• Abbonati

Arte

I bestiari

Disturbi alimentari: il corpo e i suoi demoni

I disturbi del comportamento alimentare sono sempre esistiti, ma con significati e manifestazioni diverse nel corso dei secoli, pensiamo per esempio ai comportamenti anoressici degli atleti dell’antica Grecia, oppure alle Sante afflitte da anoressia - donne della storia che praticavano l’ascetismo per ragioni spirituali, religiose e di fede, pensiamo ad esempio a molte figure femminili, tra le quali Santa Caterina da Siena

“Nascere non basta, è per rinascere che siamo nati. Ogni giorno” Pablo Neruda

Secondo i dati rilasciati nel 2023 dall’osservatorio ABA e ISTAT, circa tre milioni di italiani, interessando soprattutto i più giovani, soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare, detti anche DCA. Erroneamente considerati figli della modernità, questi disturbi nascono nella mente, compromettendo il corpo, in un corto circuito dell’anima. Si insinuano prepotentemente in noi, come creature degli abissi, tanto ammalianti quanto pericolose, i cui tentacoli stringono e attanagliano le nostre viscere, o le allentano a tal punto da creare enormi voragini, in spazi incolmabili, non solo di cibo, ma anche di affetto e amore. L’attenzione verso questa tematica è sempre più alta, così come le azioni di sensibilizzazione e di prevenzione – tuttavia – ancora oggi risultano essere patologie difficili da comprendere, così come lo è il linguaggio distorto e fuorviante spesso attribuito a questi specifici disturbi.

Generico novembre 2023

Stomachum – collage fotografico – 40×50 cm. 2023

Ne parla la dottoressa Gabriella Affinito, Psicologa – Psicoterapeuta, esperta di disturbi del comportamento alimentare, in questa intervista.

Cosa si intende per Disturbi del Comportamento Alimentare?

I disturbi del comportamento alimentare sono una patologia psichiatrica la quale ha forti ripercussioni, non solo sul piano psicologico ma anche sul piano fisico e organico dell’individuo, per questo diventano di competenza anche internistica. Possiamo rappresentarli attraverso un ipotetico ventaglio, dove ad un’estremità troviamo il  comportamento anoressico, quindi l’anoressia restrittiva caratterizzata da forte restrizione alimentare, dove la persona limita l’assunzione di cibo; mentre all’estremo opposto, troviamo il disturbo da alimentazione incontrollata, definito binge eating disorder, il quale invece è caratterizzato da un discontrollo rispetto a tutto ciò che la persona assume nella sua alimentazione. Al centro, troviamo la bulimia nervosa, la quale condivide con il disturbo anoressico il pensiero fondamentalmente restrittivo e selettivo, anche caratterizzata da perdite di controllo, che si traducono in abbuffate a cui l’individuo successivamente media attraverso comportamenti di tipo compensativo.

I disturbi alimentari sono sempre esistiti?

I disturbi del comportamento alimentare sono sempre esistiti, ma con significati e manifestazioni diverse nel corso dei secoli, pensiamo per esempio ai comportamenti
anoressici degli atleti dell’antica Grecia, oppure alle Sante afflitte da anoressia – donne della storia che praticavano l’ascetismo per ragioni spirituali, religiose e di fede, pensiamo ad esempio a molte figure femminili, tra le quali Santa Caterina da Siena. L’anoressia, insieme alla flagellazione e ad altre sofferenze corporali, erano il mezzo per avviare la donna alla santità, poiché il corpo femminile veniva associato alla lussuria, alla debolezza e all’irrazionalità. Mentre i disturbi alimentari diciamo di epoca moderna sono maggiormente legati a fattori di ordine biologico, psicologico e socio-culturale.

Quali sono le cause che portano una persona a soffrire di un disturbo alimentare?

Non è possibile individuare una causa che possa valere per tutte le persone che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare, ormai tutta la letteratura scientifica è concorde ed unanime nel ritenere che i disturbi alimentari hanno origine multifattoriale. Fattori sempre coinvolti nell’eziopatogenesi di un disturbo alimentare sono soprattutto di ordine personale quindi legati alla personalità del soggetto, di ordine familiare quindi legati alle dinamiche che si instaurano all’interno dell’ambito familiare e di ordine socio-culturale quindi correlate ai contesti in cui l’individuo vive e cresce, e al suo rapporto con l’altro.

Perché una persona con un disturbo alimentare, fatica a prendere coscienza del suo stato?

