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Tono festival

“X sempre assenti”, la quotidianità dei Verdena immersa nel minimalismo rock della provincia

In occasione della prima edizione di Tono, il festival del Politecnico delle Arti di Bergamo, il regista Francesco Fei ha mostrato a Daste il documentario che racconta la preparazione del tour di “Volevo Magia” intervallata a momenti di vita privata dei componenti del gruppo

Bergamo. L’intimità della vita di provincia che si sposa con il rock più puro, un’attitudine che, allontanandosi dalla mondanità, diventa stile quotidiano. Attitudine che fa parte da sempre dei Verdena, uno dei gruppi rock italiani più amati, protagonisti di “X sempre assenti”, documentario di Francesco Fei (prodotto da Apnea Film, Capitol Records, Universal Music Italia e distribuito da Lab 80 Film) proiettato allo Schermo Bianco a Daste giovedì 8 febbraio, nell’ambito di TONO, il primo Festival del Politecnico delle Arti di Bergamo, polo di alta formazione nato dalla fusione tra il Conservatorio G. Donizetti e l’Accademia Carrara. Un Tono di colore e di suono, che in questo appuntamento trova significato anche nel campo dell’audiovisivo.

Il documentario (girato tra luglio e novembre 2022), introdotto dallo stesso regista, prende forma da un periodo di assenza “cronologica”, mentre mostra i preparativi del tour di “Volevo magia”, il nono album della band che ne segna il ritorno nel 2022, dopo sette anni di silenzio.

Un silenzio che, nel sottolineare l’assenza del titolo, si fa cifra distintiva di un gruppo rock che fatica a parlare di sé, lasciando parlare invece la propria musica, sempre con uno stile rock ed artigianale che predilige il rapporto diretto con i fan alle luci della ribalta vicine ad una mondanità che non appartiene loro.

Un silenzio in un certo senso spezzato dal lavoro del regista, Francesco Fei, che ha seguito i Verdena sin dal primo singolo (“Valvonauta”), immortalandoli in diversi videoclip (come ha fatto per molti altri protagonisti della scena musicale italiana) e che, in questo frangente, sembra lasciare libera la macchina da presa di fruire della quotidianità e dell’intimità dei componenti del gruppo (in una “tranche de vie”, come la descrive lo stesso regista), facendosi presenza discreta ed (apparentemente) invisibile.

Fei si immerge nella provincia bergamasca, in particolare ad Albino, dove si svolge la quotidianità del gruppo che, lontano dai palchi, si muove tra cene di famiglia, momenti con i figli ed incontri con amici. Roberta (Sammarelli) e gli impegni da madre con le figlie, Luca (Ferrari) con il suo Ciao va a trovare la nonna (per preparare insieme il bollito), l’eterno adolescente Alberto (Ferrari) gioca a Minecraft insieme al figlio.

VERDENA

Una quotidiana vita di provincia che si muove in parallelo al percorso musicale portato avanti in sala prove. Il rock dei Verdena è sempre vitale e presente, una presenza che, ironia della sorte, acquista ancora più valore attraverso l’assenza dai grandi scenari musicali, che sembrano non rendersi conto del seguito e dell’importanza del gruppo bergamasco.

I Verdena prendono l’immaginario comune del rock e lo stravolgono, non facendo mai mancare la propria dedizione al lavoro ed una coerenza che diventa ulteriore cifra stilistica della band. Un lavoro importante e necessario, anche in fase di promozione del nuovo album, che il montaggio di Fei affianca allo stile dello studio Henhouse (“pollaio”) dove il gruppo registra i propri dischi. I Verdena allontano da loro l’immagine di un’industria musicale da “allevamento in batteria”, ritrovando, in questa loro quotidianità, l’autenticità di un mondo che appartiene loro da sempre, un “minimalismo rock” che nel piccolo e nel semplice trova sempre una lezione di vita.

Un’immagine diversa portata anche dal lavoro del regista, lontano dal documentario musicale stereotipato, che diventa “atto di resistenza” che si distingue dalle logiche commerciali delle piattaforme di streaming.

Un documentario che mostra “brani” di vita, una vita che i Verdena vogliono “evitare di rovinarsi”, declinando così l’idea di un tour negli Stati Uniti. Una scelta di coerenza che li mostra ancorati alla propria “provincialità” che si fa “universalità” della vita. Una vita che li vede “x sempre assenti”, lontani dai grandi palcoscenici, ma allo stesso tempo sempre presenti attraverso la coerenza che ne segna le tappe: un’assenza, un lavoro “in sottrazione” che, oggi, diventa forse manifesto dell’anima più pura del rock.

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