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Confcooperative Bergamo

Precarietà e compensi inadeguati

Scuola, Confcooperative: “Lavoriamo a un nuovo modello per valorizzare gli assistenti educatori”

Da diversi anni Confcooperative Bergamo è impegnata sia a livello provinciale sia a livello regionale “con l’obiettivo di costruire un nuovo modello educativo dentro a un processo di riorganizzazione del servizio”

L’assistenza scolastica è oggi al centro dell’attenzione di tutti gli attori sociali, poiché negli ultimi cinque anni ha riscontrato una serie di criticità: numeri di alunni con disabilità in aumento, crescente complessità dei singoli casi in termini di certificazioni e fragilità, contesti scolastici sempre più articolati, picchi di domanda di assistenti educatori a cui sono richieste competenze sempre più specialistiche. Tutto ciò, però, a fronte di una normativa che non ha avuto le innovazioni necessarie e auspicate, mantenendo di fatto un profilo strettamente assistenziale che appare sempre più lontano dalla realtà e dai bisogni.

L’assistente educatore, infatti, agisce con il minore, ma anche in relazione con il resto della scuola, confrontandosi con il gruppo dei pari nella classe e con gli adulti, opera per l’inclusione del minore, collocandosi nel lavoro di rete per il progetto di vita del minore.

Nonostante ciò, come vedremo, il riconoscimento economico e la valorizzazione di queste risorse risulta inadeguato, condizione che genera una corsa verso altre professioni o, talvolta, l’impoverimento del servizio.

Al fine di sciogliere questo nodo, dando agli alunni con disabilità e fragilità un servizio adeguato e agli assistenti educatori il giusto riconoscimento, da diversi anni Confcooperative Bergamo è impegnata sia a livello provinciale sia a livello regionale “con l’obiettivo – spiegano Nadia Pautasso, referente per il settore ‘disabilità in età evolutiva’ di Confcooperative Bergamo, e Omar Piazza, vicepresidente con delega ai temi del lavoro – di costruire un nuovo modello educativo dentro a un processo di riorganizzazione del servizio”.

I dati provinciali

Secondo i dati elaborati da Confcooperative Bergamo, nella nostra provincia, sono circa 1.500 gli assistenti educatori, mentre a livello regionale arriviamo a circa 15mila operatori. Una “popolazione” numerosa, appartenente nella stragrande maggioranza dei casi al Terzo settore.

“L’assistente educatore – afferma Omar Piazza – storicamente è stata una figura di passaggio, uno studente che lavorava in questo ambito in attesa di conseguire la laurea. È rimasto, quindi, sullo sfondo della norma, questo riferimento, tanto che se per fare l’educatore sono chiari i requisiti, tra cui la laurea, per l’assistente educatore non esiste un profilo professionale definito. Le richieste sono nelle mani degli enti pubblici, di Comuni e Regioni, che indicono i bandi. Normalmente viene richiesto il diploma, preferibilmente in ambito umanistico”.

Sempre secondo i numeri di Confcooperative, a livello regionale il 40% degli assistenti educatori possiede una laurea, nella metà dei casi di tipo educativo. Riguardo all’età, se in passato era un lavoro per giovani, una sorta di apprendistato al mondo educativo, ora è diventato a tutti gli effetti una professione: una parte significativa degli assistenti educatori è, infatti, ultraquarantenne (15%). I pochi giovani sono in continuo cambiamento, creando un elevato turn over.

“Questi dati – prosegue Piazza – dimostrano, quindi, che è cambiato il profilo professionale e personale di chi svolge questo lavoro”.

Circa il 40% degli addetti ha un monte ore settimanale che va dalle 15 alle 25 ore: “È il cosiddetto ‘part time involontario’, determinato dalla complessità organizzativa del sistema, per cui è difficile che un solo assistente educatore possa seguire più minori. Solo il 4% dei lavoratori dell’assistenza scolastica è a tempo pieno”.

Precarietà e scarso riconoscimento economico

Il settore dell’assistenza educativa è a rischio a causa di una serie di condizioni che generano alta precarietà.

Ma, prima di entrare nel merito, è necessario fare un passo indietro per chiarire la gestione del servizio: l’ente pubblico (il Comune nel caso di scuole dell’infanzia, primaria e secondaria del primo ciclo; la Regione nel caso dell’istruzione secondaria di secondo grado) pubblica un bando di gara per l’assegnazione dell’assistenza scolastica, definendo il riconoscimento economico orario al ribasso e indicando alcuni “paletti”, tra cui il riconoscimento delle ore lavorative solo in presenza dello studente in aula. L’aggiudicatario, normalmente il Terzo Settore, gestisce il servizio, assumendo le risorse umane necessarie. Le condizioni economiche e tecniche relative allo svolgimento del servizio sono quindi determinate, e di responsabilità, della stazione appaltante.

Da due anni il personale che lavora esclusivamente in questa tipologia di servizio è inquadrato con un part time ciclico dal 1° settembre al 30 giugno, senza percepire retribuzione dal 30 giugno al 1° settembre, ma vedendosi attribuita la contribuzione figurativa, utile ai fini dell’obiettivo pensionistico (ai 67 anni di età). Le cooperative nel periodo estivo propongono, compatibilmente con le possibilità di anno in anno presenti, ai lavoratori dell’assistenza scolastica l’impiego in servizi analoghi (principalmente CRE) ma non sempre tale proposta è accettata dai lavoratori, anche in ragione di esigenze di conciliazione famiglia/lavoro.