Direi per diverse ragioni, per esempio la difficoltà nel vedersi come realmente è – a causa di una forte dispercezione corporea di cui alcuni pazienti soffrono, oppure perché si tende ad idealizzare una determinata forma o un “peso” – oppure perché condizionati in qualche modo dalle richieste di magrezza che la nostra società in qualche modo ci impone, sfociando poi, come in questo ultimo caso, in anoressia nervosa. Non dimentichiamoci che dietro ogni disturbo del comportamento alimentare si nascondono sempre dei vantaggi secondari, ovvero una precisa funzione che il disturbo stesso svolge per quella persona, per esempio la possibilità di agire mantenendo un controllo che dia l’illusione di poter gestire altre aree della vita che l’individuo fatica ad affrontare e risolvere, o ancora per lo stigma spesso associato a certi comportamenti legati al disturbo stesso.

Il corpo parla ed è in qualche modo il nostro primo “biglietto da visita”, quanto è dannoso e inopportuno mostrare il nostro dissenso o stupore quando entriamo in relazione con una persona che soffre di un disturbo alimentare?

Quando entriamo in relazione con qualcuno, sarebbe opportuno evitare qualsiasi tipo di esternazione, sia essa negativa o comunicata in buona fede, mi riferisco non solo a
soggetti che mostrano un’estrema magrezza, ma anche alle persone in sovrappeso o nei confronti di chi combatte ogni giorno con la dipendenza da cibo. Osservarle,
guardarle, scrutarle per il loro aspetto, per la loro immagine, è sicuramente un comportamento che può ferire, e quindi è preferibile evitare che il nostro sguardo si
cristallizzi in maniera eccessiva sulla loro fisicità.

Le parole possono ferire nel profondo lasciando segni indelebili, è quindi importante saper utilizzare un linguaggio corretto e funzionale, quali sono gli accorgimenti che un genitore, un insegnante o un conoscente, ognuno nei propri ruoli, deve avere nei confronti di una persona che soffre di un disturbo dell’alimentazione?

Personalmente penso che l’approccio migliore sia di sincera ed empatica preoccupazione a tutti i livelli, sia che si tratti di un familiare, un docente o un conoscente. Consiglio di evitare di sottolineare la componente fisica, centrando maggiormente l’osservazione, attraverso un intervento emotivo e psicologico: “ti vedo sofferente”“mi sembra che tu non stia bene” – “c’è qualcosa che posso fare per te?”. Evitiamo pertanto frasi come: “ti vedo troppo magro” – “così non ti si può vedere” – “fai schifo” oppure “sei troppo grasso, hai mai pensato di metterti a dieta?”

La moda spesso è accusata di essere la causa principale dei disturbi alimentari, soprattutto se correlati all’anoressia, mentre altre tesi sostengono che i disturbi alimentari emergono in seguito a dinamiche conflittuali all’interno dell’ambito famigliare. Presumo siano dati reali sebbene a volte sfiorino luoghi comuni, ci aiuta ad approfondire e a fare chiarezza in merito a questi concetti? 

I disturbi del comportamento alimentare, come dicevo poco fa, non sono mai generati da un’unica “questione” – considerare la moda “colpevole” è un pò generalizzante in
quanto ribadisco che questi disturbi trovano terreno fertile in un concatenarsi di diversi e svariati fattori, perché la genesi e lo sviluppo della patologia è multifattoriale.

Perché secondo lei, la magrezza rimane un modello di bellezza, soprattutto per noi occidentali?

Perché nei nostri tessuti socio-culturali, il culto della magrezza inteso come ideale di bellezza, è spesso rapportato ad un ideale di eleganza, di stile di vita sano e di
successo inteso come capacità di auto-controllo dei propri comportamenti nelle relazioni con gli altri.

Possiamo definire i disturbi alimentari una forma di autolesionismo, perché secondo lei, tra gli adolescenti il fenomeno dell’autolesionismo, non solo quello correlato ai disturbi alimentari, è cosi diffuso?

L’autolesionismo è una forma di comportamento intenzionale che agisce su base tendenzialmente impulsiva, in un momento di sregolazione delle proprie emozioni e che è attuato soprattutto perché il soggetto tenta di ottenere attraverso il dolore fisico, un sollievo dal dolore psichico. I disturbi del comportamento alimentare non funzionano esattamente in questo modo, non sono comportamenti che la persona attua su base impulsiva. Tuttavia per autolesionismo possiamo intendere qualsiasi comportamento che si protrae per molto tempo, risultando nocivo per sé stessi, per la salute, per il proprio benessere; in questo caso, così come per tutte le dipendenze, i disturbi del comportamento alimentare, così come la tossicodipendenza o l’alcolismo, nel lungo periodo, diventano autolesivi per il benessere della persona.

In veste di terapeuta, le è capitato di pranzare con loro? Che tipo di esperienza ha vissuto?

