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Montello

Omicidio al semaforo: il pm chiede 24 anni per Vittorio Belotti

"Dietro all'apparente mitezza l'imputato nasconde un'indole spregiudicata, aggressiva, violenta e litigiosa" e "ha cercato di difendersi dicendo bugie e non mostrando mai un segno di pentimento"

Montello. Un giorno di ordinaria follia. Il pubblico ministero Letizia Aloisio, nella sua requisitoria, ha utilizzato il titolo di un film per riassumere quanto accaduto il 30 ottobre 2022 a Montello, quando Vittorio Belotti, secondo l’accusa, speronò volontariamente la motocicletta di Walter Monguzzi facendolo cadere sulla corsia opposta proprio mentre stava sopraggiungendo una Bmw, che lo investì con la ruota posteriore uccidendolo sul colpo.

Ha chiesto una condanna a 24 anni per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, con le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante dovute al comportamento processuale tenuto dall’imputato. Una persona, Belotti, magazziniere di 50 anni, “che dietro all’apparente mitezza nasconde un’indole spregiudicata, aggressiva, violenta e litigiosa” e che, secondo l’accusa, ha cercato di difendersi dicendo bugie e non mostrando mai un segno di pentimento, di dispiacere, di pietà nei confronti della vittima.

Nelle intercettazioni ambientali lette nel corso del processo, l’imputato parlando con altri detenuti definisce Monguzzi “Bambo”, “Ma questo doveva proprio rompere i c… a me? Che destino crudele, ma vai fuori dal c…”. E ancora: “Ma sto pirla doveva proprio morire? Ma spaccati le gambe no?”.

I testimoni

Le immagini delle telecamere della videosorveglianza comunale di Montello hanno ripreso gli attimi precedenti e quelli immediatamente successivi all’impatto tra l’auto e la moto: c’è un buco di 5 secondi, proprio nel momento clou, dovuto a una scarsa connessione wifi. Ma secondo l’accusa ci sono comunque elementi sufficienti per ricostruire nei dettagli quanto accaduto e soprattutto per provare la volontarietà della condotta del Belotti.

Innanzitutto le dichiarazioni dei testimoni, che riferiscono tutti di “una manovra netta e volontaria” dell’automobilista. Lo dicono le persone che erano ferme al semaforo rosso di via Papa Giovanni dietro la Panda nera di Belotti. Dalle immagini delle telecamere si vede un’auto celeste svoltare a sinistra e passare vicino alla moto di Monguzzi. Il quale, per mettersi in sicurezza, si avvicina molto alla parte anteriore della Panda. L’auto fa un primo balzo in avanti, poi un secondo, Monguzzi gesticola, indica il piede come dire all’automobilista che glielo aveva pestato con la ruota. Anche il conducente della Vespa, che si trova fermo dietro il motociclista, urla qualcosa in direzione della Panda. Belotti “abbassa il finestrino, inveisce e bestemmia”.

I testimoni raccontano anche dei presunti calci che Monguzzi avrebbe sferrato in direzione della Panda una volta scattato il semaforo verde. Per i testimoni erano solo tentativi di allontanare l’auto che cercava di andargli addosso e speronarlo. Una volta, due volte, la terza, quando ormai la motocicletta stava per superare la Panda lasciandosela alle spalle, l’urto violento e fatale che ha fatto sbilanciare il motociclista, lo ha disarcionato e fatto cadere sull’asfalto proprio mentre passava la Bmw.

Le presunte bugie

“Il racconto di Belotti è fantasioso e differisce dalle evidenze probatorie”, dichiara il pm.

Innanzitutto l’imputato dice di essersi immesso nella rotonda senza dare la precedenza poco dopo essere uscito di casa e di attribuire a quella manovra azzardata la rabbia del motociclista che lo aveva affiancato al semaforo. “Ma dalle immagini delle telecamere si vede benissimo che nella rotatoria non ci sono altri veicoli oltre alla Panda nera di Belotti”.

Dice poi che lui ha sterzato non per speronare la moto ma proprio per evitarla, che Monguzzi avrebbe sferrato calci alla sua auto e che è caduto perché ha perso l’equilibrio. “Insomma, una ricostruzione contraddetta dalle testimonianze e dalle ricostruzioni degli esperti”, secondo il pm.

“Monguzzi sta seguendo il copione preparato dai compagni di cella, che lo hanno istruito su cosa deve dire”, continua. E legge le intercettazioni. “Come faccio a dire che non l’ho speronato? Ci sono le telecamere”, ha detto l’imputato ad un compagno di cella il 4 novembre. “Più tu dimostri di aver subito, che sei la vittima e magari ti danno l’eccesso di difesa”, risponde il detenuto.

Il 7 novembre racconta ad un altro carcerato che gli chiede per quale motivo sia in cella: “L’ho fatta grossa. Ho tirato sotto uno con l’auto e l’ho ucciso. Non mi sono fermato”. L’altro risponde: “Porco dighel, e come stai con la coscienza?”. “Eh ma mica l’ho fatto apposta”, si difende Belotti. Secondo il pm cerca di mostrare pentimento solo quando si accorge che il suo interlocutore è scandalizzato.

Belotti quel giorno guidava sotto l’effetto della cocaina, anche se lui ha dichiarato di averla consumata solo la sera prima e di farne un uso sporadico, circa una volta l’anno. “Ma sul sedile aveva 5 grammi di sostanza, che non è certo una quantità che solitamente si trova in possesso di un consumatore occasionale”, sottolinea il pm. Inoltre aggiunge: “L’imputato dice di aver parlato della sostanza in carcere per darsi un tono, dato che gli altri detenuti lo bullizzavano. Ma nei 15 giorni di intercettazioni ambientali non c’è un solo episodio di bullismo nei suoi confronti”.

Omicidio con dolo alternativo aggravato dai futili motivi

Belotti voleva uccidere Monguzzi, secondo la contestazione del pm. È un omicidio con dolo alternativo in quanto l’imputato ha accettato che, a causa della sua condotta, il motociclista morisse o si ferisse gravemente date che lo speronamento si è verificato su una strada trafficata una domenica all’ora di pranzo. Una manovra violenta, reiterata per ben tre volte e messa a segno proprio mentre arrivava la Bmw a velocità sostenuta.

Per il pm Aloisio sussistono i futili motivi perché c’è sproporzione tra un banale diverbio stradale e la reazione di Belotti che ha provocato la morte della vittima.

La figlia chiede la verità

Martina Monguzzi, figlia 28enne della vittima, si è costituita parte civile. L’avvocato Federico Pedersoli ha specificato: “Non vuole vendetta perché ha un grande rispetto le la legge e per il tribunale. Non si è costituita per ragioni economiche ma per accertare la verità.

La prossima udienza, per l’arringa dei difensori, è stata fissata il 27 novembre.

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