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Tribunale

Dj Miky a processo per usura. La vittima: “Così pretendeva il denaro”

L'imprenditore aveva chiesto un prestito all'ex voce di Radio Studio 54 il quale, di fronte alle difficoltà nella restituzione, lo aveva minacciato con botte e pistola

Treviolo. “I carabinieri me lo avevano chiesto, ma io non ho mai voluto fare denuncia perché ho paura di Miky. Se lo denuncio, la mia denuncia si tramuta in morte. E so che, per il suo stato di salute, non farà mai un giorno dentro”.

È quanto ha dichiarato martedì 28 novembre G.M., 53 anni, al processo che lo vede presunta vittima di usura nei confronti di Luciano Di Marco Pernice, 72 anni, di Bonate Sopra, in arte Miky, ex dj e titolare della storica radio Studio 54, finito nei guai già negli anni ’90, quando era stato arrestato ma era riuscito a fuggire in pigiama dagli Ospedali Riuniti di Bergamo rifugiandosi per un periodo in Nicaragua.

Miky per questa vicenda era finito in manette nell’aprile 2021 insieme a Giuseppe Pasinetti, 62 anni, di Borgo di Terzo, rapinatore della Valcavallina, e a Roberto Taiocchi 55, di Azzano San Paolo. I due sono stati condannati nei giorni scorsi in abbreviato, come altri due indagati a piede libero dell’indagine: Elvis e Dario Nicolini, mentre Mirko Vacante, 39 anni, di Urgnano, è stato rinviato a giudizio.

Il teste G.M. è stato anche consigliere provinciale di Ascom Bergamo, ed è tuttora titolare di un bar a Treviolo. A far crollare la sua condizione economica erano stati i fallimenti di due società: la prima con cui gestiva delle stazioni di servizio, la seconda che si occupava della distribuzione di depuratori per rubinetti di acqua. In aula ha raccontato che il primo prestito da Miky lo aveva ottenuto a metà del 2016: “Lo conoscevo perché a 16 anni avevo lavorato nella sua radio come dj”.

Il 53enne si era fatto prestare 20mila euro, da restituire in un mese con tasso di 3-3,5% ogni 15 giorni. Le prime scadenze le onora senza troppi problemi, tanto che Miky gli concede fiducia già dal primo prestito: “Vedo che sei un bravo ragazzo, se questi 20mila euro ti servono, puoi tenerli e continuiamo così”, gli dice.

Ma le cose nel giro di qualche anno precipitano. “A un certo punto ero diventato un cane che si mordeva la coda: mi facevo prestare i soldi da uno per poter saldare il prestito ottenuto da un altro. Nessuno mi dava più una mano, la mia società non navigava in buone acque e non sapevo più come reperire denaro”, ha raccontato in aula. A maggio 2019 si rivolge a un imprenditore strappandogli un prestito all’8% di interessi. “Con quei soldi sono corso da Miky per darglieli – è stato il suo racconto a processo -. Quando lui l’ha saputo è venuto da me, mi ha dato una sberla, mi ha puntato una pistola, mi ha insultato dicendomi: “Ti sei fatto prestare i soldi da Tomas per darli a me, bene, da oggi il tasso sale all’8%”.

L’uomo fatica sempre di più a reperire denaro. Chiede aiuto anche ai suoi dipendenti. Uno di questi a un certo punto lo indirizza verso Roberto Franzé, 47 anni, calabrese di Pumenengo, finito in un’inchiesta perché ritenuto vicino alla cosca Romano di Vibo Valentia. “Mi sono fatto prestare 40mila euro dietro la promessa di restituirli in 4 mesi con interesse al 10% al mese. Alla fine a Franzé dovevo in tutto 170mila euro e lui per riaverli il 9 marzo del 2020 mi ha puntato una pistola alla tempia e mi ha rotto 4 costole. Rispetto a Franzè, Miky era un bambino. Franzè usava metodi ’ndranghetisti”.

Di Marco Pernice, stando alle accuse dell’imprenditore, però in qualche occasione eccede. Il 5 gennaio 2020 l’ex dj, alla presenza di uno dei figli, di Franzè e di un imprenditore, insegue il 53enne all’interno del bar di Treviolo con una pistola e un coltello, stando a quanto ha raccontato in aula la presunta vittima.  Ma di quella reazione Miky si pentirà, se – come ha confidato il teste – il giorno dopo gli telefona scusandosi e dicendogli che da lì in poi pretenderà solo il capitale e non più gli interessi.

“Fin lì avevo versato 200mila euro a Miky. Lui ne voleva altri 80 mila in rate da 8mila al mese – ha spiegato -. Mi ha costretto a vendergli la mia auto, una Golf che ha valutato 12-14 mila euro, cifra che ha poi scalato dal credito. E così ora, gli dovrei circa 68 mila euro”.

Ad aiutare economicamente il barista era intervenuta anche la donna con cui da anni ha una relazione. E di fronte alle difficoltà a restituire il prestito, Miky non aveva esitato ad aggredire e insultare pure lei. “Mi ha strattonata, ma io ho reagito dandogli un ceffone”, ha dichiarato a processo.

Le ultime minacce, stando al racconto dell’uomo, a dicembre 2021, quando Miky, che da poco aveva terminato di scontare gli arresti domiciliari, e uno dei figli si erano presentati al bar di Treviolo. “Mi ha intimato: “Tu a processo devi dire che i soldi ti servivano per le fatture”, ma io non ho accettato e a quel punto ho chiamato i carabinieri”, ha dichiarato il 53enne.

La prossima udienza è fissata per il 27 febbraio.

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