È un’esperienza che permette di toccare con mano e nel profondo, l’angoscia che i pazienti hanno nei confronti del cibo. Probabilmente è proprio lì che si comprende
quanto sia a tutti gli effetti una patologia psichiatrica e che non è certamente un capriccio come purtroppo ancora – ogni tanto – si sente dire.

C’è un episodio di un/a suo/a paziente con esito positivo che ricorda con piacere e che sente di voler raccontare?

Non c’è un singolo episodio, per fortuna posso parlare al plurale poiché di episodi con esito positivo ne ricordo molti. A distanza di tempo, ho rivisto numerose ragazze, oggi donne, aver ripreso il corso della loro esistenza; molte sono diventate mamme, altre hanno costruito relazioni affettive significative, altre ancora hanno ripreso percorsi di studi precedentemente interrotti. Ogni persona che ha avuto la forza di agire contro quella voce interna, crudele e giudicante, è poi riuscita a riprendere le fila e i binari della propria vita e quindi a riprendere il viaggio della sua esistenza.

Qual è l’iter da seguire quando emergono in famiglia dei disturbi comportamentali correlati all’alimentazione? Cosa è utile e opportuno fare?

Indubbiamente rivolgersi a un’equipe specialistica. È importantissimo ricordare che i disturbi del comportamento alimentare, non sono trattabili nello studio del singolo
professionista – sia esso lo psicoterapeuta, lo psichiatra o il dietologo. L’intervento del singolo non serve, non è funzionale proprio per la natura multifattoriale del disturbo.
Quindi non è opportuno, in generale, approcciarsi al problema pensando che si tratti solamente di correggere uno stile alimentare sbagliato, pensando – ad esempio – di
rivolgersi a un nutrizionista. Ci tengo particolarmente a sottolineare che si può guarire da un disturbo del comportamento alimentare, purché l’individuo che ne
soffre venga adeguatamente seguito da un’intera equipe specialistica.

Il senso di colpa a volte si insinua prepotentemente nei nostri vissuti, quanto è dannoso se lo rapportiamo ad una persona che soffre di un disturbo del comportamento alimentare?

Il senso di colpa è un cattivo compagno per tutti, sempre, quindi lo è anche nei confronti di chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare. Nei nostri pazienti la colpa è spesso associata al pensiero di far stare male con i propri comportamenti problematici le persone che amano. Senso di colpa che però “fa a pugni” con la colpa che queste persone provano ogni volta che si rapportano a ciò che vorrebbero, per esempio semplicemente mangiare. Questo conflitto interiore è sicuramente doloroso e difficile da gestire.

Sui social, soprattutto TikTok, capita spesso di vedere video realizzati da ragazze e ragazzi che stanno compiendo percorsi di cura all’interno di strutture terapeutiche. Secondo lei, sono video condivisi dai loro terapeuti? Sono realmente necessari e utili? Non pensa vadano anche gestiti eventuali attacchi correlati a bodyshaming e odio estremamente diffusi in rete? 

Anche a me è capitato di vedere questi video a cui lei fa riferimento. Sostenere con certezza che questi filmati siano effettivamente condivisi con l’equipe curante, non glielo so dire, francamente spero non sia così, poiché tutto ciò che porta e crea una spettacolarizzazione di disturbi così gravi e potenzialmente letali, è qualcosa che dal mio punto di vista andrebbe seriamente e perentoriamente proibito, in primis dalle stesse piattaforme, in quanto impattano fortemente su menti fragili e non ancora
pienamente strutturate, come quelle degli adolescenti.

Gabriella Affinito

Sono Gabriella Affinito, psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoanalisi dell’adolescente e del giovane adulto, mi occupo da oltre vent’anni prevalentemente della cura delle persone con Disturbo del Comportamento Alimentare. Insieme al mio gruppo di lavoro abbiamo fondato “6Alcentro” – un servizio Ambulatoriale di diagnosi e cura dei Disturbi Alimentari che ha sede a Bergamo e Brescia. Contatti: Bergamo : 3714178842 – Brescia: 3714171032

Giovanni Fornoni ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. All’attività di artista affianca quella di docente. Con i suoi Bestiari sovrappone o accosta la condizione umana a quella animale, indagando simbolicamente fatti di cronaca contemporanea, mettendo in rilievo verità ataviche, antropologiche, sociali e culturali.

Generico novembre 2023

Immagine dell’opera: Stomachum – collage fotografico – 40×50 cm. 2023

Freepik archive, image reworked by the Artist

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
i bestiari - il leone
I bestiari
Il leone è fuggito. È eticamente corretto avere ancora gli animali al circo?
bestiario numero 15
I bestiari
“L’ora di affettività” che la classe politica vuole nelle scuole, tra divisioni e consensi: è utile o no?
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI