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La sentenza

Morto in ditta a 38 anni: condannate le due aziende, i titolari e il mulettista

Per l'omicidio colposo di Matteo Regazzi, schiacciato da una bobina mentre lavorava alla Diesse Rubber di Filago, il giudice ha dichiarato tutti colpevoli

Filago. La pena maggiore è quella per Giuseppe De Stasio, il titolare della Diesse Rubber Hoses spa di Filago, azienda dove il 5 novembre 2018 l’elettricista 38enne Matteo Regazzi subì un infortunio che lo portò al decesso nel giro di un paio di settimane. Il giudice lo ha condannato a un anno e 8 mesi di reclusione con pena sospesa. La stessa azienda è stata considerata colpevole dell’illecito amministrativo e condannata al pagamento di una sanzione di 79.980 euro.

Anche l’Elettrobonatese, la ditta di Bonate Sopra della quale la vittima era dipendente, è stata condannata al pagamento di 7.500 euro, e il suo titolare, Cesare Previtali, datore di lavoro di Regazzi, a 1 anno e 2 mesi con pena sospesa e non menzione.

Lucian Sturzu, che quel giorno era alla guida del muletto sul quale trasportava una bobina di 275 chili finita addosso all’elettricista, è stato condannato a 8 mesi, anche lui con pena sospesa e non menzione.

Si è chiuso così il processo di primo grado per l’omicidio colposo dell’elettricista: tutti colpevoli, nessuno assolto.

 

Matteo Regazzi
Il 38enne Matteo Regazzi

 

Quel giorno Matteo Regazzi stava lavorando per conto dell’Elettrobonatese alla Diesse Rubber Hoses. Insieme ad alcuni colleghi doveva smontare dei locali compressori e stava riavvolgendo dei cavi. Era di spalle, accucciato, quando dal muletto guidato da Sturzu è scivolata la grossa bobina, che gli è finita addosso, schiacciandolo. Il 38enne è stato subito soccorso dai colleghi, che hanno lanciato l’allarme. Quando i sanitari sono arrivati sul posto, Matteo respirava appena, ma è stato stabilizzato e trasportato d’urgenza all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Ha resistito 13 giorni, poi è spirato.

Sul luogo dell’infortunio mortale sono arrivate le forze dell’ordine e i tecnici dell’Ats per ricostruire la dinamica dell’accaduto, ma la bobina era già stata spostata.

Secondo i periti dell’accusa, retta dal pubblico ministero Giancarlo Mancusi, il muletto procedeva ad una velocità troppo elevata, la visuale del mulettista era parzialmente coperta dalla bobina, a terra non c’era una segnaletica adeguata. E soprattutto nessuno aveva avvisato il personale che quel giorno in ditta sarebbero intervenuti gli elettricisti e quindi l’attività dei mulettisti sarebbe dovuta essere sospesa o quantomeno ridimensionata ad una parte del capannone.

Ora si attendono le motivazioni della sentenza.

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