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L'headquarter

Santini, la nuova sede gioiello di architettura e design che ha curato una delle più grandi ferite della città fotogallery

L'azienda leader nella produzione di abbigliamento tecnico per il ciclismo, sponsor delle più importanti competizioni, si è trasferita da Lallio a Bergamo, affidando la riqualificazione dell'area ex Perofil all'architetto Marco Acerbis

Bergamo. L’enorme sito industriale al civico 14 di via Zanica era rimasto, dopo l’uscita di Perofil, come una profonda ferita nel panorama cittadino: l’edificio risalente al 1960 e firmato dall’architetto Giuseppe Gambirasio rappresentava, di fatto, una delle più grandi aree dismesse di Bergamo, riconoscibilissimo con la sua facciata rosso mattone e le gigantesche statue che popolavano il parco circostante.

Un luogo che, con una buona dose di coraggio, Santini Cycling ha deciso di ripopolare, facendovi la propria nuova casa: è qui, infatti, che il brand bergamasco che disegna e produce abbigliamento tecnico per il ciclismo ha insediato headquarter e produzione tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023.

Non la scelta più semplice e nemmeno la più economica, ma Monica e Paola Santini, oggi al timone dell'azienda alla cui presidenza c'è papà Pietro, il fondatore, hanno voluto mantenere saldi i principi e la vocazione del marchio: legatissima al territorio, Santini non ha mai voluto delocalizzare la produzione e, in un periodo storico in cui il mercato spinge le aziende ad allontanarsi dai grandi centri per trovare spazi nuovi e più ampi, ha scelto di andare controcorrente trasferendosi dall'hinterland al centro cittadino.

"Abbiamo privilegiato la riqualificazione alla nuova edificazione, perché questo edificio, seppur datato e dismesso da anni, ci era parso subito l'ideale - commenta Paola Santini, marketing manager dell'azienda - Lo abbiamo fatto per diversi motivi. Il primo è che noi dobbiamo tanto a Bergamo e ci teniamo, quindi è stata soprattutto una scelta di cuore. Siamo in un luogo che per tutti i bergamaschi ha sempre avuto una grande importanza: vederlo decaduto era davvero un dispiacere. Il trasferimento ci ha consentito di posizionarci in una location particolarmente strategica, vicina all'aeroporto e all'A4, due vie di accesso al mondo che per noi, con una quota export che va oltre l'80%, sono davvero fondamentali. E poi riqualificare invece che costruire da zero è stata anche una scelta di sostenibilità, valore al quale crediamo molto in tutte le sue declinazioni. Abbiamo da sempre voluto provocare il cosiddetto effetto wow ai nostri visitatori e la scelta dell'architetto Marco Acerbis è stata in questo senso molto ponderata: un bergamasco, con un nome però internazionale e appassionato di bici, capace quindi di comprendere subito e al meglio la nostra filosofia".

A lui il compito di trasformare, coniugando architettura e design, un'area da 24mila metri quadrati, all'interno della quale trovano spazio 14mila metri quadrati di verde, 6mila di produzione, mille di uffici e 460 di showroom, alimentati da un impianto fotovoltaico da 290 kwh.

"Non sono uno di facili entusiasmi, però qui gli ingranaggi si sono incastrati perfettamente - ammette Acerbis - Per me è stata una bella sfida, per il retaggio storico dell'area e per il fatto di essere a due passi dal centro città. E poi c'è stata una componente emotiva legata alla mia passione per la bicicletta. L'approccio è stato da subito quello tipico del mondo sportivo, procedendo per obiettivi e problem solving: il ciclista sa che le crisi prima o poi arrivano, ma anche che dopo la salita c'è sempre una discesa. Un approccio connaturato nell'azienda e che è stato la chiave per fare tutto questo in così poco tempo e con un livello così elevato".

Il primo passo è stato "spogliare" la struttura di una serie di volumetrie superflue, che oltretutto nascondevano uno scheletro in cemento armato che per sviluppo e "pulizia" all'architetto ha subito ricordato i telai delle biciclette moderne.

Un parallelismo, quello con lo strumento del mestiere per eccellenza del ciclista, che ha accompagnato tutta la riqualificazione: l'idea di base è stata quella di creare un edificio aperto al pubblico, che mostrasse il lato produttivo anche al cliente dello shop, inserito nel cuore della sede, tra pareti vetrate, che permette a tutti di vivere entrambe le dimensioni aziendali.

E il visitatore viene accompagnato all'interno da un passaggio pedonale che permette di godere a pieno tutta l'area verde circostante, valorizzando allo stesso tempo il tetto a vela e l'aspetto geometrico della facciata, oggi ridipinta di nero ed esaltata da un'illuminazione più "domestica" che industriale.

E anche gli ambienti interni hanno quel calore tipico delle case, ampi e accoglienti, sui quali si abbatte la luce naturale che lascia entrare l'ampio lucernario sul soffitto, elemento che richiama lo spirito outdoor dell'azienda.

Le due rampe elicoidali che dalla hall conducono agli uffici posti al primo piano, conservate dalla precedente predisposizione, sono state impreziosite da parapetti in metallo curvato a "L" che danno un dinamismo sorprendente: osservandole in movimento l'effetto è lo stesso di "pieno-vuoto" che danno i raggi larghi di alcune biciclette, mentre percorrendole si "sparisce" rapidamente, come fa uno scalatore dietro un tornante.

Ventuno scalini a destra, altrettanti a sinistra.

Ventuno come le tappe dei grandi Giri, quelli nei quali Santini è sempre stata protagonista. Venticinque anni al fianco del Giro d'Italia, da sei con la Vuelta a Espana, dal 2022 e per i prossimi cinque sponsor dell'iconica maglia gialla e delle maglie leader del Tour de France: difficile non pensare alla mano del destino.

La hall vista dal basso (sopra) e dall'alto (sotto): scorri il cursore a sinistra e a destra per vedere come era ieri e come è oggi.
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