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La manifestazione

Bergamo torna in piazza contro i femminicidi e la violenza di genere

La rete spontanea e informale contro la violenza di genere torna in piazza a Bergamo, appuntamento per venerdì 8 dicembre alle 17 in Largo Rezzara

Bergamo. Venerdì 8 dicembre alle 17 in Largo Rezzara (accanto a Piazza Pontida), Bergamo torna in piazza contro i femminicidi e la violenza di genere.
Il presidio e l’assemblea aperta sono promossi ed organizzati da Non una di meno Bergamo.

“Condivideremo pensieri, vissuti, rabbia, storie, idee e proveremo a confrontarci su quanto sentiamo di dover fare nei mesi a venire per non far calare la straordinaria attenzione che si è creata sul fenomeno della violenza di genere e patriarcale – si legge in una nota -. La situazione dei femminicidi e della violenza in tutto il paese è tale e tanto grave, anche nelle nostre città e provincia (anche qui ogni anno centinaia di nuove richieste d’aiuto arrivano da parte di donne e altri soggetti che subiscono violenza, soprattutto all’interno di famiglie e relazioni affettive) che ci sentiamo di non avere alternative: non possiamo che vivere in una sorta di mobilitazione permanente, sempre pronte a tornare nelle strade a gridare “mai più”, per Giulia e per tutte”.

Martedì 6 dicembre, si sono svolti i funerali di Giulia Cecchettin, la cui terribile morte ha segnato un passaggio nelle percezione e consapevolezza collettive: da qui non si tornerà più indietro, qualcosa è cambiato profondamente, d’ora in poi la lotta alla violenza sarà ancora più condivisa, radicale, ampia.
Il padre di Giulia, Gino Cecchettin, durante il funerale ha detto: “Dobbiamo trasformare la tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia è stata sottratta in maniera crudele, ma la sua morte può e deve essere il punto di svolta per mettere fine alla terribile piaga della violenza sulle donne (…). Ci sono tante responsabilità – ha continuato – ma quella educativa ci coinvolge tutti. Mi rivolgo prima agli uomini: parliamo agli altri maschi, per primi dobbiamo dimostrare di essere agenti di cambiamento, contro la violenza di genere. Non giriamo la testa di fronte a determinati gesti, anche i più lievi. Insegniamo ai nostri figli ad accettare anche le sconfitte, facciamo in modo che tutti rispettino la sacralità dell’altro”.

“Non possiamo che ringraziare questa famiglia e ammirare il coraggio e l’intelligenza che dimostra. Non possiamo che far nostre le parole di questo padre, distrutto dal dolore ma capace di desiderare che il dramma costato la vita alla sua giovane figlia possa essere chiave per un cambiamento radicale nella nostra società – prosegue la nota -. Per questo, ancora una volta, rinnoviamo il nostro appello a tutta la cittadinanza: unitevi a noi, scendete in piazza, condividiamo dolore, rabbia e voglia di cambiamento. Per Giulia, per tutte, perché non accada mai più. Perché la cultura del rispetto prenda finalmente il sopravvento su quella della sopraffazione. Perché possiamo vedere quanto prima nuovi e più numerosi percorsi educativi destinati alle e ai più giovani, che allaccino un legame tra scuola e famiglia capace di valorizzare rispetto e solidarietà. Perché le realtà organizzate che supportano chi subisce violenza abbiano sempre maggiore riconoscimento e supporto dalle istituzioni di tutti i livelli, per accompagnare i percorsi di uscita dalla violenza nel rispetto delle scelte e della soggettività delle donne e di coloro che chiedono aiuto”.

“Siamo una rete assolutamente spontanea e informale che si è creata grazie all’urgenza di dare una risposta pubblica e collettiva al femminicidio di Giulia Cecchettin – conclude la nota -. Una rete fatta di associazioni, gruppi, collettivi e persone singole: realtà che da anni lavorano o si misurano in vari modi sul tema della violenza, ma anche persone che per la prima volta rovano ad occuparsi di questo fenomeno. Quello che conta, e che ci unisce, è il fatto di essere persone stanche di assistere impotenti al susseguirsi di femminicidi, persone che desiderano creare una risposta collettiva alla violenza sistemica che la nostra società esprime. Scegliamo di non avere un nome, una sigla, e di “sciogliere” le nostre soggettività in questa mobilitazione comune continua, che speriamo possa contribuire a porre fine alla violenza come strumento di relazione e soluzione dei conflitti, e all’affermazione finalmente della cultura del rispetto, del riconoscimento delle diversità, della pace. Per tutte, per Giulia”.

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