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Il processo

Morto in moto dopo la lite al semaforo, la testimone che lo soccorse: “L’auto sterzò forte, voleva colpirlo”

Il racconto in aula: "Due sterzate, alla terza cadde. Walter Monguzzi respirava a malapena". I fatti lo scorso 30 ottobre a Montello: imputato un operaio incensurato del paese, Vittorio Belotti

Bergamo. Doveva essere una domenica come tante per la 54enne Maria Casella. Quel giorno (30 ottobre 2022) stava andando a pranzo a casa di amici, quando all’altezza di un semaforo a Montello, in attesa del segnale verde, ha assistito alla lite tra un operaio 49enne del paese, Vittorio Belotti, al volante di una Panda Blu, e il 55enne Walter Monguzzi, agente di commercio di Osio Sotto in sella a una moto Bmw. Lei era appena dietro di loro, un metro di distanza forse meno: “Avevo il volume della radio alto, non ho sentito quello che dicevano ma la situazione era parecchio concitata” ha premesso alla Corte d’Assise di Bergamo, presieduta dal giudice Giovanni Petillo. Non ha sentito, ma ha visto: “Il conducente dell’auto ha sterzato contro la moto due volte, poi una terza molto più forte”. A quel punto la donna dice di avere accostato e chiamato il 112.

È la prima testimonianza ascoltata venerdì mattina (15 settembre) durante il processo che vede imputato Belotti, in aula al fianco degli avvocati Andrea Pezzotta e Nicola Stocco. L’uomo, ai domiciliari, deve rispondere di omicidio volontario aggravato. “Voleva andargli addosso, perché la strada era dritta e non c’era bisogno di sterzare – è convinta la donna, nella vita di tutti i giorni consulente in materia di salute e sicurezza sul lavoro -. Ho soccorso io il signor Monguzzi. Respirava a malapena, a terra c’era molto sangue”.

 

Incidente mortale montello

 

La teste ha anche affermato di avere visto la vittima tirare “un calcio” alla portiera della Panda, forse per tenerla lontana, ma solo dopo la seconda sterzata. In seguito alla terza – quella a suo dire più violenta – Monguzzi è caduto sull’asfalto mentre l’auto ha accelerato, dandosi alla fuga. Un altro motociclista si è però lanciato all’inseguimento della Panda, annotando il numero di targa. Poche ore dopo Belotti, incensurato, spinto dalla moglie a consegnarsi alle autorità, fu arrestato dai carabinieri e trovato positivo alla cocaina.

A quanto pare, il diverbio era nato per una mancata precedenza a una rotonda. È poi proseguito al semaforo, dove Monguzzi avrebbe fatto segno a Belotti di abbassare il finestrino indicando in basso con il dito, forse perché gli era stato urtato un piede. La convinzione del pm Letizia Aloisio è che, scattato il verde, Belotti sterzò intenzionalmente a sinistra, speronando Monguzzi e facendolo cadere nella corsia opposta, dove si era reso conto che stava arrivando un’altra auto che viaggiava a una velocità (di poco) superiore al limite consentito su quel tratto di strada. Per l’accusa, anche se avesse proceduto più lentamente, non sarebbe mai stata in grado di schivare Monguzzi: l’uomo, anche lui sposato, con una figlia di 28 anni, morì poco dopo l’urto. Non è escluso che la difesa provi a sostenere l’ipotesi di una forma di corresponsabilità da parte di chi finora non è nemmeno mai stato indagato. Prossima udienza venerdì prossimo, 22 settembre.

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