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Grumello del monte

Non ha ucciso Campa per futili motivi: le motivazioni della richiesta di appello di El Makkaoui

I legali del 24enne chiedono che le attenuanti generiche vengano riconosciute come prevalenti

Grumello del Monte. Non sarebbero affatto futili, secondo la difesa, i motivi che hanno spinto Hamadi El Makkaoui ad uccidere a martellate l’imprenditore Anselmo Campa, il 19 aprile 2022.

Ad armare la mano del giovane marocchino, 25 anni, problemi di droga, ludopatia, un credito che il ragazzo vantava nei confronti della vittima e, non da ultimo, il rapporto che c’era tra i due. Luca, come si faceva chiamare Hamadi, vedeva in Campa un secondo padre, che lo aveva accolto in casa sua e lo sosteneva, dato che per anni è stato fidanzato della figlia dell’imprenditore. Una figura che El Makkaoui aveva idealizzato e dalla quale, il giorno dell’omicidio, si è sentito respinto.

Gli avvocati Robert Ranieli e Maria Altomare Bosa, difensori dell’imputato, hanno presentato ricorso in Appello contro la sentenza emessa il 30 giugno scorso dalla Corte d’Assise di Bergamo, che ha condannato Luca a 23 anni di reclusione.

La ludopatia e la tossicodipendenza

Il primo riguarda la tossicodipendenza e la ludopatia delle quali soffriva l’imputato. Pur non essendo state certificate come patologie, secondo la difesa queste due condizioni hanno giocato un ruolo fondamentale nell’omicidio.

E, come si legge nella richiesta di appello, è la stessa Corte d’Assise che ne sottolinea la gravità. Si parla infatti di “spasmodica necessità”, “gioco compulsivo”, “un pensiero fisso nella mente dell’imputato, dominante”, “incontenibile bramosia”, “incapacità dell’imputato di porre un freno alle proprie pulsioni ludopatiche”, “esacerbata dall’eccessivo consumo di sostanza stupefacente del tipo cocaina”, “in progressivo aumento”.

È la Corte di Bergamo “che evidenzia come il desiderio del gioco d’azzardo e dell’uso di cocaina era diventato, irrefrenabile, incontenibile, necessario, e quindi all’evidenza patologico”, scrivono i legali.

I soldi dell’auto

C’è poi la questione del credito che El Makkaoui vantava nei confronti di Campa. L’imprenditore, nel periodo in cui la figlia conviveva con il 24enne, gli aveva lasciato in uso un’auto che Luca stava pagando versando periodicamente una somma. Era arrivato a saldare più di 5mila euro quando, dopo che la coppia si era separata, Anselmo aveva rivenduto l’auto per 9mila euro. Hamadi si era presentato più volte per chiedere che gli venisse restituito, almeno in parte, quanto versato. L’aveva fatto anche la sera dell’omicidio: si era presentato a casa dell’imprenditore, che si era rifiutato ancora una volta di restituire il denaro ed aveva insultato il giovane, che in risposta aveva afferrato un martello trovato in casa e aveva più volte colpito Campa, lasciandolo poi esanime sul pavimento.

Le condizioni psicologiche dell’imputato

Come emerso durante il processo, El Makkaoui è una persona con un passato difficile, fatto di abbandoni da parte del padre, della madre e della sorella maggiore, che lo aveva cresciuto. Il consulente della difesa parla di “una storia di deprivazione affettiva, a cui è seguito uno stato di difficoltà nell’apprendimento, bullismo, incapacità di espressione e socializzazione con una dimensione dominante di coartazione, inadeguatezza e carenza di autostima, definito come disturbo depressivo persistente e disturbo di personalità NAS e borderline”.

Anselmo Campa rappresentava quindi per Luca “un padre, che lo aveva aiutato, moralmente ed economicamente, e, allorquando l’imputato si è recato a casa sua e gli ha chiesto l’aiuto economico e si è sentito respinto, anche con forza, con un forte litigio e offesa, El Makkaoui ha vissuto l’ennesima esperienza di abbandono ed emarginazione, la espulsione che aveva vissuto nella vita e gli aveva creato lo scompenso psicologico, di cui ha sempre sofferto, e si è creato in lui un corto circuito emotivo”.

Le attenuanti generiche

La Corte d’Assise ha ritenuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. La difesa, alla Corte d’Appello, chiede che vengano riconosciute come prevalenti.

“L’immediata e totale consapevolezza del fatto commesso, testimoniata dall’ammissione del fatto, dal tentativo di suicidio nel carcere di Bergamo per il peso sulla coscienza, nonché dal pensiero sul reato e sulla sua vita sua e dei famigliari della vittima, riferito dagli operatori del carcere che lo hanno assistito” sono le ragioni presentate dalla difesa nella richiesta di rivedere la decisione del tribunale di Bergamo.

Lo psicologo del carcere, sentito come teste a processo, ha riferito che El Makkaoui è “schiacciato con un peso di una tonnellata dalla consapevolezza della irrimediabilità di quanto lui stesso ha fatto accadere. Hamadi si sente mostruosamente colpevole, pertanto dalla sua bocca è difficile che esca, non so “Io volevo bene a questa persona, questa persona voleva bene a
me”, perché quello, cioè Hamadi dico che lo ha uccisio, vive un senso di malessere, di frastornamento, di confusione, di dolore, per cui lui si sente persino colpevole nel dire che con la persona che ha ucciso aveva un rapporto … praticamente non ha il coraggio, non ha l’impudenza, in un certo senso, di ricostruire il legame tra lui e l’uomo”.

La giustizia riparativa

I legali hanno chiesto per il loro assistito l’avvio di un percorso di giustizia riparativa, che è in fase di valutazione. Si tratta di un percorso, facilitato da un mediatore, in cui l’imputato e la parte lesa affrontano per permette al primo di responsabilizzarsi e alla seconda di esprimere i propri sentimenti ed emozioni in relazione alla lesione subita. Il fine è quello di risanare il legame con la società spezzato dal fatto criminoso.

 

corte d'appello brescia

 

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