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L'intervento

Savino Pezzotta: “L’Ucraina, le parole del Papa e la lezione danese”

L’impegno per la pace di Papa Francesco risponde all’esigenza il salvaguardare il senso e il valore della Vita contro la cultura della morte che nasce principalmente dalla guerra e dalla violenza

Papa Francesco è stato ampiamente criticato per aver sostenuto i negoziati di pace tra Ucraina e Russia e soprattutto per aver citato su sollecitazione dell’intervistatore della radio svizzera il
termine “Bandiera Bianca”.

È chiaro a tutti noi che questo termine evochi la resa e pertanto si  presenta a una interpretazione equivoca. Personalmente credo che Papa Francesco volesse sottolineare la urgenza e la necessità che Ucraina e Russia cessassero le ostilità per avviare i negoziati di pace.

La richiesta che i negoziati siano preceduti da un “cessate il fuoco” fa parte di una lunga tradizione vaticana. Durante la Prima guerra mondiale, anche Benedetto XV fu anche criticato per il suo
appello a negoziare con un aggressore come era nei confronti del Belgio la Germania. Mi hanno fortemente stupito e commenti avanzati dalle cancellerie europee e non certo quello della Nato. Il
papa guarda alla guerra in ucraina come a quella di Gaza da un diverso punto di vista rispetto alle visioni prevalenti che pensano che la pace sia una questione di forza e che la Russia debba essere
sconfitta, in pratica si pensa a una vittoria dell’Occidente in cui le sorti dell’Ucraina passano in secondo luogo. Sono convinto, avendo seguito con molta attenzione i molti interventi del Papa su
questa guerra, che lo sguardo del Papa parte dalla visione di chi la guerra la soffra nella carne, negli affetti, nelle distruzioni.

Non è la prima volta che un Papa affronta il tema della guerra con uno sguardo diverso da quello dei possessori di armi e del potere politico. Benedetto XV (pontefice dal 1914 al 1922) soffrì
fortemente il conflitto della Prima Guerra mondiale iniziata poche settimane prime della sua elezione e dichiarando che la Santa sede non prendeva partito perché impossibilitata dal fatto che
Cristo era morto per tutti gli uomini e da questa convinzione interpretò la missione del Romano Pontefice. Credo che innanzi alle polemiche che si levano contro Papa Francesco per il suo
conclamato pacifismo sia utile, in questo tempo scosso dal dramma di numerosi conflitti, tra cui quello in Ucraina, ricordare l’appello su “L’INUTILE STRAGE” che nel 1917 Papa Giacomo della
Chiesa invio ai capi dei popoli belligeranti durante la Prima guerra mondiale, in cui chiedeva l’armistizio e si avviassero negoziati di Pace. Non fu ascoltato e, come sappiamo, i caduti, i mutilati
aumentarono.

Nessun democratico ignora che questa guerra nasce dall’aggressione Russa e che l’Ucraina doveva difendersi, ma è legittimo e doveroso chiedersi se la resistenza all’aggressore si deve
necessariamente esercitare con le armi o se ci sono forme altrettanto efficaci alternative. Lo affermo pur sapendo che a guerra iniziata è difficile proporre cose diverse dalla tregua e dai
negoziati. Ma pensando al futuro prepararci forme di resistenza non violenta sarebbe utile e precauzionale. Ghandi diceva che “il vero democratico è colui che difende la sua libertà, e perciò
quella del suo paese e, in definitiva quella di tutta l’umanità con mezzi puramente violenti”. Mi si dirà che è un bel concetto ma impraticabile; eppure, quando è stato praticato ha funzionato e
successe in Danimarca Disobbedienza civile: la Danimarca sotto l’occupazione nazista.

Il 9 aprile 1940 con un’operazione fulminea durata un solo giorno la Germania invase la Danimarca, una monarchia il cui governo decise di negoziare coi tedeschi la loro occupazione. Il re Cristiano X non scelse la via dell’esilio, ma neppure si mostrò come un fantoccio manipolabile da Hitler, pur compiendo una scelta di opportunità e realismo per proteggere il suo popolo da
un’inutile resistenza armata. Partendo da una iniziale desistenza: rifiuto di introdurre le leggi antiebraiche volute da Hitler. Il popolo danese, sostenuto dal proprio sovrano, intraprese una serie
di azioni di resistenza passiva attraverso scioperi e sabotaggi con finalità antitedesca. Cristiano X, inoltre, contrastò la persecuzione degli ebrei: innanzitutto rifiutandosi di renderli identificabili
tramite l’obbligo di indossare il simbolo della stella gialla; inoltre, nel 1943 si oppose all’ordine di rastrellamento degli ebrei organizzando una fuga di massa dei circa ottomila ebrei danesi, che
sfuggirono quasi totalmente alla cattura. Con la mobilitazione ed il contributo dell’intera società civile danese, gli ebrei furono tutti nascosti e successivamente imbarcati su pescherecci per essere
trasportati nella vicina e neutrale Svezia.

