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Iii domenica di avvento

La grande provocazione di San Paolo: “Siate sempre lieti”

“… Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi". È un invito fantastico e fonte di leggerezza e ugualmente ne sento l’importanza e la gravità

Nella nostra terza tappa del cammino di conversione verso il Natale, oggi mi coinvolge molto la grande provocazione che Paolo ci propone nella seconda lettura:

“… Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

È un invito fantastico e fonte di leggerezza e ugualmente ne sento l’importanza e la gravità.

Sarebbe davvero un grande ed efficacissimo esercizio di attesa e accoglienza del Natale Vero, se riuscissimo in qualche modo non solo a meditare questa esortazione per farla penetrare in noi, ma soprattutto se davvero ci credessimo e provassimo a viverla: “essere sempre lieti nella Parola…”

Magari riuscissimo ad essere presenti e a goderci la pienezza e la gioia della vita e della promessa che il Signore ci regala continuamente a partire dalla Parola!

Noi la Parola la ascoltiamo, l’abbiamo proclamata e ripetuta tante volte, ma ugualmente quanta distanza c’è tra il nostro “dire” la Parola, e il fatto che questa poi diventa quella scintilla generativa, che ci permette di preparare e percorrere le vie che portano alla pienezza della vita e che riempiono di gioia profonda. Sembrano cose di là da venire, eppure se vogliamo provare ad essere uomini e donne che tentano di essere discepoli del Signore, siamo chiamati a credere e rendere vita anche questo suo suggerimento: “siate lieti, pregate e confidate sempre, rendete grazie, non spegnete lo Spirito, non disprezzate la profezia che racconta del venire del bene”.

La Parola di Dio non è una favola, non è una storiella tesa a far star bene per qualche istante; bisogna che ci pensiamo perché forse troppo spesso siamo abituati a trattarla così.

La Parola di Dio, quello che diciamo essere “il Verbo fatto carne” è Parola robusta, Parola che ci propone la Verità del vivere con i piedi per terra e la luce del cielo nel cuore e negli occhi.

Davvero il passo da compiere oggi è quello di accogliere l’invito del Signore ad essere donne e uomini di Parola che sanno “lasciare spazio”, dare fiducia vera, permettere che lo Spirito sia anche in noi.

Essere donne e uomini che di conseguenza provano seriamente a vivere da fratelli e sorelle che portano il lieto annuncio ai miseri, fasciano le piaghe dei cuori spezzati, proclamano la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, promulgano l’anno di grazia del Signore…

Vedete, questo è quello che ci chiede di essere il Signore; questa è la conversione alla quale tendere per essere strada di Dio, e vivere questo è per noi fonte profonda di gioia piena.

Credo davvero che la nostra Fede o è questo o non è Fede evangelica e soprattutto non sarà mai qualcosa che ci riempie di letizia e ci fa dire grazie.
Credo che anche questa sia la grande sfida del Natale, la grande sfida della gioia!
Non possiamo negare che in certi momenti la nostra predicazione e l’atteggiamento della Chiesa ci abbiano spesso insegnato più a lamentarci che a reagire, a concentrarci su questioni apparentemente spirituali dimenticando che il cammino di Dio si svolge nella realtà della storia e nella carne degli uomini.

Mi capita moltissime volte di sentirmi dire che parlare di poveri, di economia, di cura del bene comune, di politica, di giustizia, di ambiente è parlare di cose che non c’entrano con la Chiesa.
Una scorrettezza incredibile se consideriamo che la Chiesa è chiamata, per sua vocazione profonda, a essere un bagliore di Dio che si fa carne per occuparsi della storia.
Sento molte persone che mi raccontano, e a volte con ragione, che la Chiesa è diventata un ulteriore carico da sopportare, aggiungendosi ai molteplici pesi già presenti nella vita.
Lo so che tante volte anche io sono cascato in quella maledetta tentazione di raccontare di più quello che non c’è, quello che manca, quello che abbiamo smarrito, quello che dovrebbe esserci, di dire di più quello che non siamo, i “peccati” che abbiamo fatto, invece che la bellezza e la Grazia che non smette di germogliare, fiorire e portare frutto; sono stato tante volte un narratore di mancanze invece che un visionario di possibilità.

Certo, ci accorgiamo e ce lo diciamo senza paura che ci sono state generazioni cresciute con la consegna di una religione che aveva più a che fare con il terrorismo spirituale che con la buona notizia del Vangelo. Ma è anche vero che oggi, per fortuna, meglio sarebbe dire per Grazia, ci troviamo liberamente, come fratelli e sorelle, come comunità che davanti alla Parola di Dio si possono confrontare, ascoltare, lasciarsi illuminare dallo Spirito che soffia dove vuole e continua a ripeterci: “Tu vali! La tua vita vale! La tua vita è chiamata ad essere ricerca della gioia, Voce che dona agli altri la stessa Parola di Dio. Tu puoi essere colui che attraversato dalla Grazia, nella comunità, spende la vita per raddrizzare le vie tortuose e complicate, colmare le fratture, ritessere strappi e sfilacciamenti, anticipare speranze, far ritornare alla sorpresa e allo stupore di quando si vede che i deserti sanno ancora fiorire e che per gli afflitti c’è una liberazione …

Faccio mia l’immagine di un prete a me caro, Angelo Casati, che definisce la figura di Giovanni Battista come un “dirottatore”, uno che permette allo Spirito, diventa carne di quello Spirito che fa cambiare rotta.

Bellissima immagine che ci dice in altro modo cosa sia la conversione che ci è chiesta, ci dice cosa significa essere discepoli del Signore.
La gente va da lui a chiedergli se è lui il Signore, se è lui la Parola…
Non è un passaggio scontato dirottare altrove perché è facile che dal di dentro nasca la tentazione antica di diventare anche noi dei “se-duttori”, coloro che invece che condurre a Dio e alle strade della gioia conducono a sé stessi.
È una cosa di cui stare davvero stare attenti, un atteggiamento che potrebbe trasformarsi nel grande peccato del mettersi al posto di Dio, provocando dei disastri.
È un sogno che non vogliamo smettere mai di seguire quello di una comunità, una Chiesa che sa accogliere le persone, che se ne prende cura e allo stesso tempo sa dire che Dio è di più e che per incontrarlo non bisogna stare chiusi né lì, né altrove, ma bisogna avere il coraggio e la robustezza spirituale, quella che nasce della Parola, di essere come Giovanni che sa dire che c’è altro da conoscere, che c’è un altro che ancora è da scoprire e da incontrare.

Agli uomini delle istituzioni che vanno da lui e fanno questioni di titoli, di cariche: con che titolo battezzi?
Sei importante? Abbastanza importante?
Dicci la tua identità: chi sei?
Il Battista spazza via tutte queste dissertazioni sull’identità scintillante e le ironizza con quel “io non sono”, e poi dice: basta che voi sappiate che sono una voce, per dire un “Altro”, non parlo di me, parlo dell’Altro… Credo davvero che da pover’uomini quali siamo, avremmo davvero poco da poter dire e sperare sul futuro, sulla giustizia, sull’anno di Grazia e di Misericordia che Dio continua a proporre…

Avremmo proprio ben poco da Dire.

Ma se noi siamo voce di una Parola, veicolo di una Forza, riflesso di una Speranza più grande della nostra allora davvero, come dicevamo in partenza, per noi e per chi è accanto noi sapremo vivere e raccontare della letizia che apre al cielo illuminando la terra.

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