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Verso le amministrative

Pezzotta: “Il futuro della città? La risalita per Città Alta, “Bergamo Grande” e un osservatorio sui giovani”

Il candidato del centrodestra: "Il mio impegno da civico consentirà di mettere a servizio il mio legame con il territorio, garantirmi più libertà nelle scelte, senza essere attaccato ad una poltrona"

Bergamo. Una risalita per Città Alta, un osservatorio per i giovani, il progetto di una “Bergamo grande” e molto altro ancora. C’è che ad Andrea Pezzotta, candidato sindaco della coalizione di centrodestra, le idee non mancano. L’avvocato penalista indicato da Fratelli d’Italia e sostenuto dagli alleati, Lega e Forza Italia, racconta di essersi già messo al lavoro, da tempo: carte alla mano, ha cominciato a studiare una serie di iniziative da dedicare alla sua Bergamo del futuro, con qualche accento particolare su alcune di esse. E tra un’idea e un’altra, parallelismi con la sua professione, qualche intercalare in dialetto infilato in un misto di sobrietà e humor inglese, racconta quella che è la sua visione. Senza risparmiare critiche all’amministrazione Gori.

Si parte dalle origini, dalle settimane successive all’estate e dal lungo corteggiamento di Franco Tentorio, regista della sua candidatura, interlocuzioni iniziate ben prima e durate parecchi mesi, dai perché delle iniziali reticenze che hanno poi svoltato nell’investitura ufficiale, avvenuta il 13 gennaio.

“Non ho accettato subito la proposta che mi era stata fatta non perché non fossi mosso dalla volontà di impegnarmi per la mia città, ma perché non era stata ancora sciolta la riserva sulla possibilità di veder scendere in campo, sull’altro fronte, il mio carissimo amico Giorgio Berta, contro il quale non mi sarei mai schierato. Se così fosse stato, infatti, avrei certamente rifiutato per non vivere il disagio di correre contro una persona che conosco da sempre e con la quale ho un legame speciale.

Quando, poi, ho avuto contezza del fatto che questo scenario non si sarebbe realizzato, ho riflettuto sulla possibilità che mi era stata offerta, scontrandomi con l’iniziale malcontento di mia moglie che andava a letto dicendomi che voleva separarsi (ride nrdr) e si alzava ripetendomi di non pensarci nemmeno per scherzo.

Mi sono chiesto perché a 67 anni, di fronte ad un’opportunità unica e irripetibile, avrei dovuto dire di no. Esperienza che peraltro appartiene anche alla storia della mia famiglia. Mi sono reso conto, giorno dopo giorno, che declinare l’invito che Franco (Tentorio ndr) mi aveva fatto, mi avrebbe reso infelice. Ho raccontato questo sentimento a mia moglie che mi ha capito al punto tale da essere, oggi, la mia prima sostenitrice”.

“Certo, il cammino non sarà semplice e se tutto dovesse andare come ci sia augura, i problemi saranno all’ordine del giorno. Ma questo non mi spaventa. Non è un fattore dominante rispetto alla possibilità concreta di poter fare qualcosa di buono per la mia città, di impegnarmi per il bene della collettività, di contribuire in prima persona al benessere dei cittadini.

Proprio per queste ragioni, se sarò sindaco, questo compito avrà un ruolo di prim’ordine rispetto a tutto il resto. Riuscire a fare del bene, concorrere a risolvere un problema o aiutare qualcuno sono e restano le priorità. E’ gratificante sapersi capaci di mettersi a servizio e fare qualcosa di concreto per aiutare l’altro: è un’esperienza quotidiana grazie alla mia professione e che in parte ho già  vissuto quando facevo l’assessore all’Urbanistica nel mandato Tentorio”.

Pezzotta che, in quella veste, contribuì alla realizzazione degli orti botanici di Astino: “Era uno dei nostri progetti per l’Expo. Abbiamo creato quella parte di orto botanico con l’idea di dare vita ad un’iniziativa che favorisse la coltivazione delle eccellenze bergamasche a chilometro zero, immaginando anche un ristorante come servizio da offrire a cittadini e turisti”.

Ha fatto molto discutere la sua dichiarazione rispetto alla possibilità di vivere l’esperienza da primo cittadino con un impegno part-time. Se dovesse essere eletto, sarà così?

Ci tengo molto a spiegare bene cosa intendessi dire, visto che si è sollevata una polemica che, tra l’altro, mi fa anche sorridere, perché lascia intendere che, sul fronte opposto al mio, le argomentazioni sono poche. In qualità di sindaco sarò a disposizione per tutto il tempo che sarà necessario, per il bene di Bergamo e dei suoi cittadini. Non farò mai e poi mai mancare il mio impegno e le mie attenzioni.