Fu in questo modo che la “disobbedienza danese”, che operava col contributo di tutta la popolazione e del suo tessuto associativo, riuscì a compiere una delle più grandi azioni collettive di
resistenza alla repressione in un paese occupato dalla Germania nazista. La disobbedienza civile si manifestò soprattutto tra i lavoratori che attuavano continui scioperi di massa e sabotaggi nelle
fabbriche destinate alla produzione di materiale bellico. Gli scioperi generali e i sabotaggi dell’agosto 1943 e del giugno 1944 minarono profondamente il morale dell’esercito tedesco.

Il caso della Danimarca rimane tutt’oggi singolare perché coinvolse un’intera popolazione e diventò un punto di riferimento, sul piano storico europeo, di un modello di disobbedienza civile popolare non violenta e di difesa alternativa a quella militare.
Lo cito per dire che questa strada è possibile se viene preparata e se entra nella logica precauzionale del prevenire.

Sono rimasto turbato nel leggere i vari commenti negativi che si sono espressi nei confronti dell’affermazione di Papa Francesco, cosa deve dire un Pontefice innanzi a tante sofferenze?
Inoltre, è mancata la visione storica dell’agire dei Papi moderni. Con la fine del potere temporale dei Papi (fatto provvidenziale) che aveva germinato la cosiddetta “QUESTIONE ROMANA” che
tanto impegnò il mondo cattolico e che diede vita ai diversi movimenti politici e sociali. Oggi quella problematica è stata superata ma siamo posti innanzi all’emergere sempre più urgente, dopo due guerre mondiale che seminarono morti e rovine materiali, morali e politiche, alla “QUESTIONE DELLA PACE e DELLA FRATERNITA’”. Ecco perché l’ansia pacifista del Papa che di fatto si è
sempre più concentrata sui temi della Pace, della Cooperazione tra i popoli, della Giustizia sociale ed economica e sulla salvaguardia del creato.

A questo punto chiedo agli estimatori della guerra, agli indifferenti sulle pulsioni belliciste che circolano nei paesi dell’occidente: ma credete sia possibile salvaguardare il creato e la vita umana
in tutte le sue forme e declinazioni quando la minaccia nucleare cresce ogni giorno?

L’impegno per la pace di Papa Francesco risponde all’esigenza il salvaguardare il senso e il valore della Vita contro la cultura della morte che nasce principalmente dalla guerra e dalla violenza.

Ecco perché il 18 Aprile parteciperò al tradizionale INCONTRO PER LA LA PACE CHE SI TIENE ALL’ARENA DI VERONA, dove sarà presente anche Papa Francesco. Credo che sia importante e significativa la presenza del Papa a questo evento che discute, come da tradizione su questo tema a Verona, di pace.

Papa Francesco, come del resto tutti i Papi del Novecento ha interpretato da sempre un ruolo di primo piano in un’interpretazione diversa rispetto un po’ alla mentalità più diffusa circa la pace.
Questo incontro è un appuntamento importante per i cristiani e gli uomini e le donne di buona volontà, i movimenti popolari, i sindacati e le associazioni che lavorano sulla e per pace. Lo è
soprattutto in questo momento in cui crescono le tentazioni belliciste e il favore verso le Armi e le soluzioni armate dei conflitti e dove l’unica parola che si sente pronunciare e propagandare è
GUERRA. Io penso che oggi sia importante e non solo per il presente ma con lo sguardo rivolto al futuro si gridare ogni giorno: PACE, PACE. Per questo credo che ARENA 2024 sia per tutti gli
amanti della pace e della convivenza umana una occasione da valorizzare.

savino pezzotta foto agenzia Fotogramma

* Savino Pezzotta, bergamasco, sindacalista e politico italiano, è stato segretario nazionale della Cisl.

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