Quando si sono conosciute, Monia Bortolotti aveva appena 3 anni e un sogno nel cassetto: diventare ballerina. “Ho visto tante ragazze passare di qui, ma poche con il talento di Monia. Sul palco non era sola, ma finivi col guardare soltanto lei”. S.B. accetta di scambiare due chiacchiere: “A patto che non scriviate né il mio nome, né quello della scuola di danza”. È qui, ai piedi della Valle Seriana, che Monia arrivava puntuale per fare lezione. “Accompagnata sempre dal suo papà, una persona dolcissima che le è stata sempre accanto – ricorda S. -. La madre non so, l’ho vista al massimo un paio di volte”. Con gli anni, Monia ha imparato danza classica e moderna. “Un giorno la vedevi suonare il violino, l’altro muoversi a passo di hip-hop. Una ragazza sempre sorridente, dal carattere espansivo, istrionico”.
La vita in generale sembrava essere il suo palcoscenico, emerge dal racconto dell’ex insegnante. Che l’ha vista crescere: da bambina a adolescente, poi donna e madre dei piccoli Alice e Matteo, rispettivamente 4 e 2 mesi. Oggi non ci sono più, e secondo la procura di Bergamo a ucciderli sarebbe stata proprio la loro mamma, 27enne di Pedrengo, che durante l’interrogatorio con il giudice per le indagini preliminari si è avvalsa della facoltà di non rispondere. “Monia ripeteva sempre che i bimbi erano il suo tutto, la cosa più bella che le era mai capitata. Li definiva la sua fonte di serenità”.
Eppure, secondo gli inquirenti, erano proprio i pianti dei bambini a renderla insofferente. Ma forse il disagio della giovane era ancora più profondo, visto che già durante la gravidanza di Alice chiese sostegno a livello psicologico: voleva essere una madre perfetta, scriveva su Facebook. E chissà, forse era proprio questa prospettiva irrealistica a renderla terribilmente ansiosa. Delle sue insicurezze, però, non avrebbe mai parlato con S., nonostante il rapporto di amicizia e fiducia che le univa.
L’ultima volta si erano sentite per telefono verso fine ottobre. “Le avevo chiesto di fare da testimone a un evento sulle morti in culla. La sua presenza sarebbe stata molto significativa, ma rispose che non se la sentiva, che il dolore era troppo forte”. E S. non stenta a crederle: “Monia pubblicava su Facebook tutto quello che faceva con Alice. Le pappe che le preparava, le coccole, tutto. Ha continuato a pubblicare foto del suo piccolo angioletto anche dopo la morte. Poi, quando la stessa cosa è successa a Mattia, basta. Tutto cancellato, tutto sparito. Lei è sparita”.
Il giorno dell’arresto, S.B. ci ha messo un po’ a realizzare che la donna di cui parlavano i giornali era davvero la ‘sua’ Monia. “Ancora adesso conservo la speranza che non sia stata lei a commettere quelle atrocità. Per come l’ho conosciuta io, non avrebbe mai potuto farlo”. I magistrati, però, la pensano diversamente. Anzi, secondo il gip Federica Gaudino, Monia Bortolotti deve restare in carcere perché potrebbe reiterare il reato.
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