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Quattro anni dopo

In trincea nella terapia intensiva Covid: “Non dimenticherò mai la chiamata a casa del primo paziente guarito”

La dottoressa Andreina Scotti, 54 anni, è stata una delle prime a fronteggiare il virus all'ospedale Papa Giovanni, luogo simbolo della lotta alla pandemia: "Pensavo di non farcela, ma oggi sono una professionista migliore"

Bergamo. Per una “maniaca del controllo” – come ironicamente si autodefinisce – il Covid è stato l’incubo peggiore. Un nemico invisibile, capace di sconvolgere con la forza d’urto di uno tsunami la più ferrea delle organizzazioni di lavoro. Anche la sua. “Non credo di avere mai avuto paura, piuttosto momenti di sconforto – ricorda Andreina Scotti, 54 anni, coordinatrice infermieristica della Terapia intensiva adulti dell’ospedale Papa Giovanni dal 2014 al gennaio 2024 -. Quei momenti sì, erano quotidiani. Ma io e i colleghi li abbiamo affrontati insieme, con il prezioso supporto delle psicologhe. Al di là di tutto, dopo quattro anni, posso dire che quell’esperienza mi ha, anzi ci ha, migliorati. Nel rapporto di squadra, ma anche sotto il profilo dell’attenzione ai nostri assistiti”.

La dottoressa Scotti è stata una delle prime – se non la prima – a scendere in campo contro il Covid nell’ospedale simbolo nel mondo della lotta al virus. E l’ultima che quel campo lo ha lasciato, stremata. “All’inizio – racconta – si trattava di accogliere il classico malato con una patologia respiratoria, peraltro affrontabilissima. Da un solo malato, però, siamo passati ad averne 16 ad alta complessità in breve tempo. C’era una terapia intensiva tutta da ribaltare rispetto alla gestione ordinaria”.

Bisognava riorganizzare tutto e in fretta. Creare un vero e proprio “piano pandemico” interno all’azienda. “Servivano spazi per quei 16 assistiti, bisognava ripensare i turni e le equipe, allestire nuovi percorsi di contrasto (i cosiddetti percorsi Covid free, ndr) – elenca la dottoressa -. Nel giro di poco tempo, grazie a un lavoro di squadra ineccepibile, abbiamo convertito tre terapie intensive in terapie intensive Covid”. Ma in poco tempo, i posti letto per adulti occupati erano saliti a 48. “Abbiamo quindi pensato di rimodulare i locali della subintensiva, già occupati da altri assistiti con altre patologie. Quando i numeri sono diventati talmente grandi da non far bastare nemmeno quei letti, nel giro di un pomeriggio abbiamo trasformato due magazzini ricavando altri 12 posti”.

Andreina ricorda (forse con poca nostalgia, ma senz’altro con grande orgoglio e spirito di appartenenza) quei turni di lavoro sfiancanti. “Ricordo il contrasto tra il silenzio dei corridoi e il caos che c’era nei reparti”. E ricorda le pizze. “Sì, le pizze che a volte arrivavano in tarda serata, altre volte ancora di notte”. Uno dei rari momenti di pausa. “Ricordo anche il supporto della città, l’affetto e la stima delle persone”. Benzina in un motore che rischiava di ingolfarsi, tra comprensibili paure e insicurezze.

“Alla fine, ho vissuto anche momenti belli – ragiona Scotti -. Io sono bergamasca, un po’ di gente mi conosce e mi chiedeva di andare nei reparti e nelle terapie intensive per salutare i parenti. ‘Dottoressa, può cercare il signor ‘x’ o il signor ‘y’ e salutarmelo? Mi faceva piacere, era gratificante. Ciò che non dimenticherò mai, invece, è la telefonata a casa del primo paziente che abbiamo estubato. Non scorderò mai il suo nome. A pensarci, mi viene ancora la pelle d’oca”. Quella che è stata una guerra, è diventata una battaglia con la seconda ondata Covid. Oggi, a distanza di quattro anni, nemmeno si può parlare di tregua. L’Oms, il 5 maggio 2023, ha dichiarato la fine dell’emergenza pandemica.

Attualmente, la dottoressa Scotti è Responsabile per la Direzione professioni sanitarie e sociali del Presidio di San Giovanni Bianco, dove ha sostituito la collega Eleonora Rodeschini, in pensione dal 18 febbraio. In passato ha lavorato in ambito pediatrico, prima come infermiera in Chirurgia pediatrica (1989-1998) e Terapia intensiva pediatrica (1998-2014), dove è stata coordinatrice infermieristica dal 2007 al 2014, anno del suo passaggio al settore adulti dell’area critica del Papa Giovanni.

“Il tempo passa, ma quell’esperienza mi resterà dentro per tutta la vita – conclude la dottoressa Scotti -. Per me, non esiste il rischio di dimenticare. Anzi, tutto quello che ho fatto è custodito in una chiavetta Usb che tengo gelosamente nel cassetto. Dovesse ricapitare oggi, sarei più pronta. Tutti saremmo più pronti”.

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