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Il processo

Morta nel rogo in psichiatria: il giudice nomina un perito per stabilire tempi e causa del decesso

Dopo il confronto tra i consulenti di accusa e difesa, che sono giunti a conclusioni discordanti. I due imputati hanno scelto di non sottoporsi all'esame in aula

Bergamo. In quanto tempo è sopravvenuto il decesso di Elena Casetto?

Il cosiddetto flash fire si è verificato? È stata quindi l’inalazione di fumi e vapori bollenti e il conseguente shock termico a causare la morte della 19enne, perita nell’agosto 2019 nel rogo della sua camera nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Papa Giovanni?

Lo determinerà una super perizia chiesta dal giudice Laura Garufi, che nell’udienza di giovedì 14 settembre ha affidato l’incarico a Francesco De Ferrari, medico legale dell’università di Brescia.

Il magistrato vuole un terzo parere, perché quelli dei due consulenti di parte, nominati da accusa e difesa, sono discordanti.

La risposta al quesito è infatti fondamentale ai fini del processo, che vede imputati i due addetti della squadra antincendio all’epoca dipendenti della società che gestiva il servizio all’ospedale: se Elena è morta nel giro di pochi secondi l’intervento tempestivo non l’avrebbe comunque salvata. Al contrario, se il decesso è sopraggiunto nel giro di minuti la rapidità d’azione della squadra avrebbe forse potuto fare la differenza.

Matteo Marchesi, medico legale del Papa Giovanni e consulente dell’accusa, sostiene la tesi dei pochi minuti: oltre all’effetto delle fiamme sul corpo è da considerare anche quello del calore sulle mucose delle vie aeree, che avrebbe scatenato delle reazioni portando a una crisi respiratoria e alla contrazione della laringe provocando un arresto cardiaco.

 

Elena Casetto

 

Il collega Arnaldo Migliorini, consulente della difesa, opta invece per la morte nel giro di pochi secondi dovuta al flash fire. Si tratta di un fenomeno che si verifica con un incendio violento ed esplosivo che genera una massa di aria calda che investe una persona. L’inalazione di aria ad elevate temperature provoca una reazione nervosa e può chiudere le vie aeree, rallentare il cuore e il respiro, portando al decesso in 30-40 secondi al massimo. Il flash fire, secondo Marchesi, non si è però verificato nel reparto di Psichiatria perché mancherebbero le condizioni dell’ambiente per crearlo.

Sarà il perito a stabilire quale delle due teorie sia quella più accreditabile e lo comunicherà al giudice nel corso dell’udienza fissata per l’1 febbraio 2024.

I due imputati, come comunicato dai rispettivi difensori, hanno scelto di non sottoporsi all’esame in aula.

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