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I bestiari

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L’era camaleontica: make-up e società

Il trucco, dal termine francese trouque (inganno) attraverso i suoi svariati significati sociali, culturali e antropologici, ci accompagna da sempre - oggi potremmo definirlo letteralmente un trend quasi un ossessione che impazza, soprattutto sui social

La semplicità è l’ultima sofisticazione. Leonardo Da Vinci.

Molte sono le motivazioni che hanno indotto l’essere umano a dipingersi il volto, un rituale esercitato sin dall’antichità, in luoghi e culture diverse, lontane tra loro. Decorazioni, sculture e dipinti sono il tramite attraverso i quali è possibile ammirare questa evoluzione. Come non ricordare l’iconico contorno occhi degli antichi Egizi, i volti angelici nude look delle donne rinascimentali, le labbra rosso carminio dipinte su bianchi incarnati settecenteschi, estremamente altezzosi e snob, proprio per differenziare le diverse classi sociali; i ritratti delle donne di epoca vittoriana, dipinti o immortalati nei primissimi scatti, grazie all’avvento della fotografia, composti, austeri, distanti dal malcostume, ossia dalle prostitute, le quali invece eccedevano truccandosi pesantemente.

Nei primi anni del 900 nascono le prime industrie di cosmesi e il make-up inizia a viaggiare di pari passo con le storie socio-culturali dei vari paesi. Negli anni ’20 con il cinema muto, le labbra vengono pittate a forma di cuore, mentre gli occhi vengono esaltati all’ennesima potenza affinché la loro espressività possa sostituire la parola; negli anni ’50 impazza l’eye-liner, la donna
sfodera una bellezza vistosa e provocante da pin-up per l’appunto, negli anni ’70 con le contestazioni, viene sfoderata una femminilità che sente il bisogno di emancipazione e libertà, gli ombretti sono appariscenti e caratterizzano stili diversi: hippie o disco dance.

Nei pazzeschi anni ’80 il trucco sembra venga iniettato direttamente in vena, i colori sono flou, accesissimi e metallici, impazzano i fucsia, i rosa zucchero filato e i rosa shocking, ma anche i brillanti blu cobalto, oro e argento, attraverso uno stile che va dal pop al punk, senza sosta. Arrivano gli anni ’90 e il tempo non è più quello delle esagerazioni, scatta una sorta di tregua che potremmo definire naturale, basic o minimalista, il nuovo millennio è alle porte e il make-up prende ispirazione dalla Y2K e dall’era tecnologica, implementando così uno stile spaziale, completamente proiettato verso il futuro ma con uno sguardo rivolto al passato, in una sorta di ciclicità senza fine. Il trucco, dal termine francese trouque (inganno) attraverso i suoi svariati significati sociali, culturali e antropologici, ci accompagna da sempre – oggi potremmo definirlo letteralmente un trend quasi un ossessione che impazza, soprattutto sui social. Ho chiesto a Emiliano Restuccia – personal make-up artist – cosa ne pensa, qual è il suo concetto di bellezza e se ha qualche consiglio da regalarci.

Cosa significa bellezza per te oggi?
Direi personalità e identità.

Dove nasce la tua ispirazione?
Dall’osservazione dei dipinti dei preraffaelliti, dalle opere di Jan van Eyck e dalle figure femminili ritratte da Tamara de Lempicka.

Qual è il tuo primo ricordo legato alla bellezza e al make-up?
Avevo circa dieci anni, ricordo un servizio redazionale per la rivista Amica, la modella dall’incarnato color alabastro indossava una tuta giallo pastello, con dei capelli blu notte tagliati in maniera totalmente asimmetrica e gli occhi truccati di blu. Quelle immagini spalancarono in me una modalità che avevo dentro, ma che prima di quel momento non avevo individuato.

Con internet e i social media c’è stata una considerevole crescita in termini di conoscenza della bellezza. Pensi sia cambiato il modo in cui ci avviciniamo alla bellezza?
Mi vengono in mente le parole di Massimo Recalcati: “…aveva ragione Camporesi, il nostro tempo ha sposato l’ideale del corpo in forma, del corpo del fitness, del corpo in salute, come una sorta di inedito comandamento sociale. Si tratta di una religione senza Dio che eleva il corpo umano e la sua immagine al rango di un vero e proprio idolo. Come ogni religione, anche quella del corpo implica, infatti, asservimento e spegnimento delle facoltà critiche; il nuovo feticcio – il corpo in forma – esige obbedienza e venerazione. La sua potenza genera un’ipnosi collettiva e un’idolatria a cui è difficile sottrarsi. Una nuova forma di schiavitù avanza sotto le spoglie della cosiddetta cultura del benessere infiltrandosi nelle pieghe più intime della nostra vita quotidiana. Il corpo sempre in forma, obbligatoriamente in salute, assume i caratteri perfezionistici di un dover-essere tirannico, di un accanimento psicofisico, addirittura di una prescrizione moralistica: ama il tuo corpo più di te stesso!”

Massimo Recalcati “Una nuova religione del corpo”, La Repubblica, 27 maggio 2011, in “A pugni chiusi. Psicoanalisi del mondo contemporaneo” – Feltrinelli, Milano 2023
Il corpo, citato da Recalcati, lo ritrovo nell’estenuante ricerca di bellezza, in tutte quelle dimostrazioni di correzioni e presunti difetti e di omologazione dei canoni estetici. La
bellezza invece non ha uno standard, è molto più interessante quando contiene imperfezioni.

