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La collaborazione

Accordo Comune-Caritas: condividere dati, progetti e risorse per accompagnare le famiglie fuori dalla povertà

Da inizio anno si sono registrati 1.648 accessi agli sportelli dei servizi sociali decentrati del Comune, 687 dei quali legati alla problematica economica e 216 per problemi di tipo abitativo: nello stesso periodo 356 persone incontrate dai Centri di Primo Ascolto, con l'emergere delle figure dei "working poor"

Bergamo. Accompagnare persone e famiglie fuori dalla condizione di povertà, grazie a un’articolata collaborazione tra gli operatori delle sedi decentrate dei Servizi sociali del Comune di Bergamo, il referente territoriale di Caritas Diocesana-Fondazione Diakonia Onlus, i volontari dei Centri Primo Ascolto Caritas e delle altre realtà associative afferenti alle 31 parrocchie cittadine.

Questa la finalità ultima dell’accordo triennale sottoscritto dal Comune di Bergamo e da Caritas, che vuole creare una rete di assistenza che, conservando le peculiarità di ciascuna realtà, possa mettere a fattore comune dati, documenti, strategie e risorse preziose per creare un sistema di protezione e sicurezza sociale che possa soddisfare i bisogni di chi vive in condizioni disagiate, prevenendo e contrastando gli elementi di esclusione, promuovendo il benessere non solo con interventi emergenziali, ma anche attraverso il coinvolgimento, attivo e diretto, dei destinatari nei loro percorsi di inclusione sociale ed economica.

Una sfida quantomai attuale, che parte da numeri importanti sul fronte povertà registrati dai Servizi sociali da un lato e dai 18 Centri di Primo Ascolto e Coinvolgimento parrocchiali in città (CPAC).

La problematica economica è quella che ha spinto, dall’inizio dell’anno, 687 persone a rivolgersi agli sportelli dei servizi sociali decentrati, su un totale di 1.648 accessi: tra questi 353 sono italiani e 334 gli stranieri; 258 le persone sole e 429 i nuclei familiari di due o più componenti.

A questi si aggiungono i 216 nuclei che hanno manifestato un problema di tipo abitativo, tra morosità di affitto, sfratti, alloggio all’asta e altre situazioni simili.

Un altro spaccato lo danno i CPAC, che nello stesso periodo (gennaio-ottobre) hanno incontrato 356 persone, il 73% delle quali donne e il 27% uomini. A rivolgersi ai centri sono soprattutto donne coniugate o conviventi con figli a carico (49%). L’80% proviene da Paesi extra Ue, con una presenza ancora importante di donne ucraine: il 66% delle donne aiutate non supera i 50 anni.

Confrontando i dati con quelli degli anni passati non si nota, in realtà una grosso discostamento a livello numerico, anche se gli accessi effettivamente sono aumentati.

A cambiare è invece la tipologia della persona che chiede assistenza, con sempre più “working poor”, vale a dire i “lavoratori poveri” che a causa di un salario basso e inadeguato a sostenere le spese quotidiane sono comunque costretti a chiedere aiuto: basti pensare che il 40% degli uomini che si rivolge ai centri d’ascolto rientra in questa categoria, il 13% nel caso delle donne.

Da qui l’impegno comune a co-progettare percorsi di scambio di informazioni e documenti e azioni di sostegno alle persone o famiglie in difficoltà, mettendo a disposizione anche risorse materiali e/o economiche.

“L’idea centrale è quella del welfare di comunità – spiega l’assessora alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo Marcella Messina – Lo facciamo ora tramite una cabina di regia che non può prescindere dal lavoro cruciale dei centri di primo ascolto dentro i quartieri: dobbiamo riconoscere e valorizzare i volontari, che sono preziosissimi, mettendoli allo stesso tavolo degli assistenti sociali. Non si tratta di delegare o sostituire, ma di fare rete per arrivare a risposte più puntuali e comuni”.

Due i problemi centrali individuati da Messina: “Quello abitativo da una parte e il salario basso dall’altra, che causano profonde difficoltà nella vita quotidiana delle persone. Abbiamo una fascia di povertà storica, che ha servizi dedicati per, ad esempio, il contrasto alla vita in strada. C’è poi un’altra fascia di popolazione che non percepisce uno stipendio che gli consente di mantenersi e che è portata a chiedere aiuto: non sempre, però, queste persone hanno condizioni economiche che permettono loro di accedere a questi sostegni e diventa difficile aiutarli”.

“Non stiamo scoprendo l’acqua calda, ma è davvero importante mettere insieme servizi e progettualità che da anni ciascuno di noi porta avanti per conto proprio – aggiunge don Roberto Trussardi, direttore della Caritas Diocesana Bergamasca – Lavoriamo per gli ultimi, per le famiglie che vivono in condizioni di disagio anche in una città ricca come Bergamo. Non era facile mettere insieme 31 parrocchie e 31 parroci, ma anche noi dobbiamo fare lo sforzo di uscire dalla logica dell’orticello. Speriamo che il lavoro che abbiamo sempre fatto, che ora trova un maggior coordinamento, possa dare segni ancor più tangibili a chi ne ha bisogno”.

A rappresentare la Comunità Ecclesiale Territoriale, don Angelo Domenghini: “Abbiamo raggiunto un traguardo importante per la collaborazione tra istituzioni pubbliche e private. In città ci sono 78 volontari operativi nei centri di ascolto parrocchiali, appartenenti a 22 parrocchie sulle 31 complessive. Poi un altro centinaio di volontari che aiutano nelle varie azioni caritative. Il lavoro in coordinamento con servizi sociali e Caritas è diventato sempre più importante per poter creare una rete di promozione dello sviluppo integrale delle persone, perché ritornino a essere autonome e protagoniste delle loro vite”.

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