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I grandi della storia

I grandi della storia

Carlo Goldoni, non era veneziano ma la Serenissima gli diede fama e rivoluzionò il teatro

Carlo Goldoni, nacque a Venezia il 25 febbraio del 1707, rivoluzionò il teatro, introducendo il copione e rendendo l’autore saldo custode del testo teatrale e le sue opere letterarie e immodificabili

A volte, la storia fa capriole curiose: bizzarre e tortuose sono le sue strade. Capita, perciò, che colui che diede gloria imperitura alla lingua veneziana, rendendola strumento di un teatro che è apprezzato e rappresentato in tutto il mondo, tanto veneziano non fosse.

Parliamo di Carlo Goldoni, che nacque a Venezia, il 25 febbraio del 1707, da un padre che veneziano non era, e che si trasferì ben presto a Perugia, dove venne avviata la sua formazione culturale: tornò in Laguna soltanto nel 1721. Il padre del futuro commediografo, Giulio, proveniva da una famiglia della borghesia modenese, dalle fortune alquanto dissestate. Carlo non era decisamente uno studente modello e, inoltre, pare fosse piuttosto incline alla goliardia e alla beffa: questo, oltre a renderlo particolarmente caro allo scrivente, ne determinò una carriera universitaria ondivaga ed errabonda, che lo portò da Pavia a Udine a Modena, con esiti incerti, fino alla soffertissima laurea a Padova, dopo la morte del padre, nel 1731.

Insomma, il giovane Goldoni non era un leguleio fatto e finito: destino volle che quella che, ai più, allora, appariva come una pericolosa distrazione dagli studi forensi, ovvero la satira e la parodia in versi, sarebbe diventata la ragione della sua fama e del suo successo. Spesso, accade così: lo scavezzacollo, dall’apparenza inconcludente, ottiene maggior gloria del serio e laborioso sgobbone. C’est la vie. Fatto sta che, in concomitanza coi suoi primi passi da avvocato, Goldoni iniziò quella che sarebbe stata una formidabile e prolifica carriera di autore. Quello intorno alla metà degli anni Trenta fu un periodo di gestazione, in cui il Nostro iniziò la collaborazione con uno dei teatri importanti della Serenissima, il San Samuele, licenziando alcune perdibili tragicommedie, come era la moda del tempo e respirando sempre più profondamente l’aria del teatro.

Per la verità, Carlo non si limitava a questo: frequentava, infatti, piacevolmente, belle teatranti, fino a che non sposò Nicoletta Connio, cui rimase fedele vita natural durante. Correva l’anno 1738: quello che le antologie scolastiche indicano come l’alba goldoniana. In quell’anno fatale, infatti, Goldoni produsse la sua prima vera commedia: Momolo Cortesan. Era una novità a metà: fino ad allora, le commedie si basavano su di un canovaccio, che il capocomico adattava, di volta in volta, con batture, calembours e altri giochetti, assai graditi al pubblico, ma, alla fine, alquanto stucchevoli.

Goldoni, che, come è noto, rivoluzionò il teatro, introducendo il copione e rendendo l’autore saldo custode del testo teatrale e le sue opere letterarie e immodificabili, nel Momolo si limitò a scrivere la parte del protagonista, lasciando il resto al canovaccio. La strada, però, era intrapresa e non si tornò più indietro: già La donna di garbo, quattro anni dopo, era interamente scritta ed era, per così dire, “goldoniana”. Va detto che, all’inizio, non è che al nostro autore le cose andassero benissimo: egli dovette, ben presto, filarsela alla chetichella da Venezia, a causa dei debiti. E questa della fuga per sfuggire ai creditori ci pare essere una costante dei geni letterari: da Foscolo a D’Annunzio, è stato tutto un emigrare.

Comunque, in quegli anni, funestati dalla guerra di successione austriaca, Goldoni lavorò come avvocato, soprattutto in Toscana, e questo gli sarebbe servito per l’ambientazione di alcune sue celebri opere, come La Locandiera o il ciclo della Villeggiatura. Nel 1748, contemporaneamente alla fine della guerra, Goldoni tornò a Venezia e cominciò a collaborare con il Medebach, capocomico del teatro Sant’Angelo: fu questo sodalizio a procurare al Nostro le maggiori soddisfazioni, tanto letterarie quanto economiche.

Ormai, Goldoni era Goldoni.

Nei cinque anni in cui collaborò col Medebach, prima di passare al teatro San Luca, Goldoni mise mano alla sua celeberrima riforma del teatro, sfornando un numero enorme di commedie di alto livello, comprese le famose 16 commedie del 1750, che egli scrisse per vincere una scommessa col socio. Non si deve pensare che le innovazioni clamorose che il commediografo introdusse fossero accolte senza resistenze: è notoria, ad esempio, l’avversione per il suo teatro da parte dei fratelli Gozzi, difensori della favoletta tradizionale, che, a Venezia, godevano di notevole successo.

Tuttavia, il progresso non si può arrestare e le opere di Goldoni s’imposero presso il pubblico carnevalizio, grazie alla loro efficacia, al loro legame forte con la realtà e alla freschezza della vena dell’autore, che ritrasse meravigliosamente vizi e virtù della Venezia illuminista e mercantile. Castigat ridendo mores, verrebbe da chiosare. Dopo un periodo di stanca, Goldoni ebbe un ultimo guizzo, nel 1761, con alcuni dei suoi capolavori, tanto in veneziano quanto in italiano: La trilogia della villeggiatura, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.

E proprio quest’ultima commedia fu una sorta di affettuoso commiato di Goldoni da Venezia: nel 1762, partì per Parigi, dove difese la sua riforma della commedia dalla visione tradizionale, da parte dei Francesi, della Comédie italienne, che s’intendeva come commedia dell’arte, contrapposta alla Comédie française di Molière. Visse bene, coperto di onori e di denaro, fino alla rivoluzione francese, che gli tolse pensioni, emolumenti e, perfino, una tomba: morì povero, nel 1793, e le sue ossa andarono perdute. La sua opera, invece, ha trionfato e il suo nome viene ovunque onorato. Perfino qui, da noi, ultimi e mignoli.

marco cimmino

 

* Marco Cimmino è uno storico bergamasco, classe 1960. Specializzato nello studio della guerra moderna, fa parte della Società Italiana di Storia Militare. Ha all’attivo numerosi saggi storici, prevalentemente sulla Grande Guerra e collabora con diverse testate, nazionali e locali. Per Bergamonews ha curato, in precedenza, una storia a puntate della prima guerra mondiale e una storia dell’Unione Europea.

 

 

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