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Luca Merisio: “Il segno dell’uomo”, l’arte della fotografia fotogallery

Luca Merisio ha cominciato presto a interrogarsi su quale strada prendere nella vita, ben prima della laurea in economia e commercio. Aveva davanti a sé un percorso già lungo e intrigante come quello tracciato dal padre, Pepi, fotografo di estro consolidato e di fama internazionale

Bergamo. Luca Merisio ha cominciato presto a interrogarsi su quale strada prendere nella vita, ben prima della laurea in economia e commercio. Aveva davanti a sé un percorso già lungo e intrigante come quello tracciato dal padre, Pepi, fotografo di estro consolidato e di fama internazionale. Poteva mettersi nella sua scia, ma non era scelta facile seppur comoda. Luca ha personalità marcata e non poteva considerare per il suo domani l’idea di essere l’ombra del genitore, pur con tutta l’ammirazione, la gratitudine per l’arte che andava apprendendo, il rispetto che gli veniva naturale e dall’educazione della mamma Anna, storica docente di matematica alla Magistrale di Bergamo.

Del resto, anche papà, con laurea in filosofia, ad un certo punto ha sentito la “chiamata” dell’obiettivo e con sicura genialità aveva “inventato” un capolavoro come la trilogia di “Terra di Bergamo”. Il salto dal mondo dei numeri si imponeva. E Luca, dopo un’adeguata introspezione l’ha fatto con la risolutezza di chi vuole esprimere le proprie intuizioni, la sensibilità, l’originalità che gli pulsava dentro. Sentiva un’urgenza che lo intrigava e dopo aver capitalizzato gli insegnamenti della straordinaria esperienza paterna, ha messo a fuoco e sviluppato – due verbi del repertorio di questa professione – la sua spiccata identità.

Con la macchina a tracolla, si è messo a “esplorare” con gli occhi e con l’animo l’Italia dalla catena alpina fino all’Etna, che è la sua montagna del cuore. Da anni sta raccontando per immagini, con creatività documentata, storie di territori, luoghi, persone, cercando scorci, angoli, monumenti noti e/o di sua scoperta, volti, sguardi. Interpreta il passato e il presente avvalendosi dell’evoluzione tecnologica, la cui icona è il drone che consente scatti anche inimmaginabili. Di più: Luca ha voluto allargare il campo d’attività, coinvolgendo un figlio e una figlia nella sua affascinante avventura. Ha creato una Casa editrice, la Lyasis che sta mettendo in vetrina splendidi libri, pagine dove si sposano in felice armonia immagini e parole. La più recente perla della già ricca collana si chiama “Il segno dell’uomo”, sigillo finale all’anno di Bergamo e Brescia unite come Capitale italiana della Cultura 2023. “Talis pater, talis filius”, dicevano i latini. In casa Merisio, Pepi e Luca, ciascuno con la propria personale interpretazione, ha onorato – divulgandola – l’arte della fotografia.

Luca Merisio: “Il segno dell’uomo”, l’arte della fotografia

INTERVISTA CON LUCA MERISIO

Mezzo secolo dopo “Terra di Bergamo”, opera che rivelò al grande pubblico Pepi Merisio, ora nella scia della Capitale della Cultura 2023, è fiorito “Il segno dell’uomo”, cammino che continua e si è aperto innovativo alle terre di Bergamo e di Brescia. Figlio d’arte di Pepi, Luca è padre di Andrea e Alessandra (e Anna Chiara, insegnante…) che lavorano con lui, fondatore nel 1993 della Casa editrice Lyasis, ora di proprietà della famiglia. Nel fertile solco crescono buoni frutti.

Luca, come ti è venuta l’idea e come hai messo in atto l’intuizione?

Questo libro “Il segno dell’uomo”, con testi di Paolo Aresi, al di là dell’unire le realtà di Bergamo e di Brescia, è il racconto delle due città e province nell’anno storico in cui – gemellate – sono state la Capitale italiana della Cultura. Un lungo viaggio pensato, scelto poi realizzato nella storia, sui territori e nelle presenze e testimonianze segnanti.

Da dove a quando il tuo lungo itinerario?

I confini dell’esteso comprensorio sono le montagne dell’Adamello e Pizzo Coca, il lago d’Iseo e il fiume Oglio, giù fino alla Bassa. Ho cercato di “riesplorarli” dando importanza all’uomo… Il progetto è maturato tra la primavera del 2022 e l’estate del 2023. Mi piace far notare che il 90 per cento delle foto sono inedite e mi spiego. Anche se si tratta spesso di luoghi stra-visti e stra-fotografati – ad esempio Cornello dei Tasso o Arnosto a Fuipiano Imagna – ho cercato di coglierli in una prospettiva e con una sensibilità nuove, con il drone come new entry, che offre la possibilità inedita di piedi per terra e sguardo dall’alto a volo d’uccello.

E questo perché?

Quando da ragazzo andavo con papà, lui mi faceva guardare i “segni”, anche quelli minori, come una santella al crocicchio di strade o sentieri, la vendemmia in Valtellina fatta su vigneti del Cinquecento, che non sono peraltro una specificità locale. I terrazzamenti servivano per far prendere più sole alle coltivazioni, dalle patate alla vite e li troviamo però anche nella Valle d’Aosta. I nostri territori sono sempre stati molto antropizzati: io ho cercato di rivedere le presenze lasciate dall’uomo nel corso dei secoli.

