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Il videomessaggio

“Giulia, vittima di femminicidio come la mia Yana: noi uomini dobbiamo imparare a lasciare andare”

Alla vigilia del processo a carico dell'ex fidanzato della figlia, Oleksandr Malaiko ha rivolto un messaggio ai familiari della giovane ritrovata senza vita vicino al lago di Barcis: "So cosa si prova, vorrei essere lì con voi. In Italia stiamo vivendo un incubo"

Romano di Lombardia. Attendersi un epilogo diverso era quasi da ingenui: il lieto fine, in storie come queste, non è previsto dal copione. Lo sa bene Oleksandr Malaiko, il padre di Yana, la 23enne originaria di Romano di Lombardia uccisa il 20 gennaio scorso a Castiglione delle Stiviere (Mantova) dall’ex fidanzato Dumitru Stratan. Dopo la scomparsa della figlia, anche lui aveva atteso invano un miracolo che non è arrivato. Il ritrovamento del corpo senza vita di Giulia Cecchettin, non può che riportarlo ancora una volta indietro a quei giorni di estenuanti ricerche e flebili speranze. Dilatando una ferita che, ad ogni modo, non si rimarginerà mai.

Alla vigilia di martedì 21 novembre, giorno in cui si aprirà ufficialmente il processo a carico dell’ex fidanzato di Yana, Oleksandr Malaiko ha rivolto un videomessaggio ai familiari di Giulia. “Quello che stiamo vivendo in Italia – dice – è un vero incubo, che nessuno dovrebbe vivere. Purtroppo so bene come ci si sente, il mio cuore e la mia anima sono con voi. Se me lo permettete, vorrei correre da voi per abbracciarvi e lottare insieme”.

Nel suo breve intervento, Malaiko ricorda che “sono 105 le vittime di femminicidio in Italia in 10 mesi”. Numeri che fanno rabbrividire, che non possono lasciare indifferenti. “Bisogna tornare a essere padri consapevoli di come si crescono i propri figli – aggiunge Malaiko -. Bisogna aiutare gli amici, i conoscenti che mostrano segnali di violenza a farsi seguire e aiutare. Se ognuno di noi farà qualcosa ogni giorno, se dedicherà un po’ della sua attenzione agli altri, vinceremo questa guerra”. Per tornare a “essere liberi in un mondo sano, dove un uomo e una donna possano convivere nel rispetto, prestando attenzione alla felicità dell’altro. Anche se questo vuol dire lasciarlo andare”.

L’ex ragazzo di Yana, Dumitru Stratan, 34 anni, come tanti altri non si era rassegnato alla fine della relazione. Il Giudice per le indagini preliminari ha fissato per il 21 novembre l’udienza preliminare in cui dovrà valutare la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pubblico ministero. L’accusa è pesante: omicidio premeditato mediante percosse e soffocamento violento, con le aggravanti della premeditazione e di aver commesso l’omicidio della persona con cui aveva avuto una relazione affettiva, oltre al reato di occultamento di cadavere al fine di assicurarsi l’impunità. In seguito alla confessione del 34enne, e considerata la gravità del fatto, sembra scontato che sarà accolta la richiesta della procura.

Secondo quanto emerso dall’autopsia, alla giovane sarebbero stati fatali almeno quattro colpi alla testa inferti con un corpo contundente, forse una spranga di metallo. Yana avrebbe provato a difendersi con tutte le sue forze, come testimonierebbero le ferite sulle mani. Il suo ex potrebbe essersi servito di un cuscino con cui l’avrebbe, alla fine, soffocata. Il corpo venne ritrovato solo una decina di giorni più tardi sotto una catasta di legno, al confine tra il Bresciano e il Mantovano.

I due si erano appena lasciati e Yana stava provando a rifarsi una vita con un nuovo compagno. La sera del delitto, Stratan la attirò in una trappola: millantò di volerle restituire il suo cagnolino, salvo poi accanirsi su di lei brutalmente. Secondo l’avvocato Angelo Lino Murtas, che assiste i familiari della ragazza, la giovane era agonizzante, ma ancora viva, quando il suo carnefice tentò di occultare il corpo all’interno di un piccolo trolley avvolto in diversi strati di cellophane. “Non cerchiamo vendetta – ha dichiarato il legale -, ma soltanto giustizia, facendo riconoscere la premeditazione anche dalle minacce di morte e dagli appostamenti nei giorni precedenti, cosa che aprirebbe le porte all’ergastolo”.

Prima di trasferirsi a Castiglione, Yana aveva abitato a Romano insieme alla famiglia. La nonna, sposata con un bergamasco, abita ancora lì. La ragazza aveva frequentato le scuole nel paese della Bassa e a Seriate, poi aveva iniziato a lavorare come barista. In sua memoria è nata l’associazione Y.A.N.A. You Are Not Alone ODV, che si costituirà parte civile nel processo. Tra le numerose iniziativa in programma, anche quella di un corso di autodifesa per donne chiamato ‘Your Attention Not Aggression’, le cui iniziali compongono appunto il nome Yana. Dovrebbe prendere il via a gennaio 2024, negli spazi messi a disposizione dall’istituto Abf di Treviglio.

 

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