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Verso le europee

Grimoldi scuote la Lega: “Salvini si dimetta”. Cambio al vertice o tonfo elettorale?

Alla festa di Palazzago, l'ex segretario nazionale contesta il leader del Carroccio e riceve solo applausi: "A Bergamo i militanti la pensano come me. Se il nostro segretario non farà un passo di lato, sarà un bagno di sangue. Del resto a Bruxelles siamo alleati con chi non vuole i disabili a scuola". Zanni si ritira, ipotesi Malanchini

Bergamo. Zanni fuori, dentro Malanchini e Gianna Gancia, la compagna del Ministro Roberto Calderoli?. Almeno così sembra. L’appuntamento con le elezioni europee si avvicina e, anche in casa Lega, tocca fare i conti. E a chi dava per scontato, o almeno così sembrava, che l’europarlamentare originario di Lovere, ex Movimento 5 Stelle, già in carica per il Carroccio a Bruxelles, fosse pronto al bis, oggi si trova di fronte una situazione differente. A raccontarlo sono le fonti interne del partito del segretario nazionale Matteo Salvini: una scelta che sembra appartenere allo stesso Zanni che avrebbe deciso di fare armi e bagagli e scegliere di continuare a fare politica attiva, ma impegnandosi su altri fronti. Di contro, il leghista doc Malanchini non si è ancora espresso, ma difficile sarà dire di no alla chiamata ufficiale che avverrà dopo il responso del vertice federale della prossima settimana.

Ma il tema vero non è solo chi sostituirà il bocconiano eletto oltralpe per la prima volta nel 2014 sotto l’egida di un’altra parrocchia. Lo è anche e soprattutto il perché. E se da un lato i rumors impazzano, lui, a mezzo stampa, minimizza. Chi ha le idee chiare, piuttosto, e non fa nessuna fatica a dirle è Paolo Grimoldi, uomo della Lega dalla prima ora, con la tessera in tasca dal 1991, ex segretario nazionale del partito.

Insomma, uno che non ha certo bisogno di tante presentazioni. “Se si vuole che la Lega sopravviva, Matteo Salvini deve fare un passo di lato” – dice Paolo Grimoldi, così l’anima del Comitato Nord, la minoranza vicina a Umberto Bossi nel partito.

“Il partito non è più attrattivo, e per capirlo, non serve certo lo stratega dei numeri – racconta -. Lo vedono tutti. Non siamo più la Lega del 34% e per quanto Salvini abbia fatto un ottimo lavoro, ora è tempo di trovare una guida nuova e fresca. Una scelta che andrebbe fatta in fretta, se non vogliamo perdere il treno delle Europee. Non è un caso che il nostro attuale europarlamentare abbia scelto di battere la ritirata, perché il rischio della debacle è dietro l’angolo“.

Grimoldi si espone, come del resto ha sempre fatto. E lo fa con l’autorevolezza politica di chi se lo può permettere: racconta ai giornali quel che pensa e lo fa anche a mezzo ai social, oltre che a microfono aperto alle feste di partito. A partire dall’ultima in ordine temporale, quella di Palazzago, dove ha ricevuto, dai tanti berretti verdi presenti, solo grandi applausi. 

“E’ inutile nascondersi. E infatti non stupisce il riscontro avuto a Palazzago: non è nulla di più e niente di meno di quello che l’elettore della Lega ti dice quando ti avvicina ad un gazebo. E guardi che io, di gazebi, ne faccio molti. A dire la sua, ad esprimere il suo disappunto, non è mica solo il popolo del Veneto. Solo il 2-3% ha il coraggio di parlare, ma il 99,99% la pensa esattamente come me. In terra bergamasca la situazione è la stessa, glielo garantisco. Dal 1991, della Lega, ho visto tutto quello che c’era da vedere. Ho sempre difeso il mio partito e continuerò a farlo, purché il partito abbia una visione e un indirizzo politico, e chi ne fa parte, e ricopre certi incarichi, non cambi appartenenza ogni tre mesi. A Bergamo, ad esempio, figure come quella di Daniele Belotti e Christian Invernizzi, gente che fa parte della Lega da 30 anni, non sono state valorizzate a sufficienza, non hanno raccolto quello che meritava. E poi ci si stupisce se gli altri partiti fanno la “campagna acquisti” tra i nostri militanti.

Io, sulla mia pagina Facebook, ogni giorno pubblico il nome e il cognome di un nostro politico che ha scelto di vestire un’altra maglia. Ho aperto la rubrica “Uno al giorno“, per raccontare, appunto, quanti sono i politici di lungo corso che hanno deciso di uscire dal partito perché non si riconoscono più nei nostri valori. E sebbene io scriva quotidianamente di questo, le dico che mi sono rimasti indietro almeno 20 militanti di cui non ho ancora pubblicato le storie. Questo per farle capire quante sono le persone che preferiscono aderire ad altri movimenti”.

Grimoldi non la tocca certo piano: “Mi rispondo che è normale che tanti leghisti scelgano di non essere più della partita perché noi non siamo in grado di dare risposte concrete. Le faccio degli esempi. Lei ha mai capito quale è la posizione della Lega rispetto al tema dei vaccini? O sulla legge Fornero? Eppure, rispetto a quest’ultimo tema, abbiamo anche fatto una manifestazione di piazza e siamo andati, direi in forma davvero poco elegante, a manifestare sotto casa dei genitori dell’allora Ministro. Un uomo e una donna di 90 anni.

Però ci preoccupiamo di spendere 14 miliardi di euro per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. I sondaggi, non lo dico io, raccontano di un partito in forte calo: è normale quando non hai più un’idea di Paese, quando non coltivi un sogno, né un progetto politico. E quando, in Europa ti schieri più a destra dei partiti che, in Italia, sono davvero di destra: la Lega è alleata di una forza politica che sostiene che i bambini portatori di handicap non devono andare a scuola. Lei è d’accordo? La trova una scelta condivisibile? E poi ci si stupisce se la gente vota altro? Con questi numeri non saremo mai in maggioranza e non avremo voce in capitolo su un bel niente”.

La via, per l’ex segretario nazionale, sembra dunque una sola: “Per rimpolpare il consenso, è necessario che non prevalga il personalismo ma l’interesse del partito e che le battaglie della Lega tornino ad essere il centro del nostro fare. Salvini ha lavorato benissimo, fino ad ora. Ma adesso abbiamo bisogno di un frontman nuovo. Stiamo diventando quello che abbiamo sempre contestato. E quello che è accaduto in Sardegna non è altro che la cartina al tornasole di quanto stiamo vivendo. Non va tutto bene, smettiamo di dircelo. La Lega non è più il partito di ispirazione autonomista che è stato fondato, questa sembra più una gestione Nord coreana. Per non parlare di alcune nomine che, più che espressioni politiche vere e proprie, somigliano a quelle dei prefetti. Decise aprioristicamente, e non certo come espressione della volontà dei militanti”.

 

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