni mattina intorno alle 10, si sedeva su quella panchina e si godeva per almeno due ore quella visione celestiale, contemplando la perfezione delle forme, il colore della pelle e la naturalezza espressiva di quella donna meravigliosa. La sua osservazione si concentrava, soprattutto, su un particolare fisico che lui amava particolarmente, situato statuariamente appena sopra le gambe. Si trattava di una vera e propria liturgia contemplativa.
Alcune varianti erano permesse e spesso gradite: qualche mattina si concedeva un crodino, altre mattine mangiava pop corn, e spesso fumava una sigaretta per celebrare quel momento sacro. Talvolta scambiava qualche parola con un altro anziano che si sedeva accanto a lui, ma senza mai distrarsi troppo, perché quella contemplazione era solenne.

Sabato – tarda mattina
Si è alzato con una strana inquietudine oggi, che ha cercato di dissipare con una generosa spremuta d’arancia, accompagnata da un caffè nero e un Buondì.
Come al solito, percorre il viale di platani parallelo alla stazione.
Se ne accorge subito. Nota immediatamente l’assenza del cartellone pubblicitario.
Qualcosa dentro di lui si spezza, come se gli mancasse il respiro. Si avvicina, quasi volesse esserne certo. Poi…
…poi si volta verso la sua panchina… e lei è lì, seduta. Quasi come se fosse scesa dal cartellone che la ritraeva.
Elisabetta Canalis si alza, gli va incontro. E lo abbraccia. E lui si lascia abbracciare. Non importa se passa una ruspa rumorosa, non importa che fosse solo nel mondo. Non
importa che il cartellone non ci fosse più.
Quello che conta è quell’abbraccio, che dura una vita intera...

 

* Franco Coda – www.francocoda.it – è nato a Voghera tra le colline dell’Oltrepò Pavese e vive oggi sulle colline bergamasche della Val Cavallina. Dopo essersi laureato in Chimica, aver fatto per tanti anni il DJ in radio private e aver dovuto abbandonare, suo malgrado, il basket, ha lavorato in ruoli manageriali per varie aziende industriali, viaggiando nel mondo. Al momento è presidente di una storica società bergamasca che opera nel mondo delle Risorse Umane – www.sirium.it, oltre che di una importante Organizzazione di Volontariato che prende il nome dal suo adorato figlio Leonardo – www.arcadileonardo.org.

Le sue altre passioni sono l’Inter, la montagna, la lettura, i vini, i libri, il jazz, Barcellona, la carbonara. E soprattutto le contaminazioni tra Scienza ed Arte, grazie anche al suo maestro ed amico Primo Levi. L’amore per la scrittura è sempre stato totale: ha pubblicato ad oggi 5 libri ed è autore inoltre di una nota e diffusa guida gastronomica on line, la mitica “Codelin”, che compete con la meno importante guida gastronomica francese.

 

Generico settembre 2023
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