• Abbonati

Area di Sosta

Area di sosta

Noi e il tempo: dai taccuini ai social

Quando i giorni erano scanditi dai calendari alle pareti delle cucine

Siamo un popolo sempre più digitale, che lavora di smartphone, ha una cascata ininterrotta di notizie h24, comunica praticamente no-stop da stelle a stelle rischiando continue bulimie. Storie, situazioni, condizioni di mezzo secolo fa sembrano già preistoria e se raccontiamo certi fatti che accadevano nella normalità quotidiana, i bambini di oggi sgranano gli occhi e pensano che stiamo fantasticando, tanto sembrano surreali.

Partiamo da una lettura che ha acceso interesse e curiosità per poi planare su un confronto con questa nostra modernità di conquiste straordinarie e talora anche con risvolti frastornanti.
Ho letto di un prete, parroco di montagna da qualcosa come 57 anni sull’Appennino Ligure, che ha ricevuto per l’archivio etnografico delle sue comunità un pacco di calendari che vanno dal 1938 al 1991. Mancano solo poche annate. Li ha collezionati un uomo di cui si fa il nome di battesimo, Giovanni, con la sola lettera iniziale del cognome: F.

Don Sandro Lagomarsini, cui si deve la narrazione di questo bell’itinerario umano e di piccolo mondo antico, è in cura d’anime in tre villaggi: Cassègo, Valletti e Scurtabò. Di lui si sa che nel 1968, con lo stesso spirito e lo stesso fine di don Milani, diede vita a un doposcuola per i figli dei contadini. Da allora ha sostenuto molte battaglie per la dignità del mondo della montagna e per la difesa dell’ambiente e del creato. Uno dei suoi titoli in materia: “Coltivare e custodire. Per una ecologia senza miti”.

Bilancio di casa messo al… muro

Ma torniamo a quei sobri taccuini, che sono lo specchio dei giorni e del vivere di Giovanni F. il quale è stato muratore e agricoltore, ma in più costruiva cesti, riparava sedie e scarpe, faceva il campanaro (per un piccolo compenso) ai funerali.
Devono essere taccuini come quelli in uso anche dalle nostre parti, nelle cucine della civiltà contadina, dove si annotavano le piccole cose dell’economia domestica.
I primi mostrano una realtà molto povera. Giovanni registra il poco latte di una mucca (poi di due), le giornate di lavoro come muratore, le uova vendute, l’acquisto delle sigarette e di una «lampadina nuova in cucina», la resa delle coltivazioni, piccoli debiti e piccoli crediti. Il passare degli anni porta faticosi ma costanti miglioramenti.

Passano i secoli, passano i millenni: fino a non molto tempo fa si diceva che “esisti se appari in tv”, adesso con un telefonino nel palmo di una mano ci sentiamo padroni globali perché possiamo “arrivare” dappertutto sul pianeta. Poi, magari per caso, perché un prete di montagna lo evidenzia, scopri che nel poema “Le opere e i giorni” di Esiodo (VIII-VII secolo avanti Cristo) il poeta greco già scriveva notizie e consigli su semine e raccolti, tempo e stagioni, cura degli strumenti e degli animali domestici, regole morali e saggezza popolare che Giovanni F. traduceva a sua volta nella pratica quasi un secolo fa. Come lui, quasi tutti nei nostri paesi rurali coltivavano l’orto di casa e allevavano animali nell’attigua stalla e molti continuano ancora – per fortuna – a fare, dove possono. Non siamo al primo mattino del mondo, anzi, siamo alberi dalle radici antiche e profonde e ha ragione Aldo Grasso quando scrive che “la memoria dei media è un catalogo sfibrato… dove il nuovo è sempre ciò che abbiamo di più antico”.

Previsioni meteo oggi a cascata ma…

Dal 1962 in poi le osservazioni di Giovanni F. si infittiscono – ci informa don Sandro Lagomarsini – arrivando a occupare i piccoli spazi disponibili ogni giorno. Sembra quasi che Giovanni voglia impadronirsi per sempre di ogni momento della sua vita e del suo sguardo sul mondo. La vecchiaia è stata lunga e serena, ma una certa tristezza traspare dalla frase asciutta con cui si apre (e si chiude) l’ultimo calendario. È quando Giovanni e la moglie si trasferiscono dal figlio, sulla Riviera ligure. Lapidaria la nota: “5 gennaio 1991: andati giù a San Salvatore”.
Oggi le previsioni meteo ci “piovono” addosso da ogni dove, spalmate per giorni, settimane, addirittura mesi. Non è più come fino a metà Novecento, anche la nostra gente, i nostri contadini dovevano scrutare il cielo e confrontarlo con i proverbi “per saper se domani si vive o si muore” (“Ciao Amore, ciao” di Luigi Tenco). Si può dire comunque che ogni nostro anziano aveva il suo collaudato repertorio di interpretazione dei “segni” del cielo.

Giovanni F. coltivava pure il desiderio di previsioni più attendibili e con metodicità ogni anno registrava i fenomeni atmosferici durante le Calende per poi “leggerle” e trarne utili indicazioni. Curioso il perché. Le Calende infatti – annota don Lagomarsini – cadono i primi 12 giorni di gennaio. Questi avrebbero a che fare, secondo la tradizione popolare, col tempo dei dodici mesi successivi. Saggia la conclusione di valenza temporale illimitata, perché fondata su un doppio principio logico-matematico: quello che è improbabile non è impossibile, quello che è probabile non è certo.
La conclusione spicciola sulla soglia di un nuovo anno è che abbiamo permanente, immutabile bisogno di persone che nel loro piccolo offrano la testimonianza coerente di impegno e di dedizione nella semplicità che è anche prova di responsabilità per ogni sacrosanto giorno che Dio manda sulla Terra. Sono questi esempi preziosi e fecondi che generano speranza.

C’era una volta il tempo anche di prepararsi gerle e gabbie artigiane in vimini e giunco intrecciati abilmente a mano per il trasporto a spalla di erba e fieno. Era il tempo della civiltà contadina stile “Albero degli zoccoli” di Olmi.

corna imagna

Qui siamo a Corna, in Valle Imagna. (foto: Maria Locatelli)

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI