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Il racconto

Io mamma sul palco del Donizetti con mia figlia, sognando la Carrà

Raffa Revolution ha visto protagoniste anche persone comuni, tra le quali i bambini e i ragazzi che hanno partecipato al Donizetti Summer Camp e i loro genitori

Bergamo. Mercoledì sera, io e mia figlia Anita, abbiamo fatto Rumore. A dividerci, anagraficamente, più di trent’anni di vita, ma in quella serata speciale, io e lei ci siamo sentite unite. Due voci che hanno cantato all’unisono, due cuori che hanno pulsato insieme. Le stesse emozioni, le stesse paure, la stessa adrenalina. Così vicine in una magica notte di fine estate, che pareva non ci fossero più i ruoli, quelli, a volte anche barbosi, che appartengono alla quotidianità.

Spogliate infatti delle vesti di madre e di figlia, ci siamo prese per mano, metaforicamente e non, e insieme ci siamo fatte forza per salire i gradini di un palcoscenico importante, quello del Teatro Donizetti. Palco della serata dedicata a Raffa Revolution, ma anche, per una notte unica e irripetibile, palco della vita.

E per questa straordinaria esperienza, che entrambe custodiremo gelosamente per sempre, il mio e il suo ringraziamento non può che andare ai tanti protagonisti di un’avventura così inconsueta. Difficile metterli in fila, in ordine di importanza, ma impossibile non citare lui, Francesco Micheli, lo scoppiettante direttore artistico del teatro cittadino.

Abbiamo cantato le canzoni di Raffaella Carrà con altre settanta persone. Un altro importante tassello della missione che Micheli e i suoi si sono prefissati: avvicinare l’uomo comune all’opera, a Gaetano Donizetti e al teatro, facendolo entrare e perfino salire sul palco di quello che fino a qualche anno fa sembrava un palazzo inaccessibile, luogo riservato ai melomani, agli acculturati, agli azzimati.

Alla fine di luglio è arrivata la mail di Maria Teresa Galati, carica dell’entusiasmo che la caratterizza: “Carissimi genitori, dopo la meravigliosa esperienza del Donizetti Summer Camp, abbiamo per voi una nuova proposta che ci emoziona molto, nella speranza che vogliate tornare presto in teatro da noi”. Ci invitava a partecipare attivamente, insieme ai nostri figli, allo spettacolo “Raffa Revolution”, uno degli appuntamenti di avvicinamento alla fantaopera “Raffa in the sky”.

Nessuna titubanza: due minuti dopo avevamo già compilato il form di adesione. Invidiavo Anita, che aveva avuto l’opportunità estiva di vivere il Donizetti, in tutti i suoi spazi, per un’intera settimana. Ogni volta che andavo a prenderla mi parlava della bellezza in cui si trovava immersa in quelle ore: il palco, i camerini, la sartoria, il sottopalco, il dietro le quinte. E io fantasticavo ascoltando i suoi racconti, pensando che sarebbe stato bellissimo poter curiosare in questi ambienti così carichi di fascino.

Ecco che ora era arrivato anche il mio turno. Per due pomeriggi, guidati dal maestro Gianpietro Bocchi, abbiamo provato nella sala del coro Goccia dopo Goccia, come noi invitato a partecipare all’iniziativa, le canzoni che ci avevano assegnato: Rumore, Chissà se va e Pedro-Pe, una delle mie preferite. Insieme a mia figlia ho imparato i testi a memoria, ascoltavo le canzoni durante i tragitti in auto, le cantavo in redazione tra le risate e gli improperi dei colleghi, divertiti ma disturbati dai miei vocalizzi.

Poi la prova generale in teatro, dove ci siamo sentiti fin da subito accolti, assistiti, rassicurati.

La sera dello spettacolo abbiamo ripassato i brani, poi ci siamo preparati: look total black per gli adulti, maglietta bianca per i bambini. Tensione e solidarietà tra i partecipanti del coro, perché debuttare sul palco del Donizetti non è certo cosa di tutti i giorni. Ma anche tanti sorrisi, tanti gesti gentili tra persone di tutte le età, dai bambini di 5 anni alle signore più agée, in un’amalgama di voci che trascendeva il tempo anagrafico.

Tutti in fila dietro le quinte, si sente il brusio in sala, suona il campanello che annuncia l’inizio dello spettacolo e poi parte “Ma che musica maestro!”. Il cuore batte forte nel calcare il palcoscenico, ma siamo in tanti e la tensione piano piano si stempera.

Cantiamo “Rumore”, ascoltiamo Micheli che introduce l’opera, ci possiamo perfino voltare per guardare le immagini che scorrono sullo schermo alle nostre spalle. Nulla di rigido, di artefatto, come mi ero immaginata. Mi sono sentita a casa, nel teatro della mia città. Mi sono sentita parte di un progetto ambizioso, che a molti fa storcere il naso e che a me, soprattutto dopo averne ascoltato la genesi e il significato nell’anteprima raccontata dai protagonisti, ha messo invece tanta curiosità. E tanta gioia, perché Raffa, con il suo caschetto biondo e l’ombelico al vento, è stata la protagonista di una rivoluzione a suon di sorrisi, buonumore, leggerezza. E da donna la ringrazio.

La performance delle Favorite, mimetizzate tra il pubblico in sala, sulle note di “Ballo, ballo” nei corridoi della platea, ha scaldato ancora di più il pubblico. E poi la nostra esibizione con Pedro-Pe e per chiudere “Chissà se va” incitati dal battito di mani, ha reso l’atmosfera elettrizzante. Chi era seduto sulle poltroncine fremeva, non aspettava che il la di Micheli: “E ora tutti in piedi, per quello che è un po’ l’inno di Raffaella. Dai, coraggio!”.

Il pubblico non si è fatto certo pregare, la platea del Donizetti si è scatenata cantando e ballando il brano riproposto dalle Favorite, facendo i trenini tra le poltroncine in una felicità collettiva davvero travolgente. Mancava solo che le persone si alzassero le maglie per mostrare l’ombelico.

Vedere questa gioia dal palcoscenico è stato un privilegio e un’emozione che non dimenticherò facilmente. Ho incrociato lo sguardo di Anita, ci siamo scambiate un sorriso complice: che bello essere qui stasera, da questa parte del teatro, condividendo un momento che ci porteremo dentro a lungo, nel cassetto (o nel caschetto?) dei nostri ricordi.

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