Anche le storie più belle, si sa, sono destinate a concludersi. E anche in questo caso non ci sarà eccezione alla regola. Luis Muriel lascia l'Atalanta dopo quattro anni e mezzo scanditi da gol, giocate e colpi condensate in un calciatore che ha lasciato un marchio indelebile nell'era targata Gian Piero Gasperini.
Lucho e la Dea si separano. L'attaccante colombiano saluterà non solo la maglia nerazzurra, ma anche la Serie A e l'Europa in generale. Ad attenderlo, infatti, c'è un capitolo nuovo di zecca da scrivere nella MLS americana, dove ad attenderlo c'è la franchigia di Orlando, con cui firmerà un contratto di tre anni e dove in passato avevano militato anche gli ex milanisti Kakà e Nocerino.
Il ciclo di Muriel in quel di Bergamo giunge dunque alla sua naturale conclusione dopo 184 partite ufficiali e 68 gol realizzati che lo issano di diritto tra i grandi nella storia del club orobico: il classe 1991 si congeda da terzo miglior marcatore di tutti i tempi alle spalle di altri due mostri sacri come Cristiano Doni e Duvan Zapata. Un grande tra i più grandi.
Nel corso dei suoi quasi cinque anni a Bergamo, Muriel ha saputo far innamorare tutto il popolo atalantino. Un vero e proprio amore a prima vista, a partire dall'esordio (con doppietta) sul campo della SPAL sino al magico gol di tacco contro il Milan. Una perla di rara bellezza, a precedere gli ultimi sigilli in nerazzurro contro Rakow e Salernitana. In altre parole, il suo regalo d'addio.
Quando un capitolo si chiude, sfogliarne le pagine che l'hanno riempito produce sempre un mix di emozioni tra loro contrastanti: gioia, immensa, da un lato, per un percorso meraviglioso condotto insieme. Mano nella mano. Luis e la Dea. Dall'altro un'incontrollabile nostalgia per una bella avventura che volge al termine.
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Proprio così, perché quello tra Muriel e l'Atalanta è stato un matrimonio felice. Nella Città dei Mille, l'attaccante di Santo Tomàs è riuscito a consacrare un talento tradotto in dosi massicce sul terreno di gioco, ma che in altri lidi non era mai riuscito ad infondere con troppa continuità.
In nerazzurro, invece, è stata tutta un'altra musica, perché Muriel ha saputo essere decisivo in ogni condizione. Da punto di riferimento, ma anche da alternativa a gara in corso. Il saper cambiare volto alle partite partendo dalla panchina è stato uno dei tratti dominanti del suo ciclo in maglia nerazzurra.
Dal suo arrivo, come riferito dai dati Opta, il centravanti 'cafetero' ha segnato un goal ogni 105 minuti di media in Serie A. Meglio di lui, nel suo periodo di militanza in massima serie, ha fatto solo un certo Cristiano Ronaldo, capace di viaggiare al ritmo di una rete ogni 96 minuti. Un dato che parla da solo e che fotografa che cosa Muriel ha rappresentato per l'Atalanta.
L'addio di Muriel rappresenta la fine di un'era. Perché negli anni di massimo splendore sotto la sapiente guida tecnica di Gasperini, al fianco dei vari Gomez, Zapata e Ilicic c'è sempre stato lui. C'è sempre stato Muriel. Un talento abbagliante, a volte intermittente, ma di quelli che lasciano il segno. E nella storia dell'Atalanta lo ha fatto in maniera indelebile.
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