Ma svolgo anche una professione che mi rende responsabile delle sorti personali dei clienti che mi hanno scelto. Il che significa che, se per assisterli nella maniera migliore e non venire meno agli impegni presi, dopo una giornata trascorsa in Comune, sarò magari chiamato a scegliere tra l’assistere ad uno spettacolo a teatro o tornarmene a casa a studiare dei fascicoli, sceglierò la seconda. Laddove gli impegni pubblici me lo consentiranno, ovviamente. Ai cittadini dico che garantirò la massima disponibilità e una serietà che non verrà mai meno.

Che idea si è fatto del lavoro svolto dall’attuale amministrazione?

Dico che si può far bene, ma si può fare sempre fare meglio. Una delle cose che riconosco, ad esempio, a Gori è lo sviluppo del comparto del turismo, che ritengo essere un dato altamente positivo. Ma, al contempo, la critica che faccio è che a Bergamo è troppo mordi e fuggi e manca di alto profilo dal punto di vista culturale. Si dovrà lavorare per rendere la città sempre più attrattiva, cercando di prolungare il soggiorno il più a lungo possibile.

Cosa ne pensa del Parking Fara? Lei lo avrebbe fatto?

Si doveva fare per forza, perché si doveva portare a compimento l’intervento. È un argomento annoso. Non c’era altra alternativa se non quella di arrivare in fondo a questa situazione. Sull’argomento ho maturato un pensiero aggiuntivo, riprendendo un’iniziativa dell’amministrazione Tentorio, quella della risalita verso Città Alta. Un progetto che non avevamo potuto realizzare perché, per via del Patto di Stabilità, mancavano i finanziamenti. Ma aveva un vulnus. E’ riferita alla possibilità di creare un parcheggio in via Baioni, interrato e ricoperto, realizzato quindi senza depauperare il verde, dal quale potrebbe partire un ascensore collegato a quello attualmente realizzato al Parking Fara, arrivando così direttamente in Città Alta. In questo modo l’accessibilità sarebbe garantita in più forme: il parcheggio del Parking Fara, la risalita e la funicolare”.

Rimanendo in tema Città Alta, cosa ne pensa delle scelte fatte in termini di Mobilità? Una decisione positiva o un deterrente al turismo?

“Limita il turismo nel momento in cui rende difficile l’accesso. Ma la soluzione potrebbe stare proprio nell’idea della risalita. Se l’iniziativa fosse percorribile, si potrebbe immaginare il Parking fruibile solo per i residenti, che pure fanno fatica a trovare parcheggio.

Zone 30, mobilità e traffico. 

Il tema delle Zone 30 è delicato e come tale va trattato, non interpretandolo in maniera ideologica o come strumento per fare cassa. Se significa infatti limitare la velocità, allora è sacrosanto. Diversamente, se l’obiettivo è mettere due vigili a dare le multe, allora non ha senso. Credo che, in tema traffico, serva una politica di totale discontinuità rispetto a quanto fatto fino ad oggi dall’amministrazione Gori. La mobilità va studiata in senso generale prima che per singoli casi, considerata per insieme: questo è l’errore compiuto. Un argomento al vaglio di tecnici, capaci di fotografare la situazione prima di decidere per interventi a spot su una via piuttosto che su un’altra.

Manca una strategia d’insieme. Esempi su tutti sono le corsie preferenziali degli autobus di via Verdi e di via Garibaldi: non servono a nulla, perché sono troppo esigue. Non migliorano il trasporto pubblico, non sono efficaci.

E arrivo anche alle piste ciclabili. Io uso molto la bicicletta. Mi piace e lo trovo uno strumento di trasporto utile anche nei miei spostamenti lavorativi. Sono assolutamente a favore delle piste ciclabili, ma alla condizione che siano sicure. Se lo sono, allora possiamo crearne all’infinito, immaginando tragitti protetti. Far passare per sicure però quelle che non lo sono, non è corretto. Così si crea un problema anziché eliminarlo. Non basta disegnare una riga per dire che abbiamo fatto le piste ciclabili. E se in alcune aree della città permanessero dei fattori di rischio, bisognerebbe pensare a percorsi per le due ruote diversi, magari interni e alternativi alle arterie principali, per incentivare comunque la mobilità dolce, ma senza pericoli.

Nei primi cento giorni di lavoro cosa farebbe?

Innanzitutto partirei col progetto della risalita del Parking Fara cercando di risolvere un problema che è sul tavolo da 40 anni. Seconda priorità certamente la Montelungo: mi impegnerei da subito per cercare di capire com’è stato possibile arrivare a questa situazione che, tra l’altro, si trascina da un decennio. Ma per studiare a fondo il problema, non aspetterò di diventare sindaco: già la prossima settimana mi incontrerò con l’attuale Rettore e con il suo predecessore per andare al cuore di questa vicenda. Non riesco davvero a farmene una ragione: ogni volta che ci passo davanti, è come ricevere una coltellata. Una soluzione va trovata, assolutamente.

Montelungo che ospiterà alloggi per studenti universitari. E lei ha ribadito più volte che i giovani sono un tema fondamentale. 

