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La solitudine della presidentessa

Il dilemma che la Presidentessa doveva affrontare era angosciante e straziante

Non poteva negare di soffrire di una forma leggera di claustrofobia, seduta in quella stanza angusta e senza finestre.
Non poteva neppure negare che la sua esistenza in generale era diventata claustrofobica, un costante restringersi delle pareti dell’anima.
Era giunto il “momento”, quello che non avrebbe mai voluto veder arrivare: ora doveva decidere se premere quel bottone e scatenare una tempesta senza precedenti nel mondo oppure concedersi ancora qualche giorno di pace apparente, continuando a fare anche la nonna.
Forse era notte, o forse no: la luce soffusa della stanza rendeva difficile distinguere il tempo.

Guardarsi le unghie curate era una sorta di rituale, un modo per ritagliarsi un breve prezioso spazio di tempo prima di prendere una decisione importante. Osservare lo smalto color pastello sulle unghie diventava un momento di riflessione; la tonalità delicata, quasi eterea, era un costante richiamo a quella parte di sé che era femmina, una parte che a volte sembrava nascosta o sacrificata. Si chiedeva se quel tocco di femminilità, espresso attraverso il colore pastello, fosse in armonia con il ruolo strategico che doveva svolgere, o se fosse un contrasto, un atto di ribellione silenziosa. Quelle unghie curate e quello smalto diventavano una forma di espressione e di identità, una dichiarazione silenziosa che sfidava le aspettative e il ruolo assegnato.

Era donna, figlia, nonna, moglie, zia, persona socialmente impegnata e, al contempo, il Leader della nazione più potente del mondo; nonostante questa posizione di straordinario potere e la folla di gente che la circondava costantemente, lei si sentiva sola in modo costante.
In quel momento doveva fare una scelta che era sua e solo sua. Doveva affrontare la solitudine interiore e trovare la forza di prendere una decisione che avrebbe cambiato il corso della storia.

Nel buio silenzio della Stanza, sapeva che la decisione era quasi obbligata, e il suo destino segnato.
La sua mano tremava mentre era posata sul freddo bottone, pronta a compiere un atto che avrebbe lasciato un’impronta indelebile sulla storia dell’umanità.
Le lacrime affiorarono nei suoi occhi mentre pensava a tutto ciò che sarebbe stato perduto; le magnifiche Piramidi d’Egitto, il maestoso Colosseo a Roma, il Duomo di Voghera e tanti luoghi speciali sarebbero stati cancellati in un istante. Ma la cosa più devastante era il pensiero dei tanti innocenti, dei tanti bambini che sarebbero stati colpiti da questa decisione irreversibile.

In quel momento, il peso del mondo intero gravava sulle sue spalle, eppure non c’era via di fuga.
Mentre la sua mano continuava a indugiare sul freddo bottone, un improvviso e vivido flashback la portò indietro nel tempo, a molti anni prima. Si ritrovò a pensare al suo primo giorno di scuola, in Louisiana, quando era solo una bambina: in quella scuola aveva sperimentato la paura ma anche un’immensa eccitazione mentre entrava in quell’aula enorme, luminosa e colma di energia e grida. Era l’opposto perfetto di quella Stanza buia e silenziosa in cui si trovava ora. Ricordò come si sentiva piccola e spaventata quel giorno, ma anche carica di speranza e desiderosa di imparare, di scoprire il mondo.

In quell’istante, realizzò quanto fosse lontana dalla giovane e idealista bambina che era stata allora. La vita l’aveva portata in un luogo oscuro e inquietante, lontano dall’innocenza e dalla luce di quei giorni passati. Schiava del Potere o del Caso, non sapeva.
Immersa in quella profonda solitudine, era consapevole del fatto che non poteva condividere la sua decisione con nessuno, non poteva chiedere consigli o pareri. Era un peso che doveva sopportare da sola, e il destino di intere nazioni dipendeva dalle sue scelte.

Il getto di aria condizionata faceva congelare le gocce di sudore freddo sulla sua pelle, creando un contrasto sconcertante tra la sua intensa situazione emotiva e l’ambiente sterile e asettico. Si sentiva come se il mondo intero si fosse ristretto a quella Stanza.
Il dilemma che la Presidentessa doveva affrontare era angosciante e straziante.

Il “Nemico”, infiltratosi in modo subdolo all’interno della Nazione che lei presiedeva, minacciava di provocare una devastante esplosione nucleare che avrebbe colpito il resto del mondo, risparmiando soltanto il suo Stato, poiché fungeva da base logistica per le operazioni minacciate.
La scelta davanti a lei era opprimente: eliminare il “Nemico” sacrificando la sua nazione e distruggendola completamente (e allo stesso tempo spezzare la vita della sua amata nipotina) oppure permettere al “Nemico” di compiere la sua minaccia e mettere in pericolo l’intero pianeta?

