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La ricorrenza

La Breccia di Porta Pia: Roma formalmente annessa al Regno d’Italia

Dopo la ritirata delle truppe francesi, i bersaglieri ebbero ragione della debole resistenza di Pio IX

Il 1861 segnò l’inizio del Regno d’Italia, lasciando tuttavia aperta la famosa “questione romana”.

“O Roma o morte” avrebbe gridato Garibaldi nel luglio del 1862, sul campo di battaglia, a Marsala, facendosi portavoce di un sentire diffuso e comune: la Città Eterna doveva essere annessa, liberata dal potere temporale della Chiesa. Un progetto difficile da realizzarsi, che sarebbe stato fortemente osteggiato dalla Francia di Napoleone III.

La Convenzione di settembre (15 settembre 1864), un accordo franco-italiano stipulato a Parigi durante il ministero Minghetti, sembrò accantonare il glorioso progetto di fare di Roma la nuova capitale del Regno. Il sogno romantico dei patrioti italici accusò il colpo: la strada della diplomazia prevalse sullo slancio battagliero incarnato dalle camicie rosse, a cui la Città dei Mille aveva dato largo contributo.

La Francia si impegnava a ritirare le proprie truppe da Roma entro due anni dalla stipula dell’accordo, dietro precise garanzie da parte del governo italiano: nessun esercito avrebbe dovuto varcare le frontiere del Lazio pontificio e Firenze sarebbe divenuta nuova capitale del Regno, a scapito di Torino. A nulla valsero le manifestazioni di protesta dei piemontesi o il moto collettivo di delusione di fronte alla rassegnazione di Casa Savoia. Il principio cavouriano della “libera Chiesa in libero Stato” sembrava definitivamente abbandonato, sconfitto dal tatticismo politico del tempo.

Un evento del tutto inatteso mutò il corso della storia, offrendo l’occasione propizia per portare a termine il progetto unitario, nel settembre del 1870.

La disfatta transalpina a Sedan, durante il conflitto con la Prussia, sancì la fine del Secondo Impero, “liberando”, di fatto, il governo italiano, guidato da Giovanni Lanza, da qualsiasi vincolo o impegno internazionale circa la questione romana. Il 20 settembre, dopo la ritirata delle truppe francesi, i bersaglieri ebbero ragione della debole resistenza di Pio IX, aprendo una breccia presso Porta Pia, a nord-est della città. Roma veniva, quindi, formalmente annessa al Regno d’Italia mediante un plebiscito.

Restava aperta, e decisamente problematica, la “convivenza” con il pontefice. Pio IX si rifiutò di ratificare la “Legge delle Guarentigie” (13 maggio 1871), una normativa emanata unilateralmente dallo Stato Sabaudo, malgrado le significative concessioni previste a tutela della libertà della Chiesa: il pieno esercizio dei poteri spirituali; l’uso dei palazzi del Vaticano, del Laterano e della Villa di Castel Gandolfo; una dotazione annua di 3.225.000 lire.

Il Papa non accettò il laicismo del documento, dichiarandosi prigioniero dello Stato italiano, invitando, inoltre, mediante il “Non expedit” (1874), tutto il mondo cattolico ad astenersi da qualsiasi forma di partecipazione alla vita politica del Regno.

Il 20 settembre 1870, da momento identitario, patriottico e filounitario, come giustamente sottolinea G. Pécout, ne “Il lungo Risorgimento. La nascita dell’Italia Contemporanea (1770-1922)” (Mondadori, 2011), “diventerà poi […] l’anniversario della vittoria dello spirito progressista laico, ossia del libero pensiero, nei confronti del potere papale considerato come l’immagine stessa dell’oscurantismo clericale”.

La ricorrenza, pertanto, avrebbe mutato di senso e di significato, traslando da episodio esclusivamente nazionale a emblematico simbolo di battaglie moderne, proprie di un certo modo di sentire e di vivere dell’uomo contemporaneo. Una rilettura da comprendere e da analizzare, ma non per questo priva di ambiguità e forzature storico-critiche.

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