Lo devono essere per chiunque abbia intenzione di amministrare una città. Io ho 67 anni e tra 20 anni la città non sarà la mia, ma la loro. La prospettiva e il futuro appartiene ai ragazzi di oggi e, se si vuole lavorare per il bene di Bergamo, la loro voce è indispensabile. Il mio desiderio è infatti quello di creare una lista che ne contenga quanti più possibili, oltre a dar vita ad un osservatorio consultivo dedicato al tema, per guardare la città con gli occhi delle giovani generazioni. Solo così si potranno capire i bisogni e lavorare per soddisfarli.

Le parole che ha usato nel suo intervento al congresso di Forza Italia hanno sollevato un polverone mediatico. Come risponde?

Rispondo dicendo che mi stupisco di come qualcuno abbia ancora la volontà di continuare ad amministrare dopo due mandati. Credo che nella vita serva avere stimoli nuovi. Mi raccontano di assessori attualmente in carica che, dopo dieci anni di governo del territorio, hanno ancora desiderio di proseguire e mi domando se non sia giusto credere in un principio di alternanza. E a chi dice che punta a ricandidarsi per veder terminati i progetti iniziati, dico che il loro è solo un alibi. Nessuno è indispensabile.

Lei è un civico. Trova che sia un vantaggio o uno svantaggio rispetto alla natura politica della candidatura di Carnevali?

Dal mio punto di vista è un enorme vantaggio. In primis perché significa mettere a servizio della comunità il proprio bagaglio esperienziale grazie al ruolo che ciascuno di noi ricopre nella società civile. Io trovo che chi fa politica da tanto tempo viva in un mondo un po’ scollato, galleggi sopra la realtà e non abbia il sentore vero del fare quotidiano della gente.

Quello che non mi piace, poi, di chi fa della politica il suo mestiere, è che sembra dover necessariamente arrivare al traguardo. Io corro per vincere, è ovvio, ma se non dovessi riuscirci, tornerò a fare il mio lavoro. Chi invece ha un’estrazione di quel tipo, sembra abbia l’esigenza di dovercela fare a tutti i costi per non rimanere al palo. Senza dimenticare la maggior libertà che garantisce il civismo.

Una delle “critiche” che le muovono, in questo momento, è quella di essere un candidato ben rappresentante della Bergamo bene, ma poco popolare. Eppure, per lavoro, lei ha difeso, tra i molti, anche la famiglia Gambirasio e il Bocia. 

Facendo di mestiere l’avvocato, mi trovo a difendere tantissime persone, dai colletti bianchi a quelle più semplici. E in questa professione, come in altre, il rapporto umano che si instaura è fondamentale: il cliente si affida completamente. Io non ho nessuna difficoltà a creare e vivere i rapporti con le persone, clienti o meno, e non nascondo il fatto che mi riesce certamente meglio quando mi trovo di fronte a persone che vivono una condizione di assoluta normalità.

Cita spesso Bruni. Lo ha fatto portandolo come esempio sul tema del part-time, ma anche riproponendo il progetto della “Grande Bergamo”. 

E’ vero. E il tema della “Grande Bergamo” sarà uno dei miei cavalli di battaglia. Ma rivisitato. Io ho in mente la “Bergamo grande”, l’evoluzione del progetto di Bruni. Serve un tavolo operativo in cui, non solo si discuta dei temi fondamentali che riguardano la mobilità, la gestione urbanistica e le opere di prossimità tra Comuni diversi ma limitrofi, ma si prendano provvedimenti concreti. Un collettivo con un potere decisionale. Serve una politica più armonizzata oltre che un’unica regia gestita da tecnici validi, a servizio della comunità.

Prendiamo Pontesecco, e partiamo dicendo che, in un Paese come il nostro, nel 2024, è una cosa inaudita ripristinare i birilli per risolvere i problemi generati da un progetto per il quale abbiamo speso oltre 3 milioni di euro. Questa non è una mezza vittoria, è un disastro. E a gestire la vicenda non c’era solo il Comune di Bergamo, ma anche quello di Ponteranica.

Nell’ultima seduta di Consiglio Comunale, lei è stato tirato in mezzo rispetto al tema aeroporto. Che idea ha sull’argomento?

L’aeroporto è un volano economico fondamentale per la nostra società, determinante sotto moltissimi punti di vista. E’ una realtà positiva, una grandissima risorsa. Un bene enorme. Detto questo non può essere sviluppato all’infinito. Credo che bisognerà mettere un tetto per evitare uno sviluppo indeterminato, cercando di limitare anche le conseguenze che lo stesso riversa sulla vita dei cittadini.

Sul tema dei voli notturni, ad esempio, vanno fissate delle regole precise che devono essere rispettate, perché il riposo è un diritto. E penso che si dovrebbe spingere sempre di più sulla tecnologia e sulla ricerca, utilizzando arei di ultima generazione per evitare quanto più rumore possibile. Mentre l’idea di spostare la pista verso il fiume, la trovo decisamente irrealizzabile. Servirebbe anche una formula compensativa, a mezzo servizi, per i cittadini che risiedono nei quartieri più colpiti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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