La solitudine che aveva sperimentato fino a quel momento ora si trasformava in profonda disperazione.
Doveva prendere una decisione che avrebbe segnato la fine della sua nazione, della sua famiglia e, in ultima analisi, della sua felicità. Era una scelta impossibile, ma era l’unica opzione che aveva per evitare una catastrofe globale.

Con il destino del mondo tra le mani, la sua sofferenza si mescolava con la responsabilità e la consapevolezza del dovere. Era un peso che nessun essere umano avrebbe mai dovuto portare, eppure era la sua decisione che avrebbe plasmato il corso della storia.

Mentre cercava disperatamente di trovare una giustificazione morale per premere il fatale bottone, la sua mente si riempiva delle immagini dei brutali attentati già perpetrati dal folle terrorista in tutto il mondo. Ogni ricordo di quegli atti spaventosi riaffiorava nella sua mente, alimentando la rabbia e il terrore di ciò che il Nemico stava minacciando di fare in modo ancora più diffuso.
Il senso di urgenza cresceva sempre di più. Non poteva più permettere che questa escalation di terrore continuasse. Mentre guardava il bottone, la sua determinazione si rinforzava.
Era ora di agire.

Ma improvvisamente le tornava in mente l’immagine della sua meravigliosa nipotina, del suo sorriso contagioso, del modo in cui si dilettava a mangiare muffin e caramelle al miele, e di come corresse sorridendo verso di lei ogni volta che tornava a casa.
Nonostante la sua determinazione, il dubbio la dilaniava. Guardando il bottone, si trovava in un momento di angoscia e tormento. Era consapevole che, qualsiasi fosse stata la sua scelta, avrebbe portato a conseguenze devastanti.

I pensieri sfuggivano nella sua mente, alternandosi tra la responsabilità di proteggere il mondo e il desiderio disperato di mantenere intatta la sua nazione e la vita della sua amata nipotina.

Era un conflitto interiore insopportabile, e il suo cuore si spezzava al solo pensiero delle scelte che doveva fare.
Era, in quel momento, una donna divisa tra il Dovere e l’Amore, tra la Vita e la Morte, e il dubbio la consumava.
Nonostante fosse sempre stata una grande decisionista, in quel momento cruciale si trovò in una situazione in cui non sapeva e, in realtà, non voleva decidere. Il peso delle scelte di fronte a lei era semplicemente troppo grande da sopportare. Non poteva spingersi a compiere un atto che avrebbe comportato la distruzione della sua nazione e la fine della vita di sua nipote. Non poteva nemmeno evitare di premere quel bottone.

Quindi, in un atto di disperazione e angoscia, scelse di non decidere.
Rimase immobile, con la mano sospesa sopra il bottone, ma senza mai premere. Era una decisione in sé, una decisione di non agire, di lasciare che gli eventi seguissero il loro corso. Era un atto insieme di ribellione e di impotenza di fronte a un mondo in crisi, ma era anche un rifiuto di compiere un gesto così devastante.

Le conseguenze di quella non-decisione sarebbero state inevitabili, ma in quel momento, era l’unico modo in cui poteva gestire il conflitto interiore che la tormentava.
Era una scelta che avrebbe segnato la sua vita e la storia del mondo in modi imprevedibili.
Era tornata ad essere nuovamente una persona, non più la Presidentessa.
Si alzò dalla sedia presidenziale, e, stanca, si avviò verso il bar. Un Martini era quello che ci voleva.

Generico settembre 2023

* Franco Coda – www.francocoda.it – è nato a Voghera tra le colline dell’Oltrepò Pavese e vive oggi sulle colline bergamasche della Val Cavallina. Dopo essersi laureato in Chimica, aver fatto per tanti anni il DJ in radio private e aver dovuto abbandonare, suo malgrado, il basket, ha lavorato in ruoli manageriali per varie aziende industriali, viaggiando nel mondo. Al momento è presidente di una storica società bergamasca che opera nel mondo delle Risorse Umane – www.sirium.it, oltre che di una importante Organizzazione di Volontariato che prende il nome dal suo adorato figlio Leonardo – www.arcadileonardo.org.

Le sue altre passioni sono l’Inter, la montagna, la lettura, i vini, i libri, il jazz, Barcellona, la carbonara. E soprattutto le contaminazioni tra Scienza ed Arte, grazie anche al suo maestro ed amico Primo Levi. L’amore per la scrittura è sempre stato totale: ha pubblicato ad oggi 5 libri ed è autore inoltre di una nota e diffusa guida gastronomica on line, la mitica “Codelin”, che compete con la meno importante guida gastronomica francese.

Generico settembre 2023

 

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