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La novità

“Iliade. Il gioco degli dèi”, il nuovo lavoro Alessio Boni dal 12 dicembre al Teatro Donizetti

Presentato a Roma il nuovo spettacolo, a Bergamo si terrà la prima nazionale, il 12 dicembre prossimo (con repliche fino al 18) al Teatro Gaetano Donizetti

Ora, ditemi voi se l’idea di portare in scena l’Iliade di Omero non farebbe gelare le vene ai polsi a chiunque, registi attori produttori privati o pubblici; sono certo, infatti, che trepidazione e turbamento, almeno un po’, serpeggino nel gruppo che fa capo a Alessio Boni, protagonista maschile, regista e drammaturgo di Iliade. Il gioco degli dèi, il nuovissimo spettacolo prodotto dalla Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo insieme alla compagnia Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, alla Fondazione Teatro della Toscana e al Teatro stabile del Friuli Venezia Giulia.

Proprio a Bergamo si terrà la prima nazionale, il 12 dicembre prossimo (con repliche fino al 18). Eppure ciò che traspare dalle dichiarazioni di Boni e degli amici e colleghi coinvolti in questo progetto ambiziosissimo è prima e innanzitutto un entusiasmo genuino, la gioia di lavorare insieme con grande affiatamento e con lo scopo, preciso e consapevole, di condividere con gli spettatori princìpi e valori universali suggeriti dall’indagine intorno al poema omerico. Dichiarazioni rese stamattina durante la conferenza stampa tenutasi nella sala prove del Teatro Ambra Jovinelli, uno spazio sotterraneo in cui lo spettacolo va prendendo forma in questi giorni.

L’inizio è tutto nel nome di Bergamo e del Teatro Donizetti: l’assessore alla cultura Nadia Ghisalberti ha tenuto a sottolineare come la designazione della città orobica a capitale italiana della cultura (insieme alla vicina Brescia) per il 2023 sia servita da stimolo per la ripartenza dopo la pandemia, per ristabilire i legami recisi in tutta l’area durante e dopo i lockdown: “L’unanimità mostrata da governo e parlamento nel nominare Bergamo e Brescia e il fatto che tutte le località che avevano avanzato una candidatura si siano ritirate ci ha fatto sentire abbracciati”. “La giunta comunale considera la cultura – continua la Ghisalberti – un motore essenziale di sviluppo socio-economico, una forza rigeneratrice: la cultura trasforma la città, i singoli quartieri in comunità coese. E trovo molto bello che la chiusura di un anno così importante e pieno di soddisfazioni sia affidata a una creazione frutto di una rete venutasi a creare tra teatri di città diverse e lontane tra loro. Una rete che mi auguro possa durare nel tempo”.

Non meno entusiasta, anzi di più, Giorgio Berta, presidente della Fondazione Teatro Donizetti, ringrazia per l’opportunità di tessere nuove, proficue collaborazioni offerta da quest’Iliade, spettacolo in cui ravvisa uno dei vertici del percorso iniziatosi nel 2019 col restauro del massimo teatro bergamasco. Infine, Massimo Boffelli, direttore generale del Teatro Donizetti, comincia con modestia, parlando delle “piccole esperienze” di produzione nella prosa fatte in passato dalla Fondazione, poi passa a sottolineare con legittimo orgoglio il numero degli abbonati alla stagione di prosa (“ben 5000 in una città piccola e di provincia come la nostra”), il legame di Alessio Boni con Bergamo, la sua disponibilità verso le istituzioni, il suo affetto verso gli abitanti (Boni, si sa, è un quasi concittadino, provenendo da Sarnico sul Lago d’Iseo, 30 km appena), ribadisce l’intenzione, già espressa dal presidente Berta, di investire  oltre che sull’opera lirica anche sul teatro di parola, si mostra soddisfatto della collaborazione con Maria Grazia Panigada (direttrice artistica del settore prosa del Teatro Donizetti) e con i coproduttori. La quale Panigada, dal canto suo, fa un’affermazione apparentemente ovvia, ma che oggi assume quasi il valore di una rivendicazione polemica: “È così bello lavorare con persone che hanno cura delle cose”.