Qualche curiosità sull’opera…

Inizio a parte, dedicato ai due capoluoghi, tenuti però distinti, nel libro non ci sono tutta Bergamo e tutta Brescia: è un susseguirsi narrato e scoperto pagina dopo pagina anche attraverso le didascalie che aiutano a localizzare. C’è un tessuto che unisce la fascia prealpina e sono la civiltà contadina, l’architettura rurale in dialogo costante. Qualcosa c’è anche delle manifestazioni che sono state fatte a sottolineatura dell’anno storico, ma un libro non è certo un diario.

A differenza di altri anni, Bergamo e Brescia non hanno dovuto competere con altre città nella corsa al titolo. Le ha unite la catastrofe del covid…

Sì, purtroppo. Il libro parte infatti con Via Angelo Maj e Piazza della Loggia deserte, poi, a gennaio di tre anni dopo, ecco questi luoghi-simbolo che si rianimano, con tutte le manifestazioni che hanno punteggiato il calendario. Nel gennaio 2023 mi è piaciuta molto “Light is Life”, la luce è vita (sarebbe stato così bello in italiano…), che ha rivitalizzato i nostri centri: le due città per 9 giorni hanno visto vie e strade affollate dal crepuscolo fino a notte fonda, con palazzi illuminati e aperti e con installazioni anche suggestive. Trovo che è stato un modo intelligente per “far vedere” le città agli stessi abitanti.

Spiegando le sue fotografie, Pepi Merisio raccontava che per certi scatti doveva studiare dove appostarsi, cogliere luoghi, monumenti e paesaggi in una certa luce, ritornarci anche più volte. È ancora così o oggi si deve andare di fretta?

Il tempo lo si deve in ogni modo trovare se si vuole un certo risultato. La foto di copertina del libro – il Castello di Cimbergo che sorge su uno spuntone di roccia – ha una luce radente, ogni pietra esce con il suo colore proprio perché è illuminata dalla luce radente. Il muro mezz’ora prima è in ombra, due ore dopo è in “luce piatta”. Mio padre mi ripeteva che fotografare è scrivere con la luce. Bisogna studiare quando la luce arriva a giocare in tuo favore e questo richiede pazienza e costanza: resta insomma un preliminare fondamentale. Parlo della luce che c’è, non di quella artificiale. Ho l’ostinazione di chi non si accontenta al primo risultato.

Che cosa hai scoperto che non conoscevi della tua stessa provincia?

Magari qualche castello in più di quelli dove ero già stato, alcuni borghi montani e in pianura. A Bagolino, ad esempio, sono rimasto incantato dagli affreschi popolari del 1700-1800 sulle facciate delle case, quasi tutti di Madonne, e ogni affresco è incorniciato da glicini secolari. Ricordo Arnosto in Valle Imagna, dove c’era la dogana tra Venezia e Milano. Dopo i restauri, questo complesso storico ha un aspetto molto diverso rispetto a come la fissò mio padre 50 anni fa. Più bella? Più discutibile? A me interessa documentare com’è nel 2023 e la mia fotografia oggi stesso è già epoca.
Quando fotografai il nucleo, il lungo corso del tetto aveva un rappezzo in coppi rossi anziché in “piode” che ora stanno cambiando; anche qui non so se in meglio o peggio, però la “pioda” con i coppi rossi costituiva un intrigante colpo di colore. Nel libro c’è la foto con il fazzoletto di i coppi che non ci saranno più. Tutta questa attenzione esige tempi preparatori e colpo d’occhio: sfrecciando a 100 all’ora molte cose non si rilevano.

Trovi che è mancato o si è dimenticato qualcosa, sponda bergamasca, in quest’anno che ora entra nella storia?

Secondo me è stato fatto un notevole lavoro e un primo significativo risultato è che molti bergamaschi hanno visitato una Brescia sconosciuta, idem per molti bresciani altrettanto con Bergamo. Sembra incredibile, ma le due città hanno sempre vissuto quasi separate e distanti tra loro. Si va a Milano, Venezia, Firenze e Roma, ma paradossalmente non si conoscono i vicini: il titolo di Capitale per il 2023 è servito anche all’unione e alla conoscenza reciproca, dopo che entrambi i territori sono stati sotto il Leone di San Marco, che campeggia sulle porte delle due città. Non
dimentichiamo, tra l’altro, che Bergamo e Brescia con il loro Pil sono al terzo posto in Italia.

Che cosa soprattutto ti è rimasto addosso di questo itinerario tra Bergamo e Brescia?

La prima lezione è che queste testimonianze di storia, arte, vita ci sopravvivranno, per fortuna: e un libro, questo mio libro può servire a farle sopravvivere meglio, perché è un veicolo di conoscenza che resterà, diventando un aiuto alla conoscenza e alla memoria dei posteri. Devo aggiungere che ho trovato una proficua collaborazione nel realizzare il volume con le Banche di Credito Cooperativo delle province di Bergamo e Brescia (in primis Brescia, Caravaggio e Milano, che ha assorbito la BCC di Bergamo), istituti che hanno creduto molto in quest’opera. I presidenti mi hanno seguito volentieri facendo da moderni mecenati.

Il libro “Il segno dell’uomo” ha creato un notevole e motivato interesse ed è stato anche un successo editoriale. L’immagine di copertina, ad esempio, è un autoscatto all’autore e alla moglie Lorena con il drone che li scruta all’entrata del Castello di Cimbergo.

Ne restano ormai poche copie: chi fosse interessato all’acquisto può ordinarlo presso la Casa editrice “Lyasis” al prezzo di € 38 più spese di spedizione.
www.lyasis.it
info@lyasis.com
349.1926305

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