Come hai iniziato?
Ho iniziato per caso, sentivo l’esigenza di esprimere la mia creatività, pertanto chiesi ai miei genitori di poter andare a vivere a Milano e lasciai la Sicilia. Cercai un lavoro affinché potessi pagare un’Accademia di Moda, il lavoro lo trovai subito presso un hair stylist che curava delle trasmissioni TV e lì iniziò tutto…ricordo gli artisti, le maestranze, i camerini, i colleghi…e la costante sensazione nel sentirmi un pesce fuor d’acqua.

Pensando a questo tuo inizio, quali sono i tuoi primi ricordi legati ad un ideale di bellezza?
Il mio primo ricordo è legato a un programma TV chiamato Skatafascio di Paolo Rossi, condotto da Natasha Stefanenko. Non facevo ancora il personal make-up artist, mi occupavo essenzialmente dei ballerini e degli attori secondari; lì per la prima volta vidi Natasha, rimasi folgorato dalla sua bellezza, spontaneità e sensibilità; dopo qualche anno il destino mi portò nuovamente a lei poiché mi chiamò, affidandomi la gestione del suo make-up in un programma successivo, chiamato Italia’s next top model.

Nella tua casa/studio a Roma ho avuto modo di ammirare i tuoi dipinti, che relazione c’è tra pittura e make-up?
Non so quale possa essere la correlazione tra make-up e pittura, forse nemmeno esiste. Scindo molto le due cose, la pittura rigorosamente ad olio, l’unica tecnica che utilizzo, rappresenta per me totale libertà, quando dipingo scelgo soggetti che possano raccontare una storia o uno stato d’animo. Quando trucco non sono io a scegliere, più che altro è una continua mediazione tra le esigenze del soggetto che dovrò truccare e il mio gusto personale.

bestiari - camaleonte

Pomeriggio estivo – olio su tela – 30×40 cm. 2019
Fermezza 1 – olio su tela – 30×50 cm. 2010 Fermezza 2 – olio su tela – 30×50 cm. 2010

Conservi un ricordo che reputi essere quello più emozionante della tua carriera?
L’esordio. Il colloquio che feci nel Settembre del ’96 presso Rolando Eliseo, avvenuto tra Valentina Cortese e Ivana Spagna, mentre davo prova delle mie capacità. Lì ho avuto la sensazione che qualcosa stava per accadere.

Qual è, a tuo parere, la più grande icona di bellezza?
Guinevere Van Seenus, a mio parere è una grande icona.

Ti ispiri a qualche musa del passato quando crei dei look o invece cerchi ispirazione nella contemporaneità?
I miei riferimenti sono sia nel passato che nel presente, amo gli occhi di Sophia Loren, i look anni ’90 di Anna Oxa, amo le rotondità e le forme burrose di Jessica Rabbit, l’ecclettismo di Madonna e lo spirito camaleontico di Beyoncé.

Qual è la differenza in termini creativi, tra make-up per la televisione e make-up per la moda?
La TV parla alla gente reale, comune. Il suo è un linguaggio fruibile, sia in termini linguistici che visivi/creativi. La moda invece potremmo definirla come una bolla, la quale si serve della strada per attingere, elaborare, edulcorare immagini e proposte. Per sintetizzare: il trucco delle passerelle non è necessariamente un esaltatore di bellezza come invece deve essere in TV.

Puoi svelarci un segreto o un consiglio che senti di poter dare in quanto make-up artist?
Non credo ci siano segreti. Chi usa il make-up conosce molto bene ciò che vuole esprimere e cosa vuole ottenere. I segreti fanno parte di epoche passate e di fruitori inconsapevoli.

Il trucco è strettamente correlato alla personalità, quando trucchi una star come fai a rimanere vicino al personaggio senza stravolgerlo?
Il trucco è “progettato” insieme alle celebrities, non amo un approccio atto a modificare, più che altro è un dialogo che sfocia nel mettere in relazione sensazioni e necessità.

Una donna non dovrebbe mai uscire senza…?
La consapevolezza di sé nel sentirsi unica, se parliamo di make-up direi che non dovrebbe mai dimenticare un luminizer.

E un uomo?
Idem…ma forse senza luminizer.

Quando si corre il rischio di sembrare ridicoli?
Quando si perde il contatto con la realtà, quando l’artificio prende il sopravvento.

Concludendo, la parola chiave è?
Unicità.

Generico febbraio 2024
Ephemĕrus - collage fotografico e vernice - 40x50 cm. 2024

Sono Emiliano Restuccia, dal 1996 Hair & make-up artist. Collaboro con editoriali e trasmissioni TV – tra le quali Tempi Moderni – Le invasioni barbariche – San Remo 2013 – 2014 – 2022. Nel 2005 ho collaborato per Fendi Uomo al video The first Sun per la regia di Luca Guadagnino. Attualmente sono impegnato a Che tempo che fa e a Tú sí que vales. Ho imparato a conoscere e perfezionare il mio lavoro direttamente sul campo, ascoltando i miei committenti, i loro gusti e le loro attitudini per farne un mio mezzo d’espressione. Amo la pittura ad olio della quale ne
ho fatto il mio rifugio, l’espressione più autentica dei miei innamoramenti. Sono visceralmente appassionato di Francesco Hayez, Antonello da Messina, Jan Van Eyck, Caravaggio e Lucian Freud.

Emiliano restuccia
Emiliano Restuccia

Giovanni Fornoni ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. All’attività di artista affianca quella di docente. Con i suoi Bestiari sovrappone o accosta la condizione umana a quella animale, indagando simbolicamente fatti di cronaca contemporanea, mettendo in rilievo verità ataviche, antropologiche, sociali e culturali.

Immagine dell’opera: Ephemĕrus – collage fotografico e vernice – 40×50 cm. 2024
Freepik kuritafsheen archive, image reworked by the Artist

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