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L'intervista

Covid e medicina del territorio: “Tante buone pratiche non sono state messe a sistema”

Il dottor Ivan Carrara, segretario generale della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg) – Bergamo, illustra i cambiamenti della sanità a quattro anni dallo scoppio della pandemia

“L’emergenza Covid ha evidenziato l’importanza della medicina del territorio, ma tante buone pratiche non sono state messe a sistema”. Così il dottor Ivan Carrara, segretario generale della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg) – Bergamo, illustra i cambiamenti della sanità a quattro anni dallo scoppio della pandemia.

Le criticità sono parecchie, a cominciare dalla carenza dei camici bianchi e del personale che li possa supportare a livello infermieristico o amministrativo, ma bisognerebbe anche valorizzare la tecnologia, la telemedicina e la formazione.

Abbiamo intervistato il dottor Carrara per saperne di più.

Com’è cambiata la sanità a quattro anni dallo scoppio della pandemia da Covid-19?

Con la pandemia abbiamo imparato delle lezioni. L’emergenza ha evidenziato l’importanza del territorio e dell’organizzazione dello studio medico, anche se tante belle esperienze purtroppo non sono state messe a sistema. Penso, per esempio, alla telemedicina e a una maggior assistenza ai pazienti cronici. Abbiamo capito la loro importanza, ma non sono state “messe a terra”. Se n’è vista la potenzialità ma non hanno trovato applicazione su tutto il territorio. Il difficile periodo che abbiamo vissuto quattro anni fa ha fatto emergere diversi temi, domande ed esigenze, ma molte istanze sono rimaste senza una risposta concreta.

Come mai?

Non si è riusciti a mettere a sistema le buone pratiche, cioè ad applicarle nella realtà per tutti. Sono esperienze positive a macchia di leopardo, ma avrebbero dovuto essere tradotte in un nuovo tipo di approccio alla sanità e per ora le carenze restano parecchie. Forse ci stiamo arrivando, si tende verso quella direzione, ma ci si muove molto lentamente rispetto all’esplosione sollecitata nella fase iniziale della pandemia.

Da dove comincerebbe?

Bisogna prendere le esperienze che si sono dimostrate efficaci e comprenderne i punti di forza così come quelli di debolezza in modo da declinarle nelle varie realtà della regione e della provincia, che spesso sono molto diverse. È necessario capire dove abbiamo fallito e dove no, per ricavare informazioni utili per migliorare l’organizzazione della sanità.

Il primo passo, dunque, è l’ascolto dei medici di base?

Sarebbe molto utile, per capire le potenzialità e i limiti del territorio, perché dove non è organizzato non è riuscito a dare risposte di salute. Di contro, ci sono realtà d’eccellenza dove si è stati in grado di fare squadra e dare risposte positive. Il rischio è quello di intendere la sanità territoriale come se fosse un reparto ospedaliero ma non è così perché ha tante sfaccettature, tratti caratteristici che cambiano nell’arco di pochi chilometri e peculiarità da valorizzare, altrimenti si sbaglierà sempre.

Da parte delle istituzioni, a livello regionale e locale c’è maggior consapevolezza rispetto al passato?

C’è maggior ascolto. Si vedono le buone intenzioni ma la sensazione è che manchi sempre quel passo in più per arrivare a essere efficaci. Come medici di medicina generale, invece, siamo usciti dalla pandemia con maggior consapevolezza di quanto sia determinante il nostro ruolo e quello del personale dello studio, sia infermieristico sia amministrativo, per assistere al meglio i pazienti.

 

Ivan Carrara

 

E quali sono le principali difficoltà che incontrate?

Le criticità che dobbiamo affrontare sono tante. L’enorme carenza dei medici in ospedale e sul territorio fa emergere le fragilità del sistema. È difficile prendersi carico della popolazione con poco personale. E il fatto che ci siano parti della provincia sguarnite non ci ha permesso di compiere il passo avanti di cui ci sarebbe bisogno.

Per concludere, quali sono le priorità per i medici di base?

Innanzitutto aumentare il personale amministrativo e infermieristico per gestire al meglio i pazienti. È un modo per sgravare e supportare i medici, che purtroppo sono pochi e le proiezioni nei prossimi anni non sono migliorative. Inoltre, è utile mettere a sistema soluzioni di telemedicina e valorizzare l’uso delle tecnologie per prendere in carico in modo più efficace le persone fragili. Un altro punto fondamentale, infine, consiste nell’investire sulla formazione, rendendo i percorsi formativi dei medici sempre più professionalizzanti e ricchi.

 

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