Iliade. Il gioco degli dèi - foto Rossetti

Chi sono queste persone? Marco Balsamo, direttore di Nuovo Teatro, Alessio Boni, i suoi coregisti e cointerpreti: Iliade. Il gioco degli dèi è un lavoro teatrale di Francesco Niccolini che si dichiara “liberamente ispirato” a Omero; su di esso ha preso corpo la drammaturgia a cura dello stesso Niccolini, di Boni, di Roberto Aldorasi e di Marcello Prayer. A Aldorasi, Boni e Prayer è affidata anche la regìa, una regìa a sei mani che, si lascia scappare Prayer, “comporta la rinuncia al protagonismo per lasciar vincere la partecipazione corale, collettiva”.

L’idea iniziale dello spettacolo risale a quattro anni fa; non c’è unanimità sul luogo dove quest’idea si formò: c’è chi dice Genova, chi Savona, chi La Spezia. Tutti invece concordano sul sudore pluriennale che la messa a punto del testo ha spremuto dagli autori. Continua Boni: “Il nostro lavoro di gruppo parte sempre dal presupposto di portare in scena e proporre al pubblico – un pubblico che non conosce barriere di cultura, estrazione sociale, disponibilità economica – un testo di primaria importanza, un caposaldo della letteratura non espressamente destinato al teatro, di quelli che per impegno e costi nessuno vuol fare. Nell’Iliade omerica abbiamo avvertito un sentore di decadenza ch’è quello del nostro tempo, così diverso dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento, caratterizzati da un afflato al cambiamento, afflato quanto si vuole sbagliato ma meraviglioso. Oggi ci sentiamo smarriti dinanzi alla prevalenza del virtuale sul reale, inoltre dopo la pandemia ci siamo ritrovati coinvolti in due guerre spaventose scatenate dai giochi di potere di alcuni oligarchi. Proprio come nell’Iliade, dove gli oligarchi sono gli dèi. Non è cambiato nulla da allora: la società umana vive sulla guerra. Dire che la guerra è brutta non serve a niente se non capiamo, se non accettiamo che anche noi veniamo da lì, che siamo manipolati dal potere, il quale è in grado di mobilitarci, di farci andare al massacro per una qualsiasi futilità. Dobbiamo essere noi a cambiare nel profondo, ed è inutile opporsi all’idea che tutto ciò (compresi gli episodi terribili di cronaca nera) sia una conseguenza del patriarcato, perché noi respiriamo, siamo emanazione della cultura patriarcale, una cultura fatta anche di violenza e sopraffazione”.

Nello spettacolo tutto ha inizio con un raduno degli dèi soppiantati dal monoteismo imperante; rammentando i fasti antichi decidono di rievocare la più celebre delle loro imprese nefaste, la guerra di Troia, e così ciascuno di loro si ritrova a interpretare uno o più d’uno degli umani e semidèi coinvolti nel conflitto.

“Manca ancora il finale, non lo abbiamo ancora concepito, ci stiamo pensando”, aggiunge Boni, prima di passare a ringraziare i collaboratori alla regìa, alle scene (Massimo Troncanetti, che mescola spazio reale – sabbia, cielo, sole, mare – e mentale – specchi riflettenti), ai costumi (Francesco Esposito), alle luci (Davide Scognamiglio), alla musica (Francesco Forni), alle creature e oggetti id scena (Alberto Favretto, Marta Montevecchi, Raquel Silva), gli attori – vecchie conoscenze, Elena Nico, “bellissima samurai di Belluno”, Francesco Meoni, il citato Prayer, “l’ho incontrato nell’89 a lezione da Orazio Costa Giovangigli, da lì non ci siamo mai più mollati”, accanto a nuovi ingressi: Iaia Forte, protagonista femminile nei panni di Era, Jun Ichikawa, “un’Afrodite di sensualità internazionale”, Haroun Fall –, i produttori. E conclude dedicando un plauso affettuoso a Bergamo: “Da più fonti so che non solo si è ripresa, ma si sta riaprendo alla cultura viva e intensa”.

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