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Il provvedimento

Disposizioni Ue su mais e grano: “Favoriscono la sostenibilità, ma hanno impatto economico”

Michele Sarigu, responsabile tecnico di Confagricoltura Bergamo - Unione agricoltori, spiega gli effetti sui coltivatori e sulla filiera

Stanno facendo discutere le nuove disposizioni dell’Unione Europea sulla coltivazione di mais e grano. La nuova Pac (Politica Agricola Comune) prevede che dal 2024 i produttori dovranno avvicendare le colture a favore della tutela ambientale e della sostenibilità. Perché coltivare sempre le stesse cose minaccia la biodiversità e depaupera il terreno. Non produrle più, però, stravolge i conti delle imprese agricole e, di conseguenza, di tutta la filiera. Anche perché il grano duro è indispensabile per la pasta e il mais per la zootecnia — e quindi per le carni — che a sua volta restituisce al terreno preziosa sostanza organica.

Ma qual è l’impatto sui coltivatori bergamaschi? Michele Sarigu, responsabile tecnico di Confagricoltura Bergamo – Unione agricoltori, spiega: “ Le aziende più piccole, che hanno meno di dieci ettari di terreno coltivato a seminativo totale, non devono adempiere a nessun obbligo. Penso, per esempio, ai produttori del tipico mais spinato di Gandino, le cui superficie sono limitate. Inoltre, in virtù di una deroga i coltivatori in montagna non sono obbligati alla rotazione annuale: possono far ruotare il 30% della produzione in tre anni. Le altre aziende, che hanno coltivazioni maggiori di dieci ettari di terreno coltivato a seminativo, sono obbligate alla rotazione almeno biennale: se praticano solo una coltura all’anno, quindi, l’anno successivo non possono seminare la stessa coltivazione. Per esempio, se si dedicano al mais nel 2024 non potranno rifarlo nel 2025. Analogamente, se coltivano orzo quest’anno non potranno fare lo stesso l’anno successivo: dovranno cambiare coltivazione. Se invece coltivassero orzo e poi mais come secondo raccolto l’anno seguente potranno tornare a coltivare orzo. Fino al 2023, invece, la normativa prevedeva la possibilità di praticare coltivazioni diverse e la percentuale della prima coltura non doveva superare il 70% della produzione totale”.

Analizzando l’impatto sul territorio bergamasco, Sarigu specifica: “Agronomicamente questo provvedimento ha un impatto positivo, mentre a livello economico rischia di essere sfavorevole per diverse realtà. Il mercato chiede sempre di più e i produttori sono concentrati a cercare di ottenere il massimo dal proprio raccolto, mentre ora quelli che rientrano nei parametri previsti dalle nuove normative devono rivedere la gestione del terreno. Guardando alla filiera, si può facilmente prevedere che i più penalizzati siano gli allevatori di suini, che mangiano solo granella: per far fronte al loro fabbisogno potrebbero essere costretti ad approvvigionarsi all’estero e sostenere costi maggiori. Dal punto di vista climatico, invece, diversificare la produzione può essere utile perché consente di risentire meno degli eventi climatici estremi che ultimamente sono in aumento”.

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