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L'intervista

“La Scelta”, Remuzzi: “L’importanza del diritto al morire tra cura, dignità e volontà personali”

Il direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri: "La ristampa, aggiornata, di questo libro per ricordare che il paziente va accompagnato fino alla fine con amore e dedizione"

Bergamo. C’è il professore con le sue eccellenti competenze e con il suo infinito sapere. Ma c’è anche l’uomo che, proprio perché ha fatto del camice che indossa la sua missione, colora la sua professione con i dogmi della scienza ma, intimamente, ne fa proprie anche le pieghe più dolorose. Su una tela bianca, quella della vita vita e il suo corso, pennellate intense che fanno capo al sapere, che si accompagnano ad altre più leggere e sfumate, fino ad arrivare ad esaurirsi. Emozioni forti ma delicate che traboccano, incontrollate, quelle del “Prof” per antonomasia, in un racconto, il suo, che si snoda tra competenze, fatti di vita vissuti, cicatrici lasciate nel profondo, flussi di coscienza. Perché non si smette mai di essere medici, nemmeno quando ci si deve arrendere all’insufficienza delle cure. Questa è la lezione che c’insegna il Prof, questa è la riflessione che ti arriva dritta alla pancia, e che non può lasciare indifferenti.

Giuseppe Remuzzi, il professor Remuzzi, nefrologo di fama mondiale e direttore dell’Istituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri, tutto questo lo racconta alla perfezione, prendendo spunto dalla presentazione del suo libro, “La Scelta”, volume rieditato e aggiornato anche nei contenuti, in cui il medico affronta il tema del fine vita. Un argomento tanto complesso quanto delicato, oltre che estremamente che attuale. E lo fa con l’autorevolezza di chi sa armeggiare perfettamente la materia, ma anche con l’umanità di chi più volte, a braccetto con il paziente, ha raggiunto insieme a lui l’ultimo miglio.

Un momento fondamentale della vita, che interroga le coscienze non solo dal punto di vista medico, ma anche e soprattutto da quello etico e morale, tanto da essere, come ricorda Remuzzi, “l’unico vero punto di incontro tra scienza e fede”. Due grandi paradigmi chiamati a rispondere agli interrogativi della vita e a cercare di dare risposte facendolo in modo diametralmente opposto: chi con un metodo empirico e sperimentale e chi con l’assoluto mistero di chi sceglie di credere. Chi con una formula certa e chi con l’incredibile fascino del verbo. Ma resta il fatto che, per quanto mondi paralleli destinati a non incontrarsi mai, il punto d’incontro tra i due binari, in un sillogismo che ha dell’incredibile e dello sgomento, come sottolinea il professore, sta proprio nel tema della morte.

Il diritto a morire, il diritto e il dovere a lasciar andare, la possibilità di scegliere come affrontare il momento dell’addio e il come garantire il saluto a questo mondo in maniera dignitosa, evitando quanto più inutili sofferenze, terapie futili, questo è quanto racconta il professore. Un pensiero quanto mai vicino a quello di Papa Francesco, citato nel volume, del quale lo stesso Remuzzi ammette di aver invidiato il pensiero del “garantire un supplemento di saggezza” proprio nel momento della morte.

Perché c’è un limite, dice il professore, che non deve essere superato e perché il compito del medico non è solo quello di prendere per mano il paziente e studiare per lui il percorso clinico migliore finalizzato alla guarigione, ma è anche e soprattutto quello di accompagnarlo alla fine della vita.

Perché se non si è soli quando si nasce, non lo si deve essere nemmeno quando si muore. E perché, come insegnano le storie dei pazienti messe nero su bianco dal luminare bergamasco, l’importanza della presenza, dell’esserci non deve venire mai meno.

Bisogna saper amare e non abbandonare mai, come insegna Oscar the Cat, lo straordinario gatto di cui Remuzzi racconta la storia. Un felino con il fiuto per la morte che ha scelto di accoccolarsi, sul letto d’ospedale, vicino ad un paziente prossimo all’abbandono. L’ha fatto in maniera estremamente democratica, con un amore universale e indistinto. Lo stesso che questo libro ci lascia in eredità e ci invita a vivere.

 

 

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