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I grandi della storia

I grandi della storia

Alessandro Volta, un prodigioso scienziato rimasto troppo spesso nell’ombra

La brillante mente di Como eccelse in tutti i campi cui dedicò il suo intuito: inspiegabile l’aura d’oblio che circonda la sua figura

C’è uno straordinario personaggio, che ha dato un impulso davvero eccezionale al progresso scientifico dell’umanità, ma che, inspiegabilmente, rimane sempre un po’ in penombra, rispetto ad altri scienziati, molto più noti e celebrati: Alessandro Volta.

Sarà che non si tratta di un’icona pop, sarà che Volta proviene dalla buona aristocrazia laghè, sarà che non ha partecipato attivamente ai sussulti e ai subbugli rivoluzionari, che hanno attraversato la sua epoca, fatto si è che Alessandro Volta, pur riconoscendogli un ruolo determinante nello sviluppo scientifico, non è celebrato al pari di altri studiosi ed inventori.

Volta nacque a Como, nel 1745, in una famiglia nobile: il padre, Filippo, avrebbe probabilmente voluto fare di lui un giurista o, in subordine, un ecclesiastico, ma il richiamo della scienza fu decisamente più forte. Un sacerdote, don Gattoni, si accorse della predisposizione del giovane verso le scienze e gli permise di utilizzare il proprio laboratorio, in quella che, ancora oggi, a Como, è nota come “Torre Gattoni”.

Di lì, la carriera scientifica di Volta non si interruppe mai. Quando il governatore Firmian lo nominò professore di fisica a Como, il ventinovenne Volta era già uno scienziato noto in tutta Europa e aveva all’attivo l’invenzione, ritenuta strabiliante, dell’elettroforo perpetuo, un semplice generatore elettrostatico. Perché la passione di Volta era l’elettricità: quel mondo su cui, nel secolo dei Lumi, la comunità scientifica si stava affacciando, e che avrebbe rappresentato, per più di un secolo, una delle avanguardie della scienza e della tecnica. En passant, osservando quella che egli chiamava “aria infiammabile”, nel 1776, mentre i coloni americani si autoproclamavano indipendenti, egli scoprì nientemeno che il metano.

Allora, la Lombardia viveva un periodo di eccezionale benessere, sotto la guida illuminata dell’imperatrice Maria Teresa e, poi, di suo figlio, Giuseppe II: fu proprio la prima a far nominare Volta professore all’università di Pavia, mentre il secondo non gli lesinò aiuti e finanziamenti per le sue ricerche. Il che è l’esatto contrario di quel che accade oggi, verrebbe da dire. Si trattò di un investimento decisamente lungimirante, visto che lo scienziato inventò il condensatore e la bilancia elettrometrica, oltre a compiere studi fondamentali sui conduttori e sulla trasmissione dell’elettricità nei metalli, che rappresentano il prodromo a quella che sarebbe stata la sua invenzione di gran lunga più importante, che fu il frutto di infiniti studi ed esperimenti. Vennero gli anni convulsi della prima campagna d’Italia di Napoleone, degli austro-russi.

Proprio quando le truppe dei coalizzati tornavano in Lombardia, ritiratosi a Como perché sospettato di fedeltà napoleonica, Volta raccolse il premio di tanti studi ed esperimenti: l’invenzione della pila. Pensando al generatore di elettricità naturale di certi pesci, egli chiamò la sua invenzione “organo elettrico artificiale” e la presentò al mondo accademico, che ne fu, naturalmente, entusiasta. Si apriva un nuovo mondo.

Napoleone lo coprì di onori e Volta lo ricambiò con la sua fedele ammirazione. Questo rischiò di costargli caro, quando, dopo la sconfitta di Lipsia e l’abdicazione dell’imperatore, nel 1814, terminò l’esperienza del Regno d’Italia, di cui il comasco era stato nominato senatore: Volta fu costretto a scappare da Pavia e a nascondersi.

Tuttavia, il restaurato governo austriaco sarà anche stato occhiuto, ma non era rappresentato da fessi: il valore dello scienziato era fuori discussione e, perciò, egli venne reintegrato nell’insegnamento, finché non decise, per conto suo di ritirarsi definitivamente in campagna, a Camnago, che oggi si chiama Camnago Volta, nel 1819. Tre anni prima, era stata data alle stampe la sua Opera Omnia: da tempo, Volta era considerato uno dei geni italiani dell’età moderna.

Morì nel 1827. Come molti studiosi di quel periodo, egli fu molte cose insieme: naturalista, fisico, inventore, filosofo: a differenza della gran parte di questi, però, egli brillò in tutti i campi cui dedicò la sua intelligenza e il suo intuito. Ancora più inspiegabile, dunque, è l’aura d’oblio che circonda la sua figura: eppure, ogni volta che inseriamo una pila in un telecomando o in un giocattolo dei nostri figli, gli dovremmo almeno un fugace grazie. Speriamo che questo breve intervento, sia pure insignificante sul piano generale, contribuisca a rinverdire un poco il ricordo di questo nostro illustre e geniale compatriota.

 

marco cimmino

 

* Marco Cimmino è uno storico bergamasco, classe 1960. Specializzato nello studio della guerra moderna, fa parte della Società Italiana di Storia Militare. Ha all’attivo numerosi saggi storici, prevalentemente sulla Grande Guerra e collabora con diverse testate, nazionali e locali. Per Bergamonews ha curato, in precedenza, una storia a puntate della prima guerra mondiale e una storia dell’Unione Europea.

 

 

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