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L'intervista

India, Italia, danza e libri: il mondo attraverso gli occhi di Shilpa Bertuletti

Bibliotecaria di giorno, danzatrice Odissi di notte e nei weekend: storia di una donna intraprendente e poliedrica

Bibliotecaria di giorno, danzatrice Odissi di notte e nei weekend: quella di Shilpa Bertuletti è la storia di una donna intraprendente e poliedrica. Durante gli anni universitari in Studi Orientali viaggia fino a Bangalore per comprendere le sue radici. Tornata in Italia, decide di dedicarsi a due dei suoi più grandi amori (i libri e la danza, appunto) e renderli due lavori a tempo pieno.

Quando nasce la passione per i libri?

In tenera età, quando mia mamma mi porta per la prima volta in biblioteca ad Osio Sotto, il paesino dove sono cresciuta: lì trovo “Piccole Donne” di Louisa May Alcott. Avevo 8 anni ed è stato il primo libro che ho amato, da lì in poi ho letto sempre tantissimo, soprattutto narrativa. Mia madre ha subito notato questa passione, che ha alimentato ulteriormente regalandomi tanti libri sin da quel giorno. Quindi una cosa tira l’altra e… Siamo arrivati all’occupazione attuale per cui lavoro proprio in una biblioteca con la fortuna di aver sottomano tutti i libri che voglio!

Quando hai deciso di diventare bibliotecaria e qual è il processo per chi avesse interesse a indirizzarsi verso questo lavoro?

Più che una decisione voluta, ti direi che per me è stata un’occasione. Durante il primo anno del dottorato in Teatri orientali, nel 2012, ho iniziato il servizio civile nelle biblioteche di Bergamo (in Tiraboschi, soprattutto), a cui si accede tramite bando comunale. Poi nel giugno 2013 ho lasciato l’Italia per la ricerca di campo universitaria: c’è stato un gap di alcuni anni in cui sono rimasta in India per le mie ricerche. Prima di rientrare dall’estero ho saputo casualmente che tra il personale della cooperativa si stava aprendo una possibilità: ho pensato di farmi avanti e da allora è iniziato il mio percorso nelle biblioteche di Bergamo. Dal 2017 sono fissa in Città Alta alla biblioteca Gavazzeni, che è la mia seconda casa: questa è ovviamente la mia esperienza personale, che, come già specificato, è legata alle cooperative.
Per chi avesse interesse in questo lavoro per il futuro: tutto dipende da come ci si vuole indirizzare! C’è, appunto, l’opzione di appoggiarsi a cooperative, oppure bisogna superare un concorso bandito dal Comune.

Durante l’ultimo anno della magistrale alla facoltà di Studi orientali dell’Università di Bologna, hai deciso di incentrare la tua tesi di laurea sulla cultura indiana andando a Bangalore per approfondire il mondo della danza. Senti che questa decisione abbia rappresentato un importante passo verso una tua personale riappropriazione culturale?

Direi proprio di sì. Il processo di riappropriazione è iniziato tempo prima del viaggio, attraverso tutto ciò che sono riuscita a captare dall’Italia sull’india, dai libri ai film. Devo ammettere che la prima e unica volta (prima della tesi) che sono tornata in India avevo cinque anni: è stato il momento in cui la mia famiglia ha adottato quella che poi è diventata mia sorella, però ero molto piccola e ad oggi le cose che ricordo sono legate ai video che mio padre aveva fatto con la videocamera. Quello della tesi è stato il primo viaggio consapevole: è stato il momento in cui ho potuto assaporare la cultura a 360°. Quando ho visto dal vivo il primo spettacolo di danza Odissi, me ne sono innamorata: arrivavo dalla formazione classica del balletto quindi avevo già una buona propensione verso quel mondo. Tornata in Italia, ho deciso che sarei andata in india a studiare danza ogni qual volta mi fosse stato possibile.

Bibliotecaria di giorno e danzatrice di Odissi di notte! Come riesci a conciliare le due cose?

È molto difficile, ci vorrebbero 48 ore al giorno invece di 24! Ho un part time di 29 ore settimanali: non sono tante, ma neanche poche! Nel resto del tempo porto avanti il mio training, insegno danza alla Home Dance Studio di Bergamo e gestisco la parte burocratico-organizzativa dei miei eventi legati all’odissi (spettacoli, esibizioni, workshop, incontri nelle scuole, etc.). Nell’ultimo periodo si è aggiunto un terzo prezioso lavoro: la gestione dei profili social, soprattutto Instagram (https://www.instagram.com/shilpaodissi/), sui quali cerco di divulgare la cultura indiana e le mie attività. Non posso permettermi un manager, quindi devo gestire il tutto da sola nel meglio delle mie capacità.

Danza odissi: per chi non la conosce, riesci a raccontarci brevemente cosa è e quali elementi la caratterizzano?

La danza Odissi è una delle otto danze classiche indiane e si distingue dalle altre, che appartengono ciascuna ad un ad una regione o ad uno stato diverso dell’India, perché visivamente molto morbida. Ha un movimento del torso peculiare, ma così come le altre danze classiche alterna momenti di danza recitata – quindi di racconto di storie tratte dalla mitologia induista – a momenti invece di danza pura, dove il corpo diventa uno strumento musicale. I piedi, impreziositi da cavigliere con campanelli, tengono il ritmo, chiamato tāla: sono energici e forti. Il torso invece è morbido, quindi in contrasto con gli arti inferiori. Il volto è espressivo: nella danza pura non c’è racconto, mentre nella danza recitata ci sono dei codici, un vocabolario vero e proprio che viene narrato attraverso le numerose espressioni del volto (navarasa). Le mani possono fare tantissimi gesti diversi e anche loro sono codificate: ogni gesto può rappresentare una divinità, un oggetto, un’azione; questi gesti delle mani sono chiamati mudrā.

Ti sei avvicinata al mondo della danza Odissi dopo una formazione in danza classica. Senti che grazie alla danza Odissi tu ti senta più libera di esprimerti rispetto al balletto?

In parte sì, perché sento che il vocabolario della danza Odissi mi appartiene, nel senso più spirituale che possa esistere: fisicamente, quando danzo odissi, sento di entrare molto più facilmente nel flusso di emozioni rispetto al balletto. Se invece si parla di movimenti e coreografie, essendo tutte e due molto rigorose, sento poca differenza, se non a livello interpretativo.

Cosa rappresenta per te la danza e quali emozioni ti trasmette?

Sicuramente la danza rappresenta il mio modo di esprimere e di raccontare l’India in Italia: è stato un trait d’ union tra i miei studi e ciò che mi appassionava! Grazie alla danza riesco a raccontarmi e a raccontare ciò che ho studiato. Danzare mi trasmette tutta la gamma di emozioni possibili e immaginabili: mi sento in pace con me stessa, ma allo stesso tempo percepisco una tensione positiva incredibile; è come se sentissi di star facendo la mia parte per cambiare il mondo.

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