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21 anni la sentenza

“Non fu legittima difesa, Patelli scese col coltello in mano”: condannato anche in Appello, le motivazioni fotogallery video

L'omicidio dell'8 agosto 2021 in via Novelli a Bergamo: un vicino lanciò dal balcone un sacchetto dell'umido per cercare di disarmare il 21enne prima che colpisse a morte Marwen Tayari

Non può essere stata legittima difesa, perchè l’imputato è sceso da casa sua con il coltello in mano e intenzionato a colpire il rivale dopo un precedente battibecco per futili motivi. Sono queste in sintesi le motivazioni della sentenza in Appello che ha confermato il verdetto nei confronti di Alessandro Patelli, il 21enne di Bergamo condannato in primo grado a 21 anni per l’omicidio del tunisino Marwen Tayari, 34 anni.

I fatti risalgono alla mattina dell’8 agosto 2021, in via Novelli, nei pressi della stazione, davanti al portone del palazzo in cui il giovane abitava con i genitori. Secondo quanto ricostruito, quel giorno Patelli era uscito per raggiungere in Vespa i parenti nella cascina di famiglia a Trescore Balneario. Tajari, la compagna Eleonora Turco e le loro due figlie di 2 e 12 anni erano seduti sui gradini davanti al portone di casa del ragazzo. Stavano riposando dopo aver fatto un giro in città.

Patelli era già arrivato al garage, quando si accorse di aver lasciato il casco in casa. Nell’imboccare il portone dello stabile aveva urtato la figlia più grande della coppia e Tayari lo aveva ripreso. Dopo un breve diverbio il giovane era risalito, si era infilato gli auricolari nelle orecchie, aveva indossato il casco ed era uscito di nuovo. In mano aveva anche un coltello a farfalla con la lama da 9,5 centimetri, con il quale una volta sceso, dopo alcune minacce al tunisino e una colluttazione, lo aveva colpito sei volte al collo, al torace e alla gamba sinistra uccidendolo.

Dopo la condanna in primo grado della Corte d’Assise di Bergamo, Patelli è ai domiciliari in un’abitazione fuori città. Nel suo Appello a Brescia il legale del ragazzo, Ivano Chiesa del Foro di Milano, ha insistito sulla legittima difesa e sull’esclusione dei futili motivi riconosciuti dalla sentenza definendola “esagerata”.

La Corte ha invece accolto la richiesta del procuratore generale Domenico Chiaro, confermando la condanna a 21 anni e provvisionali per un totale di 300mila euro ai parenti della vittima, con le attenuanti generiche riconosciute come equivalenti alle aggravanti dei futili motivi e dell’omicidio commesso di fronte alla famiglia della vittima.

“Non può esserci legittima difesa perché la situazione di pericolo non l’aveva creata Tayari, ma lo stesso imputato – si legge nelle motivazioni della sentenza – tornando giù armato di coltello senza una plausibile giustificazione e lanciando la sfida con minacce del tipo ‘Vieni a qui adesso’ oppure ‘Vuoi vedere cosa ti faccio'”.

Smentita anche la tesi secondo la quale il ragazzo aveva preso la lama per portarla in cascina, come da lui dichiarato: “In questo caso l’avrebbe custodita nello zaino che indossava e che conteneva anche la carne. Non lo avrebbe di certo impugnato per minacciare in modo irridente il rivale”, chiariscono i giudici.

“Da un lato c’era il tunisino disarmato e che aveva già appoggiato a terra la bottiglia di birra, dall’altro il 21enne con il casco in testa e il coltello in mano”, la scena dell’omicidio ricostruita dai giudici.

Sempre nelle motivazioni, emerge poi un particolare di quel giorno: un vicino di Patelli si affacciò dal balcone e vedendolo con il coltello in mano di fronte a Tayari lanciò un sacchetto dell’umido e mancò di poco il giovane: un disperato tentativo per cercare di disarmarlo prima di quel gesto che ha rovinato due famiglie.

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