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La reazione

Geni di Neanderthal e Covid, i familiari delle vittime: “La scienza non cancella le responsabilità”

L'Associazione risponde allo studio presentato dall'Istituto Mario Negri che dimostra come una regione del genoma umano si associa in modo significativo con il rischio di ammalarsi di Covid con una forma grave

Bergamo. Una reazione che non si è fatta attendere e che manifesta l’insoddisfazione per la mancante consapevolezza delle responsabilità e della negligenza nelle scelte di gestione dell’emergenza Covid-19 nella primavera del 2020. In attesa dell’esito di una causa contro Governo, Ministero della Salute e Regione Lombardia ancora in corso tra la Procura di Bergamo e il Tribunale Civile di Roma.

L’Associazione dei familiari delle vittime della pandemia ha replicato ai risultati di Origin, lo studio presentato giovedì 14 settembre dall’Istituto Mario Negri nel corso di un convegno ospitato dal Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. Negli ultimi due anni i ricercatori del Mario Negri hanno effettuato un’analisi della relazione fra i fattori genetici e la gravità della malattia COVID-19 nella provincia di Bergamo, epicentro della pandemia.

Lo studio dimostra che una certa regione del genoma umano si associava in modo significativo col rischio di ammalarsi di Covid-19 e di ammalarsi in forma grave nei residenti delle aree più colpite dalla pandemia, in particolare nella Bassa Valle Seriana. I geni associati a questo rischio sono arrivati alla popolazione moderna dai Neanderthal, in particolare dal genoma di Vindija: questo genoma una volta proteggeva i Neanderthal dalle infezioni, adesso causa un eccesso di risposta immune che non solo non protegge bensì espone l’essere umano ad una malattia più severa.

“Se i geni di Neanderthal possono aver contribuito alla diffusione del virus nella prima fase ‘esponendo le persone ad una malattia più severa’ come ha detto Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto Mario Negri – commenta il direttivo dell’Associazione dei familiari delle vittime del Covid19 #Sereniesempreuniti -, non possiamo che rimarcare il nostro disappunto per come sia stata interpretata la notizia, togliendo responsabilità a chi ne ha avute nella gestione della prima fase della pandemia”.

In sintesi, le persone che sono state esposte al virus e portatrici dell’aplotipo di Neanderthal – ovvero l’insieme delle variazioni dei nucleotidi ereditate – avevano più del doppio del rischio di sviluppare una forma Covid grave e quasi tre volte in più il rischio di aver bisogno di terapia intensiva rispetto ai soggetti che non possiedono questo aplotipo.

 

famigliari vittime covid presidio

 

“Le archiviazioni del Tribunale dei Ministri di Brescia ci dicono che il reato di epidemia colposa non è configurabile e quindi le persone coinvolte dall’indagine di Bergamo, tra cui lo stesso Attilio Fontana, ma anche l’allora premier Giuseppe Conte e l’ex Ministro della Salute Roberto Speranza, non sono rinviabili a giudizio ma le loro decisioni o mancate decisioni hanno indubbiamente influito nella circolazione del virus e nell’alto tasso di mortalità, soprattutto in bergamasca ma anche nel resto d’Italia – prosegue il direttivo -. Ricordiamo la mancata zona rossa a Nembro e Alzano ma anche il mancato tracciamento, o il piano pandemico nazionale e regionale non applicati e tutti gli altri obblighi di legge mai adempiti”.

Riguardo questo argomento l’avvocato dell’Associazione Consuelo Locati si è confrontata – nella puntata di venerdì 15 settembre di Agorà, programma televisivo in onda su Rai 3 – con Giuseppe Remuzzi e Matteo Bassetti, facendo emergere un quadro un po’ diverso rispetto a quello diffuso in via ufficiale.

L’intervento è disponibile al seguente link intorno al minuto 54:20 della trasmissione.

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