Tuttavia, il monte ore basso e il riconoscimento delle ore retribuite solo in presenza dell’alunno, oltre alla scarsa valorizzazione del loro lavoro creano condizioni economiche non sostenibili, che spingono molti potenziali assistenti educatori a passare, per esempio, alla scuola dove si rendono disponibili per la sostituzione degli insegnanti.

Tutto ciò si inserisce in una più ampia riflessione sul lavoro sociale, in crisi da anni nel trovare nuove leve: “Dobbiamo costruire dei percorsi che consentano a chi ha esperienza di continuare a lavorare adeguando il titolo di studio, garantendo condizioni di lavoro migliori, con una maggiore valorizzazione economica e normativa, altrimenti il rischio è quello di andare incontro a un impoverimento della qualità del servizio e di non riuscire a trovare nuovi educatori”. 

“Come mondo della cooperazione – continuano Pautasso e Piazza – insieme ai sindacati nell’ambito della contrattazione tra le parti, negli anni, abbiamo lavorato a livello regionale e locale: a livello provinciale, per esempio, nella contrattazione di territorio abbiamo condiviso di aumentare i livelli da C1 a D1, alzando così il livello di retribuzione dei lavoratori e di conseguenza obbligando gli enti locali ad aumentare la base d’asta delle gare d’appalto dei Comuni”.

Scuole secondarie di secondo grado: le nuove linee regionali

Oltre a quanto descritto, a maggio del 2023, con Regione, Anci, le Neuropsichiatrie, l’Ufficio scolastico regionale, “abbiamo contribuito a stilare le Linee guida per i servizi di inclusione scolastica (trasporto e assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale) a favore degli studenti con disabilità frequentanti l’istruzione secondaria di secondo grado e l’istruzione e formazione professionale”, sottolineano.

Attraverso questo documento, la Regione ha deciso di codificare l’assistenza attraverso una serie di indicazioni, tra cui, la laurea come titolo di studio  (oppure, per chi già lavora, prevedendo una riqualificazione professionale), le tariffe orarie previste da bando a partire da un minimo di 23 euro, il riconoscimento della continuità di lavoro anche in assenza dell’alunno, fino a 10 giorni consecutivi, dedicate ad attività diverse da quelle frontali, svolgendo attività con la classe o di back office.

“Tali indicazioni hanno validità dal mese in corso – con una deroga fino a settembre 2024 per il titolo di studio previsto e interesseranno solo le scuole secondarie di secondo grado, ma auspichiamo che diventino un riferimento per tutta l’assistenza educativa, anche per le scuole dell’infanzia, scuole primaria e secondaria di primo grado  per le quali l’assistenza educativa è in capo ai Comuni. Abbiamo inviato una comunicazione a tutte le amministrazioni bergamasche esortandole a fare proprie le indicazioni contenute nelle linee guida, senza ottenere però grandi riscontri, salvo qualche virtuosa eccezione”.

Gruppo provinciale e l’educatore di plesso

A livello locale, l’impegno di Confcooperative Bergamo si traduce, invece, nella partecipazione nel Gruppo di Lavoro provinciale, insieme a tutti gli Ambiti sociali territoriali, su mandato del Consiglio di rappresentanza dei Sindaci, che sta operando per sperimentare l’educatore di plesso e di comunità. Un nuovo modello organizzativo che cerca di superare alcune fragilità importanti costitutive del servizio, anche dal punto di vista contrattuale.

“Stiamo tentando sperimentazioni, già in corso in alcune scuole, altre ne partiranno il prossimo anno, per dare maggiore stabilità a questa figura professionale e promuovere interventi che sappiano supportare con efficacia il progetto di vita dei minori con disabilità e la capacità dei contesti di essere davvero inclusivi; il nuovo modello prevede l’intervento educativo anche in assenza del minore a scuola, e quindi una maggior tutela anche contrattuale”.

Gli scenari futuri

Al momento, sono in discussione due disegni di legge secondo i quali gli assistenti educatori potrebbero diventare dipendenti della scuola, con inquadramento assimilabile al personale ATA e con procedure di selezione e relative qualifiche ancora da definire. “Ciò ci trova scettici, perché si rischierebbe di perdere elementi sociali nella progettualità a vantaggio degli alunni e delle alunne con disabilità, elementi di grande importanza se integrati nelle competenze didattiche dei docenti, oltre a spendere risorse molto elevate e a irrigidire ulteriormente il sistema. Gli assistenti educatori spesso suppliscono gli insegnanti di sostegno che sono di nomina ministeriale e che entrano in servizio mediamente due mesi dopo l’inizio della scuola. Normalmente in questo lasso di tempo è l’assistente educatore, garantito dalla prima campanella, che aiuta l’inserimento dello studente”.

In attesa di conoscere l’esito di questi disegni di Legge, l’operato di Confcooperative non si ferma: “Uno degli obiettivi delle cooperative – concludono Pautasso e Piazza – dialogando con tutte le forze sociali, la scuola, i sindacati, gli Ambiti, i Comuni, è di costruire le condizioni per cui il lavoro degli assistenti educatori sia riconosciuto e valorizzato. Disinvestire sul lavoro di cura fa crescere il disagio in futuro. Solo concertando tra le parti sociali un modo diverso e migliore di usare le risorse si può arrivare a un nuovo modello sostenibile e davvero di valore per tutti, per gli alunni e le loro famiglie, per l’assistente educatore, per la scuola e per la comunità. Il tema della responsabilità condivisa è l’unica strada”. 

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