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La riflessione

Carcere tra innovazione e pubblicizzazione mancata

L’importanza dello scrivere sul carcere e sulle proposte innovative già in discussione al Parlamento tanto importanti quanto non rese partecipe alla discussione e partecipazione pubblica come avvenne negli anni ’70 con l’avvio dell’Ordinamento Penitenziario che fu più di popolo che di esperti. Per il lettore si allega in calce le proposte in discussione

In un’epoca dominata da notizie fugaci e superficiali, dove l’informazione è spesso condita con un’apparenza accattivante, è essenziale comprendere il vero significato di ciò che viene comunicato. Il mondo delle comunicazioni in particolare psichico-politiche-sociale non è immune da questo fenomeno. L’uso dei segnali discorsivi gioca un ruolo fondamentale nel plasmare la percezione del messaggio.

Ma come possiamo sviluppare una maggiore consapevolezza critica nei confronti delle notizie?

È fondamentale chiedersi chi sia il destinatario del messaggio che, nel caso specifico è il mondo del Pianeta Carcere comprensivo del non detentivo che è dell’esecuzione in misura alternativa in un momento come quello attuale. In modo particolare, i disegni legge di cui si sta discutendo alla Camera e quali siano gli obiettivi dietro la non pubblicizzazione nei mass media.

Nei fatti vi è quasi un oscuramento di queste proposte e le motivazioni sono molteplici: spaziano dal non avere un’azione di massa che pone modifiche e rallenta la loro applicazione, allo stop da chi persegue maggiormente un pensiero totalitario e afferma un no secco e determinato che vuole solo punire il carcere e un carcere come è.

Il problema è che non manca un pluralismo delle idee ma che queste vengono ridotte a pensiero unico di cui i mass media, in particolare la televisione, e chi la gestisce, ha le sue responsabilità. La televisione interagisce con i sensi umani della vista e dell’ udito, in quanto sono quelli più sensibili e quindi maggiormente esposti al percepire stimoli esterni comprese le informazioni. I destinatari sono pertanto quelli maggiormente sensibili e fedeisticamente ancorati, a priori ad accogliere determinate notizie che vincolano spesso al concetto di verità a quella che l’uomo consumatore intende sentire e vedere.

Alcontempo, per la formazione pregressa viene chiesta loro un’indiscussa adesione al pensiero comune erogato dai mass media e il formulare un pensiero contrario, temono di essere stigmatizzati come non appartenenti – se non antisociali – e pertanto non cercano strumenti alternativi in quanto lo stigma che ne deriverebbe sarebbe eccessivo da portare. È preferibile mantenere un atteggiamento di silenzio compiacente in pubblico limitandosi a esprimere dissenso in privato.

La tv costituisce il mezzo più accessibile per ottenere informazioni grazie alla sua semplicità d’uso: basta premere un pulsante e l’informazione si presenta chiaramente attraverso colori, grafica e suoni, i quali, in base all’intensità, influenzano il grado di piacevolezza o di disagio. Pertanto, non solo la notizia stessa è alquanto non oggettiva, ma colpisce anche il mondo emotivo, contribuendo a creare una nuova forma di verità basata sui sentimenti considerati più veri e attendibili.

In un’epoca segnata dalla globalizzazione, è fondamentale essere consapevoli degli interessi in gioco e della possibilità che le informazioni siano personalizzate o distorte a vantaggio di interessi economici, politici o personali. Tuttavia, ciò non dovrebbe scoraggiare la scrittura su temi come il sistema carcerario e le proposte di legge per il suo miglioramento, anche se sono stati ampiamente trattati in passato ma non ancora implementati.

È importante dare voce a questa realtà spesso ignorata dalla società salvo non diventi grave fatto di cronaca, poco sull’ordinario vivere non certo umanamente accettabile.

