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Lirica

Al Donizetti in scena “Alfredo il Grande”, il maestro Rovaris: “Successo sorprendente, una gemma nel finale”

Il maestro Corrado Rovaris, che dirige l'opera: "Lavorando sulla partitura abbiamo scoperto parti di notevole pregio. È stata una grande soddisfazione riscontrare l'entusiasmo del pubblico"

Bergamo. “La prima di questo spettacolo è stata un successo sorprendente, che ha dato valore al lavoro svolto su questa partitura”. Così il maestro Corrado Rovaris illustra “Alfredo il Grande”, opera lirica di Gaetano Donizetti che ha diretto domenica 19 novembre al Teatro Donizetti, nel cuore di Bergamo.

L’esibizione, inserita nel cartellone del festival Donizetti Opera 2023, ha ottenuto un ottimo gradimento da parte del pubblico, che ha riservato calorosi applausi ai suoi interpreti, ai musicisti e a tutto il cast. Verrà proposta in replica venerdì 24 novembre alle 20 sul prestigioso palcoscenico cittadino: abbiamo intervistato il maestro Rovaris per saperne di più.

Perché è stato importante inserire quest’opera nel programma del festival?

Penso che per il Donizetti Opera sia doveroso riproporre titoli che, per vari motivi, sono stati abbandonati dal grande repertorio. Le ragioni per cui non sono stati più eseguiti possono essere le più diverse e molto spesso non sono dovute alla qualità dello spettacolo. Nell’ambito del progetto #donizetti200, il festival si pone l’obiettivo di rappresentare in ogni edizione un’opera composta da Gaetano Donizetti nello stesso anno, ma due secoli prima. Nello specifico, “Alfredo il Grande” venne eseguito il 2 luglio 1823 segnando il debutto di un Donizetti ventiseienne al Real Teatro di San Carlo a Napoli, che all’epoca era la più importante “piazza” operistica italiana. Successivamente non venne più riproposto fino a domenica scorsa (19 novembre, ndr).

E cosa pensa di quest’opera?

Penso che sia molto bella e sono onorato di dirigerla. È interessante perché contiene passaggi significativi del processo evolutivo di Donizetti, che porteranno ai suoi capolavori successivi. Per chi ama il noto compositore bergamasco è importante ascoltare e vedere queste tappe intermedie: lavorando sulla partitura abbiamo scoperto parti di notevole pregio ed è stata una grande soddisfazione riscontrare l’entusiasmo del pubblico.

Gli spettatori hanno reagito bene: ci sono stati tanti applausi.

Si, la prima è stata un successo per certi versi sorprendente e per altri gli applausi del pubblico hanno dato valore al lavoro svolto su questa partitura.

Come mai questo spettacolo non è stato proposto per 200 anni?

I motivi per cui un titolo non viene proposto per tanto tempo possono essere molteplici. Come dicevo, non dipendono necessariamente dalla qualità dell’opera: le variabili che incidono sono parecchie. In questo caso bisogna anche considerare che Alfredo il Grande andrò in scena a Napoli che, per cinque anni, aveva contato sulla presenza di Gioachino Rossini. Quando Donizetti arrivò al San Carlo, dopo i successi rossianiani, era ancora in una fase evolutiva della sua produzione artistica e non era di certo facile subentrare a un compositore così affermato.

Cosa ha apprezzato maggiormente di quest’opera?

Innanzitutto il cast: è ottimo e vanta artisti di notevole levatura. Il regista, inoltre, ha trovato una chiave di lettura molto interessante. L’ultima scena, con la grande aria del soprano che presenta tutti i protagonisti in scena, i solisti più il coro, ma anche una banda di 23 elementi sul palco, è molto emozionante. C’è un dialogo continuo fra soprano, orchestra, banda, coro e protagonisti: non è molto consueto e arricchisce il finale con una vera e propria gemma.

Come viene percepito Donizetti all’estero?

Viene molto rispettato. La considerazione verso di lui sta aumentando sempre più anche grazie all’organizzazione di questo festival. Qualche anno fa ho diretto a Toronto “Roberto Devereux”, meravigliosa opera donizettiana: il pubblico l’ha apprezzata moltissimo riempiendo un grande teatro e abbiamo dovuto inserire più repliche in cartellone.

Perché Donizetti piace?

È una figura fondamentale del panorama operistico dell’Ottocento italiano. Spesso era “costretto” fra Rossini e Verdi, due mostri sacri, mentre negli ultimi anni sta finalmente ottenendo sempre più luce propria.

Cosa rende attuale la figura di Donizetti?

Donizetti riesce a comunicare tantissimo, anche oggi, perché ha una sua modernità. Partendo da questa premessa, penso che sia importante attualizzare la messa in scena degli spettacoli sempre nel rispetto della volontà del compositore. Penso che sia importante trasmettere  il suo messaggio con un’estetica corrispondente a quella dei giorni nostri.

Per concludere, quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?

Dopo questo spettacolo andrò a Berlino per “Le nozze di Figaro”, poi tornerò a Philadelphia per il proseguo della stagione con “Madama Butterfly”. Un altro impegno sarà l’Artosphere Festival, il mio festival in America. Sempre oltreoceano, infine, sarò al Sante Fe Opera Festival.

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