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La recensione

“Oppenheimer”: Nolan spettacolare nel mostrare genialità e tormento del padre dell’atomica

Il lavoro, il trionfo e la tragedia di un uomo che ha segnato la Storia e che da questa è stato travolto, interpretato da un magistrale Cillian Murphy

Titolo: Oppenheimer
Titolo originale: Oppenheimer
Regia: Christopher Nolan
Paese di produzione / anno / durata: USA – GB / 2023 / 180 min.
Interpreti: Cillian Murphy, Robert Downey Jr., Matt Damon, Emily Blunt, Florence Pugh, Josh Hartnett, Casey Affleck, Rami Malek
Programmazione: Capitol Bergamo, UCI Cinemas Orio, UCI Cinemas Curno, Sala della comunità Branzi, Garden Clusone, Iride-Vega Multisala Costa Volpino, Starplex Romano di Lombardia, Arcadia Stezzano, Iride-Vega Costa Volpino, Stella Alpina Selvino, Treviglio Anteo spazioCinema

“Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi”. Cita dal sanscrito un verso del Bhagavadgītā, J. Robert Oppenheimer, durante il Trinity Test in mezzo al deserto, mentre assiste alla prima detonazione di un’arma nucleare, il passo decisivo verso l’effettivo utilizzo di una delle armi più terribili della storia dell’uomo. Una citazione che sintetizza al meglio Oppenheimer, film di Christopher Nolan che mostra il processo di creazione della bomba atomica da parte del fisico statunitense, al cinema dal 23 agosto.

Prometeo del Novecento, J. Robert Oppenheimer (interpretato da Cillian Murphy) sfida le divinità per donare all’umanità un fuoco capace paradossalmente di eliminare l’umanità stessa, accecata dall’ambizione e da una volontà di creazione che supera la stessa idea di conservazione. Dopo una mela avvelenata negli studi di fisica a Cambridge e la ricerca sulla fisica quantistica in California, nel 1942 Oppenheimer viene incaricato da Leslie Groves (Matt Damon), generale dell’esercito americano, di guidare il Progetto Manhattan, un programma per lo sviluppo della bomba atomica, attuato in un villaggio appositamente costruito nella riserva di Los Alamos.

Tratto da Prometeo americano, biografia del 2005 scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin, il film si sviluppa lungo tre periodi e due linee narrative differenti che si incrociano tra loro, caratterizzate anche dal punto di vista cromatico, chiamate Fissione e Fusione. Dopo l’incarico di costruire una bomba a fissione nucleare, Oppenheimer nel 1954 dovrà affrontare alcune udienze private con la Commissione per l’Energia Atomica per verificare le giovanili frequentazioni del protagonista con il partito comunista americano e la sua contrarietà verso un riarmo nucleare mentre, quattro anni dopo, sarà la volta di Lewis Strauss (Robert Downey Jr.), commissario dell’Atomic Energy Commission in pieno maccartismo, di affrontare il Senato per riferire dei propri rapporti con Oppenheimer e per verificare la propria idoneità come segretario del commercio (in un bianco e nero originale girato con pellicola 70mm IMAX). Da Memento al controcorrente di Tenet, fino ai buchi neri in Interstellar, il tempo (con la sua trasposizione in immagine) riveste un ruolo importante nella poetica di Nolan, caratterizzato spesso da una sua non linearità. Un tempo concentrico, che sembra avvolgersi su sé stesso e che Nolan riesce a gestire in maniera egregia, anche grazie ad un ritmo costante della narrazione dove anche i molti dialoghi non rischiano mai di appesantire il risultato complessivo, nonostante le tre ore di durata. Punto fermo (e di sospensione) è il 16 luglio 1945, il Trinity Test nel deserto della Jornada del Muerto, nel New Mexico, dove venne fatta esplodere The Gadget, una bomba al plutonio con un sistema di detonazione ad implosione, primo vero test per verificare l’effettiva efficacia dell’atomica.

Una prova fondamentale del lavoro svolto nei tre anni precedenti proprio nella riserva di Los Alamos, ricostruita appositamente per gli scienziati del Progetto Manhattan e le loro famiglie. Lì si ritrovarono, tra gli altri, Niels Bohr, Edward Teller ed Enrico Fermi, con lo scopo di creare una bomba capace di fermare la Germania e così la Seconda Guerra Mondiale.

Un lavoro corale con a capo un Prometeo moderno risoluto nell’accettare il proprio ruolo e nell’ottenere un risultato soddisfacente, disposto a tutto per ottenere un’ultima grande arma (ingenuamente) capace di porre fine alla guerra presente e a tutte quelle future. Protagonista nolaniano mosso dal fuoco nucleare, interpretato da uno splendido Cylian Murphy, mostra già dai primi piani sul volto la forza, la volontà di potenza, la tenacia nel perseguire l’obiettivo (nonostante una delle possibili conseguenze sia quella di far esplodere il mondo intero, per la quale chiede consiglio anche ad Albert Einstein).

Un Oppenheimer creatore che nella sua creatura ha intrinseca la morte, la distruzione, l’evoluzione umana che porta la stessa specie al collasso. Un creatore sconfitto lui stesso dalla propria creatura, dall’amore giovanile e passionale verso la moglie Kitty Puening (Emily Blunt) e l’amante Jean Tatlock (Florence Pugh) ed anche dalla Storia. Sarà il presidente Truman (Gary Oldman), soddisfatto del risultato, a porgere al protagonista un fazzoletto per togliersi simbolicamente il sangue dalle mani, quando Oppenheimer viene dilaniato dai rimorsi di coscienza, mentre non ci sarà mai pentimento per il lavoro scientifico svolto. Dubbi e paure, ansie ed orgoglio per il lavoro svolto, si delineano sul volto di Murphy, messo in risalto dagli splendidi primi piani. Il creatore e la sua creatura, che Nolan richiama lungo il corso del film e che fa deflagrare in uno splendido ed ossimorico silenzio assordante.

La bomba, con la sua genesi, è sempre presente nel film, richiamata da scintille, particelle, sfere infuocate e fasci di luce, attimi di uno scienziato visionario che si materializzano di fronte allo spettatore. Un processo invisibile che diventa visibile, importante lavoro scientifico che diventa costante presagio di morte, immagini di cause e conseguenze, con richiami alla Sagra della Primavera di Stravinskij, a Picasso, alla Terra Desolata di T.S. Eliot. Il montaggio rapido e la camera a mano con movimenti veloci, uniti agli effetti speciali artigianali di Scott R. Fisher, richiamano lo stile di Nolan alludendo allo stesso tempo al pericolo costante, aiutati dalla splendida e maestosa colonna sonora del compositore svedese Ludwig Göransson.

Un sonoro imponente e costante lungo tutta la durata del film, che diventa silenzio assoluto nel precedere lo scoppio della bomba e la conseguente onda d’urto. Rimangono allora la devastazione di Hiroshima e Nagasaki, la distruzione dei corpi, la decomposizione di uditori che svaniscono mentre si festeggia una vittoria scientifica e militare a scapito di una delle più grandi atrocità della storia dell’uomo.  “As West and East / In all flat maps (and I am one) are one, / So death doth touch the resurrection” scrive John Donne, il poeta che ha ispirato il nome del primo test della bomba. “La Morte tocca la Resurrezione”. Una Morte richiamata nell’atto, nei tentativi, nelle scelte. Una Morte terribile, capace di distruggere nell’attimo di un’esplosione o nel rimorso che erode nel tempo di una vita, come lo splendido ritratto di Oppenheimer che Nolan e Murphy hanno portato sul grande schermo.

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