Perché persistere nell’atto di scrivere, soprattutto su temi come il sistema carcerario e proposte legislative miranti a cambiamenti nell’inclusione e nella gestione, i quali sono stati precedentemente ampiamente discussi ma rimasti inascoltati? La ragione risiede nella sfida che l’Amministrazione si trova ad affrontare nel gestire con gli attuali metodi le problematiche interne estremamente negative che si stanno manifestando in maniera sempre più intensa. Queste includono non solo il proliferare dei suicidi tra detenuti e membri del corpo di polizia penitenziaria, ma anche atti di ribellione da parte dei detenuti e risposte anomale e non autorizzate del personale di custodia.

Dare voce a questa realtà assume un’importanza fondamentale, non solo per la situazione in cui si trovano le carceri e per approfondire il tema delle misure alternative e delle proposte formulate, ma anche perché il carcere non è nel possesso di pochi ma rappresenta una proprietà del contesto sociale, come avvenne negli anni 1972 -1975 che portarono ad un cambiamento epocale della pena e della sua erogazione.

Premesso che le strutture totalitarie – carceri sono un microcosmo di storie umane complesse, che vanno dall’oscurità alla speranza, scrivere su questo argomento significa portare alla luce queste storie, sfidando l’indifferenza e promuovendo una maggiore comprensione e sensibilizzazione.

La pratica della scrittura e della riflessione sul carcere non solo ci aiuta a esplorare le implicazioni emotive e sociali della detenzione, ma può anche essere un mezzo per esporre ingiustizie e promuovere riforme.

Attraverso la diffusione di parole scritte, si può contribuire a promuovere una visione più equa e umana del sistema carcerario coinvolgendo tutti gli attori coinvolti, dai detenuti alle istituzioni, dai cittadini comuni agli operatori del settore. Purtroppo, sembra che tale sensibilità non sia stata riflessa nelle proposte attualmente in discussione in Parlamento.

Scrivere e riflettere sul carcere e sulle sue modifiche legislative è fondamentale per mantenere vivo il dibattito sulle questioni umane e di giustizia.

Occuparsi del sistema carcerario non riguarda solo pochi individui, ma tutti in quanto è parte integrante del tessuto sociale. Al tempo stesso, è importante sottolineare che il processo di promozione del cambiamento non può essere monopolizzato da certi gruppi sociali che presumono di avere una maggiore conoscenza della realtà carceraria e di come migliorarla. È solo attraverso l’inclusione di ogni voce della società che possiamo sperare di raggiungere una comprensione condivisa e lavorare verso una vita civile all’interno delle carceri, un obiettivo auspicato da tutte le parti coinvolte.

Bisogna coinvolgere una varietà di prospettive e esperienze, inclusi i detenuti stessi, per sviluppare soluzioni più efficaci e rispettose dei diritti umani.

La partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati è fondamentale per creare un sistema penitenziario che sia veramente orientato al recupero e alla rieducazione, anziché alla mera punizione.

Solo tramite l’inclusione di ogni voce della nostra società possiamo ambire a raggiungere una comprensione condivisa e ad avanzare verso una convivenza civile, rispettosa dei diritti umani all’interno delle mura carcerarie.

Questo imperativo non fa distinzione tra chi ha commesso reati più gravi e chi meno gravi; tra chi custodisce e chi è custodito, il rispetto è reciproco trascende qualsiasi categorizzazione e diventa un dovere innato, una finalità da condividere da tutte le parti coinvolte.

In tale contesto, l’obiettivo primario non è solo la sopravvivenza fisica, ma la vera vita, e narrare di ciò non è solo un impegno civico, ma un imperativo morale che nessuno può eludere. Concludendo con un detto latino. “Casa Iustitiae forsitan optima posita est.” – (“La casa della giustizia forse è situata nel posto migliore.”) Questa è una citazione di Cicerone, che sottolinea l’importanza di una giustizia equa e appropriata per una società giusta e ben ordinata.

Antonio Nastasio
Dirigente sup Giustizia in quiesenza
Giudice onorario T.S. Milano non operativo

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