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A cura di

ANACI Bergamo

Tribunale di milano

Lavoro in fune, assolto amministratore

Il caso consisteva nell’aver affidato una manutenzione di balconi con tecnologia in fune, invece di affidarli a una impresa che utilizzasse ponteggi

Un amministratore di condominio è stato assolto dal Tribunale di Milano per non aver commesso il fatto, che consisteva nell’aver affidato una manutenzione di balconi con tecnologia in fune, invece di affidarli a una impresa che utilizzasse ponteggi.

Il caso: colonna di cinque balconi d’angolo su due strade; c’era pacificamente la possibilità di montare ponteggi, ma la scelta – assembleare, tra preventivi con ponteggi, piattaforma mobile e funi – è stata di eseguire i lavori in fune; subito all’inizio lavori è avvenuta l’ispezione di ATS, che ha contestato la inidoneità della scelta ed emesso verbale sanzionatorio all’impresa (per violazione di un articolo di legge che dice che il datore di lavoro deve dare priorità alle misure collettive rispetto a quelle individuali) e poi anche al committente nella persona dell’amministratore per avere sbagliato la scelta e per non avere valutato idoneamente l’impresa.

Alla fine, quattro anni dopo l’ispezione, il datore di lavoro dell’impresa è stato assolto e due anni dopo (quindi sei in totale) anche l’amministratore. A noi interessa esaminare l’ultima assoluzione, sia nel merito che per le conseguenze delle scelte iniziali.

Le contestazioni all’amministratore erano estremamente discutibili fin dall’inizio: la scelta di un appalto non la fa l’amministratore, ma l’assemblea. Se c’è un difetto di scelta, questo va contestato a chi ha eseguito la scelta, non a colui che – ammessa la legalità della scelta – ha il compito di metterla in pratica. Però, l’eventuale difetto di scelta andrebbe contestato su un articolo di legge (d.lgs. 81/2008, art.90 comma 1) che non è sanzionato. Per questo motivo, con una capriola dialettica che non ha retto in giudizio, si è sanzionato l’articolo che dice che il committente deve verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese che eseguono i lavori, sbattendo contro l’evidenza: la ditta individuata era certamente, sia documentalmente che concretamente (essendo una delle più storiche rappresentanti del lavoro in fune in Italia), idonea a fare quel tipo di lavoro. Da qui l’assoluzione.

A posteriori è però troppo facile definire “scontato” un giudizio penale. In realtà quello che va considerato è il tempo trascorso dall’ispezione (settembre 2017) alla sentenza di assoluzione (giugno 2023). Questi sei anni comprendono le assemblee necessarie per spiegare ai condòmini perché i lavori si sono interrotti, l’impossibilità di riprenderli in fune (l’ATS è sempre stata contraria), un nuovo appalto per eseguire i lavori con ponteggi, le trattative economiche con la ditta in fune che riteneva di essere nella piena ragione, l’attesa per il verbale di sanzione (quattro mesi), la scelta di non pagare, il primo decreto penale di condanna, l’istituzione del giudizio, la buona notizia dell’assoluzione del datore di lavoro dell’impresa, le varie udienze, l’escussione dei testimoni, la richiesta di condanna del PM, fino alla liberazione della sentenza di assoluzione.

Tutto questo per dire che la scelta di affidare un lavoro in fune deve essere preceduta da una precisa illustrazione del tema all’assemblea e da un serio, attento esame di tutte le possibilità, che comprendano anche quella di essere ispezionati da tecnici della prevenzione che chiederanno conto – come è stato fatto nel caso dell’ultima sentenza, senza alcun bisogno di infortuni – del perché della scelta del lavoro in fune. Essere in grado di spiegare, e in maniera convincente, perché le misure di protezione individuali come le funi siano state preferite alle misure di protezione collettive (ponteggi o piattaforme), può essere il discrimine tra sanzione – giusta o ingiusta, si vedrà – e nessuna sanzione. Ma soprattutto una scelta ben fatta, ben illustrata e quindi consapevole, può evitare il blocco dei lavori e una o più problematiche assemblee per cambio appalto, lavori più costosi e quindi maggiori richieste economiche ai condòmini, prevedibili polemiche e contestazioni interne, qualche danno all’immagine all’amministratore ed anche le spese tecniche e legali per il giudizio (che, pur nella sacrosanta assoluzione, superano e di molto la sanzione vera e propria). Ma soprattutto potrà essere evitato il moltissimo tempo perso, che è la vera, temibile sanzione per un amministratore di condominio.

Ricapitoliamo: il lavoro in fune è perfettamente lecito, ma prima di utilizzarlo è bene 1) valutare che le alternative (ponteggi o piattaforma mobile) non siano più ragionevoli; 2) evitare di ragionare solo sull’aspetto economico; 3) illustrare ai condòmini le esperienze, ultimo il caso di cui a queste note, e i possibili risvolti; 4) prepararsi a spiegare a un organo di vigilanza perché si è scelto il lavoro in fune e non ponteggi/piattaforma.

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